DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Al Gore ha molto freddo. La scienza del clima fa autocritica, i catastrofisti sono sempre più soli. Di Giuliano Ferrara

Re Al Gore è nudo. Sulla copertina
del Weekly Standard di questa
settimana l’ex vicepresidente degli
Stati Uniti è ritratto senza vestiti al
Polo Nord. Alle sue spalle due orsi
bianchi ridono di lui. L’attacco del settimanale
conservatore americano (da
sempre critico sulla tesi per cui il global
warming sarebbe causato dall’uomo)
al catastrofismo climatico parte
dall’editoriale di Gore sul New York
Times di dieci giorni fa (ripubblicato
in Italia da Repubblica) in cui venivano
riproposti i classici del suo repertorio:
mari che si innalzano, tempeste
mostruose, rifugiati climatici e altro.
La verità è che Al Gore è sempre più
solo. Anche i media più progressisti
come il Guardian o la Bbc hanno abbandonato
i toni apocalittici e si sono
gettati sulle ultime disavventure degli
scienziati del clima attaccandoli con
particolare durezza.
Il segretario generale delle Nazioni
Unite, Ban Ki-moon, ieri ha chiesto
che le previsioni sballate fatte dall’Ipcc
vengano riviste da altri scienziati.
All’interno dello stesso mondo
scientifico è iniziato un mea culpa che
non ha risparmiato critiche a chi, come
i vertici del panel di scienziati dell’Onu,
da tempo ripeteva che il dibattito
sul clima era chiuso. Dopo avere
annunciato che la neve d’inverno sarebbe
stata soltanto un ricordo per gli
europei, i sostenitori del riscaldamento
globale antropico si trovano a
fare i conti con nevicate che non si vedevano
da decenni. A chi prova a dire
che queste precipitazioni sono dovute
al global warming – come nel caso dell’uragano
Xinthya in Francia – altrettanti
esperti rispondono che non è vero.
Serve un approccio realista a un
problema vero, quello ambientale.
Continuando a professare il catastrofismo,
conclude il Weekly Standard, il
movimento ambientalista rischia di
fare la stessa fine di chi si ostina a
parlare in Esperanto.

© Copyright Il Foglio 11 marzo 2010