Ora ci han detto di tutto. Non faccio la vittima, non è, nemmeno ora, il caso. Ma c’è da dire che noi cattolici collezioniamo ingiurie. Non me ne dolgo più di tanto. È un patimento che provoca una strana risorsa di allegria. Di pace, verrebbe da dire, in mezzo alle contumelie. Come se il dolore che duramente colpisce in tutta questa vicenda purificasse, togliesse l’aspro dalle offese che in tanti stanno costruendoci sopra. Insomma, siamo in una vicenda così dolente, così piena di amarezza da rendere più stupide, più ottusamente ridicole le offese. Sì, avete aggiunto questa ingiuria. Ma non ve ne verrà nessuna soddisfazione. Dico a voi che da tempo ne inventate sempre di nuove. L’avete messa tra le frecce del vostro millenario arco. La peggiore che si poteva immaginare. Lo fate attaccandovi ai fatti, certo, ma soprattutto mulinando i fatti con chiacchiere, polvere e veleno in un unico gesto offensivo. In uno strano gesto di disprezzo, che sembra avere a cuore di colpire qualcuno più che compatire il male e rispettarlo con la chiarezza.
Non ho ancora una vita lunga. Però ho fatto in tempo a prendermi di tutto. Mi è stato dato di tutto. Dal corrotto al politicante, dall’impietoso all’integralista. Dal fascista al comunista. Dall’oscurantista al retrogrado. Mi è stato dato, detto di tutto. E ora pure questo. Amico dei pedofili, appartenente a una specie di associazione pedofila. Una specie di concorso esterno. Un’accusa enorme. Che può schiacciare chiunque. Che fa del male a tanti, e che in modo canagliesco distorce fatti e sfregia il viso della gente. Lo dicono, si sente dire. Ma non lo dicono le persone del popolo. Che sanno e distinguono la disgrazia e il crimine, e hanno compassione per le dure vicende che toccano gli uomini. Lo dicono i giornali, lo titolano tendenziosi quei giornali come quello femminile italiano popolare che grida in copertina: ' Preti pedofili. E adesso lo manderesti tuo figlio all’oratorio?'. Violenza banale di un giornalismo scorretto e tendenzioso.
Ora che non si può offendere più nessuno né per il colore della pelle, né per le tendenze sessuali ( e giustamente) si possono almeno offendere i cattolici. E con la maggior infamia. Non lo fa la gente del popolo, se non come battuta semmai, con la trivialità che però innocua passa via. Ma lo suggeriscono, lo ripetono con il sorrisetto sulle labbra coloro che guidano i media. Animati da una specie di gusto oscuro per lo sfascio, per il peggio. Come se un problema enorme, vasto e diffuso in ambienti di ogni genere come la pedofilia venisse travisato per orientarne la cattiva ombra solo in un senso, solo contro qualcuno. Certo, un antipatico moralismo cattolico diviene ora un comodo bersaglio. Ma il cattolicesimo non è quella riduzione ad antipatico moralismo operata a volte anche da uomini di Chiesa a corto di argomenti e di cuore. Eppure, ecco, ora che davvero ho preso di tutto e che mi trattano peggio della minoranza più offesa, e con più lividume, resta e quasi fiorisce in fondo una specie di strana quiete. Che non è solo quella di chi, avendo ricevuto ogni genere di offesa, non ha più nulla da temere e va sereno della propria coscienza e della realtà dei fatti. È quella quiete profonda di chi tieni gli occhi sulla realtà, dura e drammatica e però piena di bene, mentre altri si avvelenano il sangue tra livori e offese che come fuochi d’artificio ricadono spente.
Sì, non ci viene risparmiato niente. Ma nulla, diceva l’apostolo delle genti che raccolse offese di ogni genere girando ad annunciare il Vangelo, ci può separare dall’amore di Cristo. Che proprio in questi frangenti mostra più forti la sua pazienza e il suo fuoco.
© Copyright Avvenire 31 marzo 2010