Il nome e la storia di Emma Bonino ‘sono’ un programma
incompatibile con altri, e in ogni caso certamente
affinato con aperta e spesso aspra ostilità verso la visione
cristiana della vita e dei rapporti sociali. Decidere di
fare di un simile contributo un ‘mattone’ del muro della
casa comune del Pd significa fare una scelta precisa e
pesante”. E “le sottovalutazioni si pagano”. Ieri il direttore
dell’Avvenire Marco Tarquinio ha spostato “il diavolo
Bonino” a pagina 2, rispondendo con argomentazioni
secche e a tutto tondo a una lettera di Pier Luigi Bersani.
Che a sua volta replicava a un editoriale del quotidiano
dei vescovi firmato da Sergio Soave il quale, prendendo
spunto dall’addio di Paola Binetti al Partito democratico,
rifletteva in modo piuttosto tranchant sul “disinteresse
colmo di sufficienza” del Pd rispetto alla questione
della “pari dignità” dei cattolici nel partito. Tarquini,
confermando il giudizio, ha insistito sulla “sostanziale
solitudine” in cui “stranamente” i cattolici si sono
trovati a coltivare “il tema della libertà di coscienza”. Solitudine
aggravata dalla scelta Bonino. Tanto che in penultima
pagina, rubrica lettere, Tarquinio ha addirittura
raddoppiato, con un giudizio netto sulla “incompatibilità
irriducibile” di Emma Bonino con il sentire politico
cattolico: “Una melensa propaganda di stagione… non
può cancellare decenni di tragiche battaglie radicali
contro la visione cristiana della vita”. L’uno-due di Avvenire
è significativo anche perché mostra la ripresa di una
libertà di giudizio forte, non preoccupata di creare eventuali
scontenti, laddove negli ultimi tempi era sembrata
prevalere la virtù (ecclesiale) della prudenza.
Difficile non cogliere una connessione tra il parlar
chiaro di Avvenire e l’addio al Pd di Paola Binetti. Con il
suo abbandono, si chiude di fatto la stagione della “pattuglia
teodem”. Resta il solo Luigi Bobba, significativamente,
però, figlio di un’altra famiglia del cattolicesimo
sociale, quella aclista. Un po’ verità e un po’ semplificazione
giornalistica, fin dal varo del Pd i “teodem” sono
sempre stati indicati come una pattuglia di esploratori
ruiniani – se non addirittura di sabotatori in sonno dell’esperimento
veltroniano. Più realisticamente, una sorta
di avamposto chiamato a testare la consistenza di una
scommessa politica: se si potesse cioè praticare una certa
visione dell’impegno cattolico nella vita pubblica anche
in quel terreno. Un elemento aggiuntivo, insomma,
della sottile dottrina elaborata dal cardinale Camillo
Ruini per l’Italia del bipolarismo: un’equidistanza tra i
due poli, corroborata da “una presenza significativa” di
cattolici in entrambi gli schieramenti. L’addio di Binetti
indica che il tempo di quell’esplorazione è concluso, la
pattuglia può rientrare alla base. Se c’era da “vedere” un
bluff, è stato visto. Nel Pd restino, se vogliono, cattolici
portatori di altri Dna. Si è conclusa una stagione, ma il
metodo Ruini non va in archivio: la gerarchia continuerà
a praticare un’equidistanza (meno spericolata) tra due
fronti, quello del centrodestra e quello dell’ipotetico progetto
centrista. La chiusura del caso fatta da Avvenire
sembra confermare che lo spazio per le chiacchiere del
Pd stia ormai a zero. E, sottilmente, lascia anche leggere
in trasparenza un indirizzo dei vescovi univoco.
Maurizio Crippa
Il Foglio 18 febbraio 2010