Un vero racconto dal vivo del percorso di sei coppie italiane, seguite e filmate fin dal momento dell'"abbinamento", quando cioè viene consegnata loro la foto di quel bimbo che presto diventerà figlio, fino all'incontro nel paese straniero e al rientro in Italia. Sei puntate di Chiara Salvo e Giulia Cerulli, con la collaborazione del Cifa Onlus, uno degli enti più importanti nel campo delle adozioni internazionali, e dal titolo, emblematico, "Mamma ha preso l'aereo". Perché ci sono appunto donne (e uomini) che diventano genitori in sala parto, e altri che lo diventano compiendo un viaggio fisico, emotivo e spirituale verso figli che spesso hanno la pelle di un colore diverso, e culture e abitudini di altri mondi.
Un "reality" fatto con cura e attenzione, ma per l'Italia è una novità assoluta. Perché nulla nei filmati è coperto né protetto. Né le facce dei bambini adottati (il più grande ha 10 anni) né i momenti più intimi di queste prime fasi di famiglia che possono essere anche aspre, fredde, tormentate. E a qualche settimana dalla messa in onda, il dibattito sulla "giustezza" o meno di questa operazione, soprattutto tra i genitori "in attesa", è già infuocato. Spiega Chiara Salvo, una delle due autrici: "Il mio intento è stato quello di raccontare delle straordinarie storie d'amore. Cercando di fare un parallelo tra la maternità adottiva e quella biologica, ma senza nascondere le criticità di alcuni di questi incontri, soprattutto quando nelle famiglie entrano bambini più grandi. Tutto è avvenuto con la stretta collaborazione dei genitori che hanno partecipato gratuitamente".
Ma già da diversi mesi il mondo dell'adozione sembra oggetto di una campagna nuova e controversa. In autunno sulle reti nazionali era andato in onda uno spot che pubblicizzava, per la prima volta, uno degli enti autorizzati che fanno da intermediari tra le famiglie e i paesi dei bambini. Lo spot di "Enzo B" mostra due genitori che discutono sulle monellerie del figlio, dandosi reciprocamente la colpa: "Assomiglia a te, no, assomiglia a te". Poi la telecamera inquadra il viso di un bimbo sudamericano. Con una frase di commento: "Non ci sono genitori adottivi, ma soltanto genitori...". Negli Stati Uniti, come già in Inghilterra, tutto questo già consuetudine. Da noi è la rottura di un tabù. O forse della radicata convinzione a tutelare la privacy dei minori. L'impatto di "Mamma ha preso l'aereo" però sarà forte. Alcuni dei bimbi sono infatti grandicelli, vanno già a scuola, hanno già dunque un universo sociale di riferimento. Che li riconoscerà. Vedrà gli istituti. Il dramma dell'abbandono. Ma Gianfranco Arnoletti, presidente del Cifa, afferma che la cautela è stata massima. "Sì, la sfida è difficile, ma la possibilità di far arrivare a livello nazionale un contenuto corretto sull'adozione internazionale, ci ha convinti. In Italia l'integrazione di chi ha una pelle o una storia diversa è ancora lontana dall'essere una realtà. E raccontare queste storie, autentiche, ci è sembrato utile e giusto per i bambini stessi".
Per Simonetta Matone, a lungo giudice minorile, la preoccupazione non è tanto la privacy forse violata dei minori, quanto "il rischio di mandare un messaggio edulcorato". "La difficoltà - spiega - non è tanto il prima ma il dopo. Purtroppo molte adozioni internazionali non hanno il finale felice che ci si aspetta, nella mia esperienza ne ho viste diverse fallire. Ci vuole cautela". Fortemente critico lo psicologo Marco Chistolini, esperto di adozioni. "Non c'è bisogno di violare una sfera così privata per parlare in modo corretto dell'adozione. Penso ad esempio all'impatto che una trasmissione del genere può avere sui bambini che già da tempo vivono qui. I loro compagni magari vedranno il programma e il giorno dopo il ragazzino adottato sarà ascritto a quella realtà, al centro di un'attenzione che non ha cercato. No, non bisogna esporre i bambini, per loro è sempre un trauma...". La polemica è aperta, ma da La7 arriva un chiarimento: "Non siamo una temibile tv senza filtri. Anzi. A chi ci accusa di essere stati superficiali, rispondiamo che abbiamo curato i minimi particolari, rispettando un percorso vero. Il nostro intento è quello di portare sul piccolo schermo quei meccanismi burocratici e quegli elementi umani che entrano in contatto e si intrecciano inevitabilmente nei difficili processi che animano il problema delle adozioni...".
© La Repubblica (19 gennaio 2010)