A Milano i cosiddetti single
hanno sorpassato le cosiddette famiglie
ed è un problema. Dice il sociologo: “I
single che subiscono la loro condizione
sono la maggioranza. Mentre i convinti,
quelli che hanno scelto di vivere da soli
e pensano di continuare sulla stessa
strada in futuro, sono poco più del 15 per
cento”. Che cosa si può fare per i trecentomila
infelici milanesi e i non-so-quanti
del resto d’Italia? Hanno bisogno di
uno stimolo per uscire dall’inconcludenza
sentimentale, magari anche abbassando
le pretese. Fase uno: cancellare la parola
“single” che con le sue connotazioni
vagamente positive, anglosferiche, alla
moda, culla i trentenni nella loro condizione
sterile. Fase due: ricominciare a
usare parole con poco glamour e molta
realtà quali “scapolo”, “celibe”, “nubile”…
Soprattutto che si torni a dire “zitella”:
vedi poi come si sposano.
C. Langone
Il Foglio 14 gennaio 2010