DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Don Santoro: morire per Dio

DI F RANCESCO R OSSI D E G ASPERIS
N
ell’autunno- inverno tra il 1980 e il 1981, durante i sei mesi ( circa) trascorsi nella Terra del Santo e nei Paesi biblici limitrofi, don Andrea Santoro venne a trovare anche me, al Pontificio Istituto Biblico di Gerusalemme.
Desiderava parlare, tra i molti contatti che aveva programmato, del significato della lettura della terra della Bibbia e del suo popolo, oltre che della sua storia, per essere e diventare sempre più cristiano.
Avvertii subito di non trovarmi di fronte a uno dei tanti pelle­grini di Terra Santa. Veniva, non per
vedere e visitare i « luoghi santi » , ma per diventare mag­giormente discepolo ed essere un prete santo per la Chiesa di Dio. Il 5 febbraio 1981 scriveva ai suoi genitori da Betania: « Do­mani mattina vado a Nazaret e mi fermo sei giorni. Ritornerò giù passando per Cesarea ( lun­go il mare), dove sono accaduti episodi importantissimi raccon­tati negli Atti degli apostoli, e da dove si imbarcò san Paolo ( dopo una prigionia di due anni) per venire a Roma. Lui trovò Nerone ed ebbe la fortuna di morire per il Signore. Io troverò voi e tanti amici, ma spero di avere la stes­sa fortuna, grazia e coraggio di morire per il Signore. Ci sono molti modi per morire: l’impor­tante è dire sì a quello che ti manda Dio » .
Trovare e accettare il proprio modo di morire per il Signore!
Aveva letto attentamente la Pa­rola e la storia sul loro terreno, in mezzo al popolo credente di Dio, vi era cresciuto dentro, ed era pronto a donarsi tutto, come un profeta, al modo di morire che Dio gli avrebbe riservato.
Aveva cominciato nel settembre 1980 con un viaggio di venti giorni – al Sinai, in Galilea, in Giudea, a Gerusalemme –, con un gruppo di trenta persone, guidato da un domenicano, le

frère Jacques Fontaine,
il mae­stro della Parola sulla Terra ( « la Bible sur le terrain » ), al quale in tanti dobbiamo una rinascita della nostra condizione di cre­denti, a partire da tutta la Parola letta su tutta la sua Terra. Par- lammo molto di questo modo di aderire a tutto il « luogo santo » , che è la Terra di Dio.
Capii, in quel nostro incon­tro, che don Andrea era stan­co di dottrina, di sistemi, di attività e programmi pasto­rali, tanto più intensi quanto meno sorretti e permeati dall’esperienza di una fede, che comprometta la carne del discepolo del Signore. Mi resi conto che la Parola, la storia e il Paese biblico sta­vano diventando la sua carne, a­nalogamente a come il pane e il vino eucaristico diventano il corpo e il sangue di Gesù.
Don Andrea si sentiva chiamato a
consumarsi interamente nel­l’amore
per il Regno di Dio, per il disegno della salvezza e la vo­lontà del Padre, l’Abbà del Figlio e di noi tutti; per la persona di Gesù, il Messia d’Israele e delle nazioni; nell’amore per tutti gli uomini e tutte le donne dell’u­manità, specialmente per gli ul­timi, per gli « scarti » . Per lui, nul­la è stato troppo grande per es­sere abbracciato, ma tutto è sta­to capace di restringersi per far­si contenere dal più piccolo frammento, riconosciuto come volontà di Dio, adesso e qui.
Egli è stato un lettore attentissi­mo di tutta la Bibbia, della Crea­zione del Principio, dei due Te­stamenti
e dell’unica Alleanza – la prima che si trasfigura nella nuova –, dei Vangeli compresi come l’inizio del « compimento » di tutte le Scritture in vista del­l’escatologia. Per lui, i personag­gi dell’Antico Testamento erano viventi e ispiranti, come quelli del Nuovo. Impressionante la sua spontanea capacità di per­sonalizzarsi e di immedesimarsi appassionatamente in tutti i versetti delle Scritture. Era il suo mondo, la sua carne, l’unico e ultimo punto di riferimento.
Egli comprendeva bene che la fedeltà amorosa e paziente al primato di tutta la Parola e di
tutta
la storia di Dio nella storia degli uomini è la prevenzione più sicura contro ogni ideologia dell’ « uomo di oggi » e contro o­gni « teologia ideologica » del momento. Per questo, esporsi di persona, fino a morire, è stato per lui, tra l’altro, il modo più spontaneo di promuovere la giustizia, cioè la liberazione del­la creazione tra le ragazze che si vendevano a Trabzon.
Don Andrea era contro le ideologie e viveva nella fedeltà alla Parola, riconoscendo Gesù in chi incontrava, specialmente «negli ultimi»


Avvenire 2 febbraio 2010