Claudio Risé
Tratto da Il Mattino di Napoli dell'1 marzo 2010
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Tutto va di male in peggio? Così parrebbe. Ma ci sono anche segni diversi. Soprattutto tra i più giovani, nelle loro tendenze e le loro mode.
Sembra che tra i giovanissimi si cominci ad averne abbastanza con l’autodistruzione e il cinismo. Diversi fenomeni paiono rivalutare le emozioni e il cuore rispetto al pensiero freddo e ideologico, il sorriso e l’umorismo invece della mistica del funereo, il colore invece del nero, l’attenzione al sacro piuttosto che il disprezzo verso di esso.
Un esempio significativo: il gruppo dei ragazzi tra i 14 e i 16 anni è l’unico in cui nell’ultimo anno è diminuito l’incremento dell’uso di sostanze stupefacenti, dalla cannabis alla cocaina. Se si considera che è proprio quella l’età in cui l’inizio dell’abitudine allo spinello fa i danni più gravi al sistema nervoso e al cervello, col rischio di successive malattie come psicosi e schizofrenia, questi segni di cambiamento fra i ragazzi fanno pensare ad una reazione istintiva di autoconservazione. Tanto più che fanno tutto da soli: l’Italia è l’unico Paese in cui non si sono svolte grandi campagne pubbliche contro questa sostanza, malgrado gli allarmi di scienziati ed epidemiologi.
Assieme al rallentamento della popolarità della cannabis, almeno fra i più piccoli, ci sono anche segni di indebolimento dello stato d’animo più associato a questa sostanza: la depressione, indotta dalla droga sulle aree cerebrali che presiedono alla regolazione dell’umore e alle spinte ideative.
Il mondo dei giovanissimi sta infatti diventando meno cupo, meno dark, torna a colorarsi e, a volte, a sorridere. Non che spariscano di colpo i segni e i simboli degli ultimi anni di passione per il gotico: teschi, scheletrini, e larve sono ancora lì. Ma cambiano di segno, di significato: diventano ironici, meno oppressivi, spesso sorridenti. I teschietti, ormai bianchi e non neri, ammiccano da un angolo delle magliette, anch’esse non più nere ma molto colorate, dai braccialetti di stoffa che segnano la partecipazione ai concerti reggae, tanto da far dire al New York Times: “Il teschio è diventato il volto felice degli anni Duemila”.
Si dirà: ma perché un teschio, non potevano scegliere cose più allegre? Beh, la psiche fa quel che può, con i simboli che in quel momento le dicono qualcosa. Evidentemente per ora siamo arrivati all’osso, il terzo millennio dovrà trovare nuove polpe, nuove sostanze. Accontentiamoci: tra un teschio nero e disperato, magari urlante, ed uno bianco e sorridente in un mare di colore c’è una bella differenza. Di umore, di atmosfera, e di prospettive per chi lo indossa.
Anche i graffiti stanno andando verso una maggiore allegria, minor cupezza, alla ricerca di profondità.
A Milano, Alan Rizzi ha inaugurato alla Fabbrica del Vapore una mostra di questi nuovi writer (o del nuovo modo di disegnare sui muri dei vecchi). Anche qui colori, paesaggi simbolici, a volte quasi sereni. E addirittura 17 grandi tele disposte a forma di croce, come intervento nel dibattito sul crocifisso, ad opera del writer Zel ebrity 133, passato dalla pittura illegale a quella informale.
Nello stesso senso va la campagna di elogio degli “stupidi”, di un marchio sensibile al mondo dei giovanissimi come Diesel. La campagna contrappone gli “stupid” definiti come quelli che ascoltano il cuore, agli “intelligenti” (smart), quelli che ascoltano il cervello. Ha avuto subito un enorme successo e, da iniziativa commerciale, rischia di diventare un movimento.
Del resto era nata dall’osservazione di un modo di vivere. Quello appunto di quei giovanissimi giudicati stupidi, ma sorridenti e creativi.