DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Non solo la “suina” non ha fatto disastri, ma forse li ha pure evitati

Sembra proprio che il diavolo ci stia
mettendo la coda, per sbeffeggiare clamorosamente
agenzie e autorità sanitarie
le cui analisi e previsioni, regolarmente
affondate, avevano riempito la stampa e
l’etere coi disastri che avrebbe dovuto
combinare l’influenza A(N1H1). Dell’influenza
stagionale che di solito prende il
via e si impianta tra la fine dell’anno e le
prime settimane di gennaio non ci sono
che quasi inconsistenti tracce, in Italia come
in Europa. Il che ha implicazioni davvero
paradossali. Il numero di quanti si sono
ammalati di influenza nel corso della
terza settimana di gennaio in Italia è stimato
in 1,6 ogni mille abitanti (96mila influenzati).
Che tipo di influenza? Dai risultati
della rete Influnet si deduce che la
poca influenza che c’è in giro è quasi completamente
influenza A(N1H1), e nient’affatto
influenza stagionale. Questo per l’Italia,
ma non è che le cose vadano diversamente
in Europa, dove l’European Centre
for Disease prevention and Control ha
trovato tra i campioni positivi – pochi – al
virus dell’influenza una proporzione del
90 per cento di positivi alla “suina”.
Mi sono preso la briga di verificare
quant’era, negli anni trascorsi, nella terza
settimana del mese di gennaio, l’incidenza
della sola influenza stagionale (non ce
n’erano altre, allora) e di confrontarla con
l’incidenza complessiva delle influenze
del gennaio 2010, quando alla forma
A(N1H1) dovrebbe accompagnarsi quella
ordinaria stagionale. Ed ecco i risultati,
espressi in numero di influenzati
ogni mille abitanti nel corso della
terza settimana del mese di
gennaio: nel 2005: 6,6; nel 2006:
2,0; nel 2007: 4,0; nel 2008: 6,7;
nel 2009: 7,7; e nel 2010: 1,6. Si
sottolinea, per quanto riguarda
il 2010, che il valore di 1,6
influenzati per mille abitanti
nella terza settimana di gennaio
è il risultato di due e non
di una sola influenza come per
tutti gli altri anni. Ciò nonostante
il risultato del 2010 è di gran lunga
il migliore di tutti. Ed è migliore di
almeno il 70 per cento del risultato
medio del quinquennio precedente.
Cosa significa questo dato? Mediamente,
nei cinque anni 2005-2009 si sono
avuti 320mila ammalati nella terza settimana
di gennaio di ciascun anno, contro
i 96mila del 2010, con una differenza di
oltre 220mila ammalati in meno in quest’ultimo
anno. Ma l’incidenza combinata
delle influenze attuali (la A e la
stagionale) è risultata essere anche la
più bassa di tutte le singole influenze stagionali
degli anni passati già dall’ultima
settimana di dicembre del 2009, e continua
ad esserlo tuttora, cosicché il vantaggio
complessivo accumulato rispetto a
una media influenza stagionale degli
anni precedenti è stimabile in non
meno di 400mila casi di influenza.
Ora, si dà il caso che l’influenza
A(N1H1) abbia provocato, complessivamente,
228 morti – di cui l’82 per
cento con patologie preesistenti – su
quattro milioni di influenzati e che
il bilancio possa considerarsi a questo
punto definitivo, visto che nella
terza settimana di gennaio non c’è
stato un solo morto ricollegabile a
questa forma influenzale.
In conclusione: mentre a 400mila
casi di influenza A(N1H1) corrispondono
non più di venti morti, a
quello stesso numero di casi di
un’altra qualsivoglia forma influenzale
di media letalità ne
corrispondono, per avere questa
generica forma influenzale un
tasso di letalità 40-50 volte superiore,
circa 800. E poiché i casi attuali
sono quasi tutti di influenza
A(N1H1), mentre i casi degli anni
scorsi erano dovuti a influenze stagionali,
si può stimare che l’influenza
A abbia risparmiato agli italiani con il suo
arrivo almeno 500 morti, dati dalla differenza
tra 800 morti in meno (corrispondenti
ai 400mila influenzati in meno) rispetto
a quelli che avrebbe prodotto fino a
questo momento una comune influenza
stagionale e i 228 morti di influenza A più
qualche altro morto sopravvenuto fino ad
oggi ad opera dell’influenza stagionale in
corso (pochissimi, essendo pochi i casi di
influenza stagionale).
Questo percorso non è contestabile, se
non su di un punto: che non è detto sia stata
l’influenza A ancora debolmente in essere
a risparmiarci una più massiccia entrata
in scena della comune influenza stagionale.
E’ vero. Ma non è detto neppure il
contrario, ovvero che non sia stata proprio
la presenza per mesi e mesi della A ad
avere indebolito, occupandone gli spazi e
ormai anche i tempi, la presenza e la trasmissibilità
di un virus influenzale stagionale.
La qual cosa equivale a dire che non
c’è spazio e tempo per tutti i virus indifferentemente,
nelle nostre società moderne.
Una lezione che dovrebbe valere anche
per quanti pensano che contro un qualsivoglia
virus non resti che sparare ad alzo
zero da tutte le postazioni possibili, e anche
da quelle impossibili (vedi arruffati e
arraffati vaccini), nella convinzione che
ogni virus non faccia che aggiungersi, ingrossandolo,
al bacino virale preesistente.

Roberto Volpi

IL foglio 3 febbraio 2010