“Quando apriamo i nostri cuori e le nostre menti a coloro che potrebbero non pensare o credere esattamente come noi – ha detto il 17 maggio scorso il Presidente Obama parlando all'Università di Notre Dame – è il momento in cui scopriamo la possibilità di trovare almeno un terreno comune”. Questo sforzo di trovare un punto d’equilibrio fra posizioni contrastanti, e l’idea di andare a provarci in uno dei templi del cattolicesimo americano, è la cifra del progetto politico di Obama e la sua scommessa più grande.
Su questa esigenza di un dialogo condiviso fra credenti e non credenti, e fra credenti che appartengono a fedi diverse, s’impernia (senza avvitarsi) Dio e Obama, l’agile libro che Alessandro Gisotti ha pubblicato con Effatà Editrice. 126 pagine per raccontare la religiosità di un Presidente che ha saputo intercettare ed attrarre il voto dei cristiani, nonostante le sue posizioni sull'aborto, la ricerca sulle staminali oppure le unioni gay. Gisotti, in forze da un decennio al Radiogiornale di Radio Vaticana (per l’Occidentale ha curato la rubrica Pennsylvania Avenue), ha una propensione spiccata per il racconto di cronaca "a caldo", uno stile asciutto ma non algido.
L’autore non vuole imporre una tesi ma ricostruire con perizia documentale le reazioni e gli ondeggiamenti (o gli gli smottamenti) del mondo cristiano americano di fronte all’ascesa di Obama alla Casa Bianca. Quel giorno, a Notre Dame, non c’erano solo i fedeli che applaudivano fragorosamente il Presidente ma anche quelli che lo hanno interrotto al grido di “l’aborto è un omicidio” e “smettila di uccidere i nostri bambini”. ‘Fondamentalisti’ per modo di dire visto che buona parte delle gerarchie cattoliche Usa non ha gradito il discorso all’Università, anche se, tempo dopo, Benedetto XVI ha incontrato Obama, e le belle pagine del libro dedicate al colloquio tra il Papa e il Presidente fanno piazza pulita delle polemiche che hanno circondato la visita e i rapporti fra Washington e Vaticano.
In America ci sono fedeli e porporati, associazioni, giornali e gruppi di pressione cattolici che sembrano più disponibili di altri a cercare quel “terreno di incontro” su questioni di rilievo della vita pubblica, come il diritto alla obiezione di coscienza per il personale medico pro-life, oppure le politiche tese a disincentivare l'aborto favorendo le donne che non rinunciano al loro diritto di avere un figlio. Ma ci sono anche voci dissenzienti, i pensatori conservatori come Michael Novak e Robert Weigel, convinti che il carisma di Obama sia un pericolo per la Chiesa americana, che il suo fascino e l’afflato messianico nascondano una volontà politica mimetica e cangiante che punta a stabilire un dialogo per gestire il consenso in chiave puramente elettoralistica.
Una narrazione breve sull’America cristiana, quella di Gisotti, in un Paese in cui la grandissima parte della popolazione crede in Dio, e che nel mito della sua fondazione conserva il ricordo della fuga dalle persecuzioni religiose e dell’approdo a un “Nuovo Mondo”. Un ritratto compiuto di Obama, come nei primi capitoli, dedicati alla giovinezza del Presidente, che meritano d’essere approfonditi per comprendere la sua bizzarra biografia. L’infanzia nel melting hawaiiano, il mondo islamico, la difficile ricerca di una identità nera nell’America bianca, l’esperienza nella strade di Chicago, gomito a gomito con i poveri, le ragazze madri, i senza casa.
Il Presidente, scrive Gisotti, è cresciuto nutrendosi “degli scritti di Sant’Agostino, dei teologi della Liberazione e del teologo protestante Reinold Niebuhr, che definirà, in campagna elettorale, uno dei suoi autori preferiti. Poco noto in Italia, insegnante di etica sociale alla Columbia University di New York, Niebuhr è nel secolo scorso uno dei massimi esponenti del realismo politico. Intervistato da David Brooks, columnist conservatore del New York Times, Obama afferma di aver preso da Niebuhr ‘l’idea irrefutabile che nel mondo c’è il male vero, ci sono le avversità e il dolore. Che noi dovremmo essere umili e modesti nel ritenere di poter eliminare queste cose. E tuttavia che non dovremmo usare tale situazione quale scusa per il cinismo o l’inazione’”. Come dire, non si può avere la speranza di cambiare il mondo se non hai prima l’audacia di provarci. Ecco perché Obama, ad un certo punto della sua vita, ha sentito la necessità di convertirsi e ricevere il battesimo.
L'Occidentale