di Assuntina Morresi
Il nome commerciale è «EllaOne», quello corrente è «pillola di cinque giorni dopo », la sostanza è una trasformazione significativa e pericolosa dell’aborto farmacologico: stiamo parlando di un prodotto ad azione abortiva, registrato però come anticoncezionale femminile, nella discutibile categoria della «contraccezione d’emergenza ». La differenza con la «pillola del giorno dopo » già in commercio in Italia potrebbe sembrare sottile, ma è sostanziale. Quest’ultima agisce entro 72 ore dal rapporto sessuale in cui vi sia stata la possibilità di un concepimento. E il suo meccanismo non è del tutto chiaro: a quanto si legge nei foglietti illustrativi potrebbe bloccare la fecondazione, agendo quindi come un contraccettivo che però provoca l’eliminazione dell’embrione impedendone l’impianto nell’utero. A quanto dichiarato dall’azienda produttrice, una volta iniziato l’impianto dell’embrione la «pillola del giorno dopo» non è più efficace.
EllaOne invece è attiva per più tempo – cinque giorni – proprio perché agisce in modo completamente diverso: blocca il progesterone, cioè l’ormone della gravidanza, con modalità simili a quelle della pillola abortiva Ru486, e in presenza di un embrione ne impedisce l’annidamento. A ragione di questo suo meccanismo d’azione, è espressamente controindicata durante una gravidanza in atto.
Dal punto di vista morale l’uso delle due pillole è del tutto analogo, perché in entrambi casi si assumono sapendo che, se è presente un embrione, questo viene semplicemente eliminato. Ma per l’immissione in commercio nel nostro Paese della «pillola dei cinque giorni dopo», annunciata dall’azienda che la produce (la francese Hra Pharma), la differenza è sostanziale: si tratta di un farmaco con azione abortiva che la casa farmaceutica ha potuto registrare come anticoncezionale, pur nella categoria di «emergenza». L’ambiguità e la confusione non potevano essere più grandi: siamo infatti al cospetto di uno stratagemma che rende legalmente possibile procurarsi un precocissimo aborto con ricetta medica in tutte le farmacie dell’Unione Europea, classificando l’aborto come «contraccezione».
Fin dall’inizio, d’altra parte, era proprio questo l’obiettivo cercato dai sostenitori dell’aborto farmacologico: la scomparsa dell’aborto stesso, intesa però non come ci si dovrebbe augurare, ovvero l’azzeramento delle interruzioni di gravidanza. Con pillole somministrate sempre più precocemente, infatti, l’aborto c’è sempre, ma viene reso «invisibile», socialmente non riconosciuto, riguardando solamente la donna che assume la pillola. E un aborto «invisibile» non sarà solo un dramma, sarà un dramma pressoché impossibile da prevenire.
Quando in Italia arriverà questa nuova pillola aumenteranno i problemi di obiezione di coscienza degli operatori del settore, a partire dai farmacisti: sarà davvero difficile considerare « anticoncezionale » un farmaco che può eliminare un embrione di cinque giorni. È anche curioso poi che in un Paese come il nostro, dove in nome della 'salute delle donne' tribunali di ogni tipo – amministrativi, civili, fino alla Corte Costituzionale – amano pronunciarsi su embrioni umani, nessuno si ponga il problema della salute delle ragazze che assumono pillole del giorno prima e di quello dopo, e tra non molto probabilmente dei cinque giorni, il tutto senza alcun tipo di controllo. Lasciando da parte. per un momento, il problema strettamente etico, e considerando che sono soprattutto giovani donne – spesso ragazzine – a ricorrere a questo tipo di farmaci, siamo proprio sicuri che ne possano fare un uso disinvolto e incontrollato, passando da una pillola all’altra senza alcuna conseguenza per la loro futura salute?
Si sta creando una nuova situazione di rischio: ci auguriamo che le autorità competenti, e in particolare l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), che ha il compito di valutare i farmaci prima che siano commercializzati in Italia, affrontino la questione con rinnovato e grande senso di responsabilità.
EllaOne invece è attiva per più tempo – cinque giorni – proprio perché agisce in modo completamente diverso: blocca il progesterone, cioè l’ormone della gravidanza, con modalità simili a quelle della pillola abortiva Ru486, e in presenza di un embrione ne impedisce l’annidamento. A ragione di questo suo meccanismo d’azione, è espressamente controindicata durante una gravidanza in atto.
Dal punto di vista morale l’uso delle due pillole è del tutto analogo, perché in entrambi casi si assumono sapendo che, se è presente un embrione, questo viene semplicemente eliminato. Ma per l’immissione in commercio nel nostro Paese della «pillola dei cinque giorni dopo», annunciata dall’azienda che la produce (la francese Hra Pharma), la differenza è sostanziale: si tratta di un farmaco con azione abortiva che la casa farmaceutica ha potuto registrare come anticoncezionale, pur nella categoria di «emergenza». L’ambiguità e la confusione non potevano essere più grandi: siamo infatti al cospetto di uno stratagemma che rende legalmente possibile procurarsi un precocissimo aborto con ricetta medica in tutte le farmacie dell’Unione Europea, classificando l’aborto come «contraccezione».
Fin dall’inizio, d’altra parte, era proprio questo l’obiettivo cercato dai sostenitori dell’aborto farmacologico: la scomparsa dell’aborto stesso, intesa però non come ci si dovrebbe augurare, ovvero l’azzeramento delle interruzioni di gravidanza. Con pillole somministrate sempre più precocemente, infatti, l’aborto c’è sempre, ma viene reso «invisibile», socialmente non riconosciuto, riguardando solamente la donna che assume la pillola. E un aborto «invisibile» non sarà solo un dramma, sarà un dramma pressoché impossibile da prevenire.
Quando in Italia arriverà questa nuova pillola aumenteranno i problemi di obiezione di coscienza degli operatori del settore, a partire dai farmacisti: sarà davvero difficile considerare « anticoncezionale » un farmaco che può eliminare un embrione di cinque giorni. È anche curioso poi che in un Paese come il nostro, dove in nome della 'salute delle donne' tribunali di ogni tipo – amministrativi, civili, fino alla Corte Costituzionale – amano pronunciarsi su embrioni umani, nessuno si ponga il problema della salute delle ragazze che assumono pillole del giorno prima e di quello dopo, e tra non molto probabilmente dei cinque giorni, il tutto senza alcun tipo di controllo. Lasciando da parte. per un momento, il problema strettamente etico, e considerando che sono soprattutto giovani donne – spesso ragazzine – a ricorrere a questo tipo di farmaci, siamo proprio sicuri che ne possano fare un uso disinvolto e incontrollato, passando da una pillola all’altra senza alcuna conseguenza per la loro futura salute?
Si sta creando una nuova situazione di rischio: ci auguriamo che le autorità competenti, e in particolare l’Aifa (l’Agenzia italiana del farmaco), che ha il compito di valutare i farmaci prima che siano commercializzati in Italia, affrontino la questione con rinnovato e grande senso di responsabilità.
«Avvenire» del 3 febbraio 2010