Roma. Mancano circa sette mesi alla visita
del Papa in Gran Bretagna – il prossimo
settembre – ma già il clima è in fase di
surriscaldamento. Le parole poco british
che quarantotto ore fa il Papa ha rivolto ai
vescovi d’Inghilterra e del Galles ricevuti
in Vaticano hanno infatti provocato reazioni
variegate. La stampa inglese ha letto il
discorso del Papa come un diretto attacco
al Labour. Le autorità anglicane come un
attacco rivolto a loro. Ma c’è chi fa notare
argutamente – tra questi Damian Thompson,
direttore dei blog del Telegraph e
stimato commentatore di cose religiose –
che le parole del Papa erano dirette anche
alla chiesa cattolica d’Inghilterra, rea di
non essersi saputa esprimere durante le
polemiche sulle adozioni di bambini da
parte di coppie gay in modo univoco e convincente.
Che uno degli obiettivi del Papa fosse il
Labour è cosa certa. Ma non il Labour in
sé. Bensì il Labour in quanto sostenitore
dell’equality bill, ovvero la legislazione
britannica contro la discriminazione la
quale, a detta del Pontefice, rischia di “limitare”
la libertà di azione delle comunità
religiose. E, infatti, così ha commentato ieri
la stampa inglese: “Il Papa attacca i laburisti
sulle leggi per l’eguaglianza”, titolava
il Telegraph. “Il Vaticano ha lanciato
un attacco senza precedenti alle politiche
dei diritti umani di Gordon Brown”, ha
scritto il Times. “L’effetto – ha detto Ratzinger
– è l’imposizione di limitazioni ingiuste
alla libertà di agire secondo il proprio
credo a comunità religiose”. E ancora:
“Per alcuni aspetti si viola veramente
la legge naturale su cui si fonda l’uguaglianza
di tutti gli esseri umani e per mezzo
della quale essa è garantita”.
Il conflitto tra stato e chiesa cattolica in
Inghilterra sull’equality bill è atavico. Il
nodo principale è sempre uno: grazie a
queste norme s’impedisce a strutture come
le agenzie di adozione qualunque tipo
di discriminazione. E, dunque, queste stesse
agenzie, nel nome della non discriminazione,
sono costrette per legge a concedere
l’adozione di bambini anche alle coppie
di omosessuali. “C’è stato un conflitto tra
noi e il governo a proposito della libertà
delle agenzie cattoliche di adozione di agire
con integrità e in accordo con gli insegnamenti
della chiesa su vita, famiglia,
matrimonio” e sull’adottabilità da parte
delle solo famiglie rappresentate “da coppie
eterosessuali”, ha spiegato due giorni
fa il presidente della Conferenza episcopale
d’Inghilterra e del Galles, l’arcivescovo
di Westminster monsignor Vincent Nichols.
Tuttavia il conflitto è, ed è stato, anche
intra ecclesiale: alcuni vescovi dell’ala
più liberale del paese, infatti, si sono
mostrati meno duri verso l’equality bill di
quanto avrebbero potuto. Ed è forse anche
per questo motivo che due giorni fa il Papa
ha ricordato il “diritto” della chiesa di
difendere i valori della vita e della famiglia
“partecipando al dibattito nazionale
attraverso un dialogo rispettoso con gli altri
membri della società”.
Quindi gli anglicani e, con loro, la Regina.
Entrambi, la cosa è nota, non hanno
ben digerito le recenti aperture del Pontefice
ai sacerdoti anglicani. E anche due
giorni fa non hanno visto di buon occhio la
richiesta rivolta dal Papa ai vescovi cattolici
di essere “generosi” nell’applicare le
indicazioni del recente decreto Anglicanorum
Coetibus. Se è stato l’arcivescovo di
Canterbury, Rowan Williams, a definire la
cosa “un attacco” alla propria chiesa, è
stata invece la regina Elisabetta a inviare
il proprio emissario, Earl William Peel, da
Nichols per esprimere preoccupazione e
chiedere chiarimenti.
Paolo Rodari
Il Foglio 3 febbraio 2010