DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La terra dannata e il patto con il diavolo per cacciare i francesi. Nel 179 gli haitiani s’accordarono con Satana. Leggenda e rivolta degli schiavi

New York. Anche questa volta Pat Robertson,
il televangelista più famoso d’America,
ha trovato una giustificazione all’ira
di Dio espressa sotto forma di terremoto
ad Haiti. Dopo l’11 settembre, il fondatore
della Christian Coalition aveva accusato
“pagani, abortisti, femministe, gay
e lesbiche e tutti quelli che hanno cercato
di laicizzare l’America” di aver contribuito
con i loro comportamenti peccaminosi
a irritare il Signore e quindi a far meritare
a New York gli attacchi islamisti del
2001 (successivamente s’è scusato). Qualcosa
del genere aveva detto anche dopo
l’uragano Katrina che ha colpito la città
creola di New Orleans. La negazione di
Dio, secondo Robertson, c’entra anche con
il terremoto di Haiti. Nell’edizione di martedì
del suo programma televisivo “The
700 Club”, visto quotidianamente da un
milione di persone, Robertson ha detto
che c’è una ragione storica a spiegare la
devastazione sismica di Haiti: nel 1791 i
suoi abitanti fecero un patto col diavolo
per liberarsi dall’oppressione francese e
da allora subiscono la maledizione di Dio.
Da due secoli, storici, predicatori, missionari,
uomini religiosi e gente comune
credono a questo patto spirituale con Sa-
tana, malgrado non sia nemmeno sicuro
che la cerimonia in questione ci sia stata.
La leggenda dell’isola dannata di Dio ovviamente
è pura fantasia, ma continua a
circolare. Come spiegare, altrimenti, che
guerre, fame, disperazione e ora il terremoto
abbiano colpito soltanto la metà haitiana
dell’isola di Hispaniola e non quella
occupata dalla Repubblica dominicana timorata
di Dio? Non c’è altra ragione che il
diavolo, secondo Robertson: “L’isola di Hispaniola
è una sola. E’ divisa perfettamente
a metà. Da una parte c’è Haiti, dall’altra
la Repubblica dominicana. La Repubblica
dominicana è ricca, in salute, un
paradiso delle vacanze. Haiti è in una situazione
di povertà disperata. Eppure è la
stessa isola”.
La tesi di Robertson è costruita intorno
all’avvio della rivolta indipendentista degli
schiavi haitiani alla fine del Settecento.
L’isola era stata spagnola e poi francese.
Gli indigeni erano stati convertiti al
cattolicesimo con la forza e sostituiti come
manovalanza dagli schiavi arrivati
dall’Africa. Nel 1791 è cominciata la rivolta
degli schiavi, terminata con la vittoria,
unico caso al mondo in cui un movimento
rivoluzionario di schiavi sia riuscito
a sconfiggere i loro proprietari, il colonialismo
e anche a costruire un nuovo
paese indipendente.
Sarebbe cominciato tutto a Bois Caïman,
nell’agosto del 1791, grazie a una cerimonia
officiata dal prete vudu Dutty
Boukman, che ha ispirato gli haitiani alla
resistenza antifrancese e ancora adesso è
presente nello spirito degli isolani. “Saremo
tuoi servitori – avrebbero detto gli
haitiani al diavolo – se ci aiuterai a liberarci
dai francesi”. La risposta del diavolo,
secondo Robertson, è stata “ok, ci sto”.
Tredici anni dopo, i francesi sono stati
davvero sconfitti, si sono rifugiati nella zona
orientale dell’isola e Haiti è diventata
indipendente.
La leggenda del patto col diavolo nasce
dalle parole attribuite al leader vudu durante
la cerimonia a Bois Caïman: “Il Dio
bianco chiede ai suoi di commettere crimini.
Il nostro Dio, invece, predica il bene.
Il nostro Dio, che è buono e giusto, ci ordina
di vendicare i torti subiti. Sarà lui a guidare
i nostri eserciti e a condurci alla vittoria.
Ci assisterà. Spetta a noi spazzare
via l’immagine dello spietato Dio dell’uomo
bianco”. Per i cattolici bianchi francesi
e per gli schiavisti di Haiti, ha scritto
Matthew Yglesias dell’Atlantic, si capisce
perché quella preghiera di Boukman sia
stata considerata un’offerta al diavolo. Loro
credevano a un solo Dio, mentre gli haitiani
parlavano di due divinità, una per i
bianchi e una per i neri e lo veneravano
durante una cerimonia vudu. Non potevano
che essere riti satanici, non potevano
che aver siglato un patto col diavolo.
Più seriamente, la rivolta degli schiavi
potrebbe avere a che fare con l’estrema
povertà di Haiti, ma per motivi più terreni.
Haiti probabilmente ha tagliato i legami
con le colonie troppo presto, rispetto
alle altre nazioni caraibiche. Altre ex colonie
francesi, come Martinica e Guadalupe,
ancora oggi contano sugli aiuti francesi
per una buona parte del proprio pil.
Un’altra spiegazione della povertà haitiana,
secondo l’economista Tyler Cowen, potrebbe
essere un altro tipo di maledizione,
quella dell’abbondanza delle risorse non
rinnovabili. Così come oggi i paesi produttori
di petrolio tendono ad avere una crescita
inferiore e dati di sviluppo peggiori
rispetto a chi ha meno risorse, tra il Settecento
e l’Ottocento anche Haiti è stata colpita
dalla maledizione dell’abbondanza.
Nel suo caso, di canna da zucchero.

Il Foglio 15 gennaio 2010