Il raid compiuto dai miliziani dell’Lra «Terzo attacco in quella zona in due settimane»
DA NAIROBI
MATTEO FRASCHINI KOFFI
U na chiesa assaltata e decine di persone rapite: è il tragico bilancio di un raid compiuto nella Repubblica centrafricana dai miliziani dell’Esercito di resistenza del Signore (Lra), gruppo ribelle ugandese tra i più violenti dell’intero continente africano. Sabato scorso, nei pressi di Rafai, una cittadina a sud-est del Paese al confine con il Congo, si è consumata l’ennesima tragedia: «I ribelli hanno assalito la chiesa cattolica locale ed hanno rapito diverse persone», hanno affermato alcuni residenti all’agenzia
Fides, «Non si sa il loro numero, c’è chi dice una decina, mentre altri affermano che gli ostaggi sarebbero addirittura quaranta. Sono stati rapiti anche due cooperanti francesi che sono stati però rilasciati poche ore dopo.
Adesso si trovano a Bangassou». Secondo altre fonti, l’Lra avrebbe attaccato tre volte quella zona solo nelle ultime due settimane, operando soprattutto di notte, ed evitando di usare armi da fuoco per agire nel silenzio ed eludere le stazioni di polizia presenti nell’area.
«Due persone sono rimaste uccise da colpi di machete e spranghe, e altre quattordici hanno riportato gravi ferite», ha confermato via telefono alla stampa Desire Gassi, residente di Rafai.
Quet’ultima serie di attacchi riporta l’attenzione della comunità internazionale verso un gruppo ribelle i cui capi sono ricercati per crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Sulla testa di Joseph Kony, fondatore e indiscusso leader dell’Lra da più di vent’anni, pendono ben 33 capi d’accusa. Da quando iniziarono la guerriglia armata nel nord Uganda nel 1986, i ribelli dell’Lra hanno usato la stessa strategia: attacchi principalmente a villaggi, rapimento di minori che poi vengono utilizzati come soldati, amputazioni di varie parti del corpo per chi disobbedisce agli ordini.
Con l’ultimo giro di negoziati avvenuto nella seconda metà del 2008, e promosso da alcune personalità ugandesi e dalla comunità internazionale, Koni e i suoi ribelli sono tornati a nascondersi nella foresta, basandosi prima in sud Sudan, poi in Congo, e ora, sembra, in Centrafrica.
Sebbene molti dei loro campi d’addestramento siano stati smantellati e alcuni ribelli siano stati disarmati attraverso progetti delle Nazioni Unite sostenuti dall’esercito congolese, i miliziani dell’Lra continuano ad essere sinonimo di paura e distruzione, e provocano il flusso di migliaia di civili, tra sfollati e rifugiati, in Congo, Sudan e nella stessa Repubblica Centrafricana.
© Copyright Avvenire 23 febbraio 2010