DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La speranza per Haiti è tutto ciò che i progressisti tendono a sottovalutare

Davanti all’indicibile che si è manifestato ai Caraibi, il primo step che ci viene da proporre è il pensiero al mistero umano

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di Tempi

Un giornale che non sia soltanto il biglietto da visita di un padrone o la protesi di una non importa se laica o confessionale religione, è un giornale che vive di carne inquieta e, per dirla con un detto di Gesù tratto dal vangelo apocrifo degli ebrei, non può essere felice finché non vede l’altro con gli occhi della carità. Che non è il cuoricino in mano, né la predica di un prete. Ma è ricerca – vedi Deus caritas est di Benedetto XVI – di verità. Ora, davanti all’indicibile che si è manifestato ai Caraibi, il primo step che ci viene da proporre è il pensiero al mistero umano (come mai se siamo polvere in tutto e siamo tutti cattivi conserviamo questa capacità di “sentire” il dolore altrui?), la preghiera pagana (mandaci o Zeus il miracolo di un cambiamento), la pura e semplice gratitudine per quei comuni mortali (volontari, soldati, giornalisti, benefattori) che si danno da fare per le vittime. Il secondo step che ci viene da suggerire è, appunto, l’inquietudine, la ferita aperta. Per cui, lasciando perdere l’alibi del dibattito pro o contro Dio, chiediamoci perché i poveri di Haiti sarebbero superiori ai “capitalisti” di Santo Domingo, perché tutte le buone intenzioni del mondo non sono riuscite ad affrancare un popolo dall’età della pietra e perché, per una ricostruzione integrale e non solo da protezione civile del popolo di Haiti, i progressisti della terra tendono a sottovalutare la piazza che ha illuminato con i suoi canti la notte nera di Port-au-Prince, la donna che, qui a pagina 64, ha nascosto il proprio volto per farci vedere la faccia della sua speranza.

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Da Tempi