GEROLAMO FAZZINI
« M
olti credenti vogliono sapere se Dio seduce ancora, se ha ancora gesti e parole capaci di catturare il cuore, se una seconda opportunità è offerta alla loro storia di indecisioni. Vogliono sapere se Dio parla ancora il linguaggio della bellezza e della gioia » .
Così, nella prefazione a un libro di qualche anno fa, si esprimeva don Ermes Ronchi, apprezzato maestro spirituale che i lettori di ' Avvenire' ben conoscono per i suoi commenti al Vangelo. Il successo della fiction su sant’Agostino, proposta dalla Rai ieri e domenica sera, conferma che questa nostalgia di un Dio capace di sconvolgere la vita, affascinando nel profondo della mente e del cuore, è ancora viva e bruciante. Pur in un contesto culturale come il nostro – che non di rado guarda alla conversione come a un gesto, tardivo e sospetto, da ' voltagabbana' – la vicenda di Agostino, uno dei tanti convertiti di cui è costellata la storia del cristianesimo, pur vecchia di sedici secoli, parla ancora.
Anche oggi. Un malinteso concetto di dialogo interreligioso ha fatto sì che, anche in casa cattolica, venga talora svalutata la tensione all’annuncio del « proprium » del cristianesimo e, di conseguenza, tacitata la voce dei convertiti perché considerata politicamente scorretta. Per contro, si ha la sensazione che la testimonianza della fede si traduca, talvolta, in un’apologetica ruvida, che usa la conversione come arma impropria all’indirizzo degli ' infedeli'. A rendere fuorviante il significato autentico di tale scelta è il trattamento mediatico di alcune ' conversioni' ( queste sì sospette) ad opera di star del cinema o del jet- set, cui basta l’incontro con un prete o la lettura di un brano biblico per proclamare ai quattro venti la decisione di cambiare vita. Quasi che la conversione fosse l’equivalente religioso di una ' second life', da attivare all’indomani di una cocente delusione d’amore o di un tracollo finanziario. La conversione, insomma, come ' salvagente psicologico' quando la barca della vita finisce sotto i flutti di tempeste altrimenti ingovernabili. La storia di Agostino ci ricorda che la conversione cristiana è un fatto terribilmente serio.
Imprevedibile, perché il regista è Dio. Un evento che chiama in causa l’esistenza intera, chiede radicalità di scelte e impone un distacco totale dalle ' cose di prima'. In una scena del film, al giovane Agostino in partenza per Cartagine, la madre Monica augura « Che Dio sia con te » ; al che il figlio, non ancora raggiunto dalla luce della fede, risponde dicendo di bastare a se stesso. Ebbene, il segreto autentico della conversione di cui ci parla il Vangelo è questo: abbracciare un’esistenza in cui non si basta più a se stessi e, al contrario, solo Dio basta. « Ci hai creati per te, Signore – recita il celeberrimo passo delle « Confessioni » – e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te'. Chissà.
Forse l’impatto con un credente della statura di Agostino contribuirà a ridestare la nostalgia del Dio che da ' totalmente altro' si fa amico compagno di strada.
Non soltanto in qualche ' lontano' seriamente in ricerca, ma anche nel cuore di tanti credenti tiepidi. Come siamo tutti.
Avvenire 2 febbraio 2010