giovedì 7 gennaio 2010
Dopo la pubblicazione dell’articolo E poi lo chiamano «libero pensiero»! abbiamo ricevuto questa lettera dal prof. Odifreddi (il matematico onnipresente), che presentiamo nella speranza che un libero confronto aiuti tutti nel cammino della verità. Con una annotazione, cioè che ho sempre apprezzato queste parole di un grande educatore: «Fino dalla prima ora di scuola ho sempre detto: “Non sono qui perché voi riteniate come vostre le idee che vi do io, ma per insegnarvi un metodo vero per giudicare le cose che io vi dirò. E le cose che io vi dirò sono un’esperienza che è l’esito di un lungo passato: duemila anni”».
«Caro don Gabriele,
per non smentire la mia onnipresenza, un breve commento alla frase “incriminata” del mio articolo: avevo appena citato Spinoza e Voltaire, e dunque era a loro che mi riferivo. Cioè, alla decostruzione della bibbia che Spinoza fece nel “Trattato teologico-politico”, e alla ridicolizzazione che ne fece Voltaire nel “Dizionario filosofico”. Tutto qui. E naturalmente, io ammiro molto più l’uno e l’altro, che le povere arrampicate sui vetri di Galileo (a proposito di bibbia, ovviamente, non certo di scienza!).
A presto!
PGO».
A questa sua, così ho risposto:
«Carissimo prof. Odifreddi,
ho riletto (ma l’avevo comunque fatto già con attenzione) quanto da lei scritto in quell’articolo su Repubblica [Galileo non aveva né gli interessi teologici di Keplero e Newton, né l’indipendenza di giudizio di Spinoza o Voltaire: non essendo un appassionato lettore della Bibbia, credeva ancora che essa fosse degna di considerazione e di rispetto, e non gli passò mai per la mente di decostruirla o di ridicolizzarla, accontentandosi di interpretarla e di accettarla.] Apprendo che quello che io ho contestato non è il suo pensiero, ma quello di Spinoza e Voltaire. Francamente non è così perspicuo alla semplice lettura, ma ne prendo atto. Se vuole lo riporto nel sito, come sua risposta.
Sono comunque convinto che tra persone di buona volontà si possa dialogare e confrontarsi, perché la posta in gioco, la verità, è interesse comune degli uomini. Mio certamente, e spero anche suo.
Le varie affermazioni che ho trovato sul sito da cui ho tratto le citazioni, che si onorano di averla come Presidente (ancorché onorario), mi sembrano però, me lo lasci dire, discorsi quasi «maniacali», gente che ha un problema personale col buon Dio e che deve in qualche modo giustificarsi. Perdoni, sembrano discorsi da «ex-…».
È vero, ciascuno faccia come vuole o come crede, ma forse si può andare avanti con più costruttività.
Mi ha sempre affascinato una frase di Eraclito «Se non spera non raggiungerà l’insperabile, perché altrimenti è introvabile e irraggiungibile» [Così lo cita Wikipedia: «Se l’uomo non spera l’insperabile non lo troverà perché esso è introvabile ed inaccessibile (frammento 18)»]. E da quando insegno e sono prete ho sempre creduto che non ci dovrebbero mai essere, tra veri uomini, «sentieri interrotti», perché è sempre possibile trovare un punto di cammino comune. Me lo ha insegnato mio papà, che è stato presidente diocesano di Azione Cattolica nei tempi difficili del fascismo, e che ha sempre cercato di dialogare al lavoro sia con i “padroni” che con chi, come lui, lavorava, anche se era militante del PCI, cioè schierato politicamente in modo differente.
Con amicizia, perché se uno risponde seriamente a chi lo interpella, o lo contraddice, è un buon segno.
Don Gabriele Mangiarotti»
In seguito, questa è stata la sua replica:
«Caro don Gabriele,
felice di sentirla. Certo, riporti pure le precisazioni, se crede.
Quanto al dialogo, sono d’accordo anch’io: credo ne sia una testimonianza il mio libro “La via lattea”, che riporta i colloqui fatti con due cattolici sul cammino di Santiago, che ho percorso tutto (a piedi!) lo scorso anno, per la radio.
Così come i dibattiti che faccio regolarmente, con vescovi (come monsignor Staglianò), teodem (come la Binetti) e negazionisti (come De Mattei). Parlare aiuta a capirsi, ovviamente, e a farsi capire.
Quanto all’UAAR, è un’associazione indipendente: io non sono iscritto, e non sempre condivido le loro iniziative, ma ho accettato il titolo di presidente onorario (insieme ad altri) perché l’ateismo ha vita molto più dura del teismo, soprattutto in Italia, e si configura come un pensiero di minoranza da sostenere, non fosse altro che per la libertà di parola e di opinione.
A presto, e cordialmente!
pgo».
Mangiarotti, Don GabrieleFonte: CulturaCattolica.it