DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Perchè la scienza del clima deve cambiare direzione

di Judith Carry*
Tratto dal sito Svipop il 2 marzo 2010

Il “climategate” si è ormai allargato al di là delle e-mail originali del centro CRU (Il Centro di Ricerche sul Clima dell'Univwersità East Anglia al centro dello scandalo delle e-mail 'rubate' che testimoniano 'aggiustamenti' sui dati climatici, ndt), e include "lo scandalo dei ghiacciai" e una miriade di altri problemi connessi con l'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change).

Nel rispondere al “climategate”, le istituzioni che si occupano di ricerca sul clima hanno fatto appello alla propria autorità, non capendo che il “climategate” è soprattutto una crisi di fiducia. Finalmente, in un editoriale pubblicato su Science il 10 febbraio Ralph Cicerone, Presidente della US National Academy of Science, comincia ad articolare la questione della fiducia: "Questo punto di vista riflette la natura fragile del rapporto fiduciario tra scienza e società, dimostrando che la percezione di un comportamento sbagliato anche di pochi scienziati può diminuire la credibilità della scienza nel suo insieme. Che cosa bisogna fare? Due aspetti hanno bisogno di urgente attenzione: la prassi generale della scienza e i comportamenti personali degli scienziati".

Anche se mi congratulo vivamente con le affermazioni del Dr. Cicerone, sarebbe stato meglio se fossero state fatte prima, e se tra quelle e una parte del pubblico non ci fosse la barriera costituita dal dover pagare per leggere quel testo. Purtroppo, il vuoto di dichiarazioni sostanziali da parte delle nostre istituzioni è stato riempito in modi che hanno reso la situazione molto peggiore. La credibilità è una combinazione di esperienza e fiducia. Mentre gli scienziati si ostinano a pensare che debbano essere considerati attendibili a causa della loro esperienza, il “climategate” ha chiarito che la competenza in sé non è una base sufficiente per avere la fiducia da parte del pubblico. La ricaduta del “climategate” è molto più ampia rispetto alle accuse di cattiva condotta da parte degli scienziati in due università.

Di maggiore importanza è la ridotta credibilità dei rapporti dell'IPCC, che stanno fornendo la base scientifica per le politiche internazionali sul cambiamento climatico. Recenti rivelazioni riguardo l’IPCC stesso hanno portato alla luce una serie di preoccupazioni, finora non espresse apertamente: il coinvolgimento di scienziati dell'IPCC nell’attivismo politico riguardo il clima; un tribalismo che esclude gli scettici; la hubris degli scienziati riguardo una nobile (Nobel) causa; l’allarmismo; e un'attenzione inadeguata alle incertezze e complessità delle interpretazioni alternative.

Gli scienziati coinvolti nella email CRU e l'IPCC sono stati difesi in quanto scienziati armati delle migliori intenzioni, che hanno cercato di fare il loro lavoro in un ambiente molto difficile. Viene data la colpa del presunto hackeraggio alla “lobby del negazionismo climatico". Essi sono descritti come combattenti in una valorosa guerra per tenere lontana dal pubblico una disinformazione propagata da scettici collegati all'industria del petrolio. Sono anche descritti come concentrati a far progredire la scienza, piuttosto che a fare del lavoro di pulizia come archiviare documenti e dati. Si dice che hanno dovuto adottare strategie non convenzionali per lottare contro ciò che pensavano essere un’interferenza dannosa, e che difendono la loro scienza in base ai loro anni di esperienza e alla loro perizia. Alcuni scienziati stanno sostenendo che il contenuto scientifico delle relazioni dell’IPCC non è compromesso dal “climategate”. Ma non è ancora possibile essere sicuri riguardo le ricadute specifiche del “climategate” in termini delle ricostruzioni di temperature storiche e preistoriche.

Ci sono poi preoccupazioni più grandi (sollevate dal glaciergate, ecc), in particolare per quanto riguarda il rapporto dell'IPCC sugli impatti (Working Group II): è possibile che una combinazione di “pensiero di gruppo“ (“groupthink“), attivismo politico e una sindrome da nobile causa abbiano soffocato il dibattito scientifico, rallentando il progresso scientifico e corrotto le procedure scientifiche di valutazione? Se le istituzioni stanno facendo il loro lavoro, le colpe di alcuni scienziati come individui dovrebbero essere rapidamente identificate, e l'impatto dei loro comportamenti dovrebbe essere limitato e rapidamente rettificato. Le istituzioni hanno poi bisogno di guardarsi allo specchio e chiedersi come abbiano consentito che si creasse una situazione del genere, e quali opportunità hanno perso al fine di prevenire tale perdita sostanziale di fiducia da parte del pubblico nella ricerca sul clima e nei rapporti IPCC.

Nella loro guerra sbagliata contro gli scettici, le e-mail CRU rivelano che i valori della ricerca di base sono stati compromessi. Molto è stato detto circa il ruolo del contesto altamente politicizzato, che ha fatto ritrovare gli scienziati stressati da un ambiente estremamente difficile. Non vi è dubbio che questo ambiente non sia favorevole per la scienza e gli scienziati abbiano bisogno di più sostegno da parte delle loro istituzioni nel gestire la situazione. Tuttavia, non c'è nulla in questa follia per cui valga la pena di sacrificare la propria integrità personale o professionale. Quando la scienza riceve quel tipo di attenzione, significa che la scienza è veramente importante per il pubblico. Pertanto, gli scienziati devono fare tutto il possibile per assicurarsi di comunicare efficacemente l'incertezza, il rischio, la probabilità e la complessità, e provvedere un contesto che comprenda punti di vista scientifici alternativi e in competizione fra loro.

Questa è una responsabilità importante che i singoli ricercatori e, in particolare, le istituzioni devono prendere molto sul serio. Singoli scienziati e istituzioni devono guardarsi allo specchio e capire come sia successo quello che è successo. Il “climategate” non se ne andrà fino a quando questi problemi non saranno risolti. La scienza è in definitiva un processo che si auto-corregge, ma visto che sul tavolo ci sono un trattato internazionale di grande rilievo e legislazione nazionale di ampia portata, la posta in gioco non potrebbe essere più elevata.

La natura cangiante dello scetticismo sul riscaldamento globale
Nel corso degli ultimi mesi, ho cercato di capire come sia venuto a crearsi questo folle ambiente intorno alla ricerca sul clima. Nelle mie indagini informali, ho ascoltato le prospettive di una vasta gamma di persone che sono state etichettate come "scettici" o addirittura "negazionisti". Sono arrivata a capire che lo scetticismo riguardo il riscaldamento globale è molto diverso oggi rispetto a cinque anni fa. Ecco come interpreto che lo scetticismo si sia evoluto nel corso degli ultimi decenni. Dal 1980, James Hansen e Steven Schneider hanno dato la carica per informare il pubblico sui rischi dei possibili cambiamenti climatici di origine antropogenica. Sir John Houghton e Bert Bolin hanno svolto un ruolo simile in Europa. A loro si sono affiancati gruppi di ambientalisti, e così è nato l’allarmismo riguardo il riscaldamento globale.

Durante questo periodo, vorrei dire che molti, se non la maggior parte dei ricercatori, me compresa, erano scettici che il riscaldamento globale fosse rilevabile dagli archivi delle temperature e che potesse avere conseguenze disastrose.

I tradizionali nemici dei movimenti ambientalisti hanno lavorato per contrastare l'allarmismo, ma questa era per lo più una guerra tra gruppi di attivisti e non una questione principale per i media e la opinione pubblica. Nel primi anni del XXI secolo, la posta in gioco è diventata più alta e abbiamo visto la nascita di quello che alcuni hanno definito una "monolitica macchina negazionista climatica". Ricerca “ scettica “ pubblicata da accademici ha fornito munizioni alle “think tank“, rifornite di denaro dall'industria petrolifera. Tutto questo è stato amplificato da “talk show” radiofonici e vari canali televisivi.

Nel 2006 e 2007, le cose sono cambiate a causa del film di Al Gore "An Inconvenient Truth", più il IV Rapporto IPCC, e il riscaldamento globale è diventato un colosso inarrestabile. Il motivo per cui il IV Rapporto IPCC sia stato così influente è che esisteva una diffusa fiducia nelle sue procedure: la partecipazione di un migliaio di scienziati provenienti da 100 paesi diversi, che hanno lavorato per diversi anni per scrivere 3000 pagine con migliaia di riferimenti scientifici “peer reviewed”, pagine a loro volta controllate da altri esperti. Inoltre, tutto ciò è avvenuto con la partecipazione di responsabili politici e sotto gli occhi attenti dei gruppi di attivisti, mettendo insieme una vasta gamma di interessi contrastanti. Il risultato dell'influenza dell’IPCC è stato che lo scetticismo scientifico da parte di ricercatori universitari è notevolmente diminuito ed è diventato più facile costruire orpelli intorno alle conclusioni dell'IPCC, piuttosto che “remare“ contro.

I finanziamenti da parte di Big Oil verso opinioni contrarie all'IPCC sono per lo più terminati e i mass-media hanno sostenuto il consenso IPCC. Nella blogosfera invece c’è stato un movimento diverso, avviato da Steve McIntyre, movimento che definisco come i “revisori climatici”. Le istituzioni coinvolte nella ricerca sui cambiamenti climatici non sono riuscite a capire questa evoluzione dinamica, e hanno continuato a dare colpa dello scetticismo alla “macchina negazionista” finanziata dalle compagnie petrolifere.

I revisori climatici e la blogosfera.
Steve McIntyre ha iniziato il blog climateaudit. org per difendersi dalle accuse e affermazioni sul blog realclimate. org riguardo la sua critica allo "Hockey Stick", in quanto non vedeva pubblicati i suoi commenti. Climateaudit si è concentrato sulla verifica delle ricostruzioni paleoclimatiche dell’andamento delle temperature nel corso dei millenni passati, e anche del software utilizzato dai ricercatori climatici per risolvere i problemi nei dati dovuti alla scarsa qualità delle stazioni meteo. L’"auditing", la “revisione e verifica” di McIntyre è diventata molto popolare, non solo con gli scettici, ma anche con la comunità progressista "open source", ed esiste adesso una serie di blog specializzati nel genere. Quello con il pubblico più vasto è wattsupwiththat. com, guidato dal meteorologo Anthony Watts, con oltre 2 milioni di “visite uniche” ogni mese.

Allora, chi sono i “revisori del clima“? Sono persone tecnicamente istruite, che vivono soprattutto al di fuori del mondo accademico. Diverse persone hanno sviluppato notevoli competenze in vari aspetti della scienza del clima, anche se principalmente riguardo la verifica della ricerca scientifica pubblicata, piuttosto che per produrne di originale. Tendono ad essere “watchdogs”, “controllori” piuttosto che negazionisti, e molti di loro si classificano come "tiepidi" [credono cioè nel riscaldamento globale ma non ritengono che sia un problema così grande]. Sono indipendenti dalle influenze dell'industria petrolifera. Hanno trovato una voce collettiva nella blogosfera e i loro blog sono spesso ripresi dai mass-media. Esigono una maggiore responsabilità e trasparenza delle ricerche sul clima e dei rapporti IPCC.

Cosa ha dunque motivato le loro richieste “FOIA“ di libero accesso alle informazioni e messaggi del centro CRU presso l'Università di East Anglia? Lo scorso fine settimana, ho partecipato a una discussione su questo tema sul blog “The Blackboard”. Tra i partecipanti a questa discussione anche Steven Mosher, il primo a parlare del “climategate” e che ha già scritto un libro a quel riguardo. Mosher e gli altri sono preoccupati riguardo una possibile e involontaria parzialità nei dati di temperatura CRU, visto che le stesse persone che mettono insieme le temperature le utilizzano poi nella ricerca e nella verifica dei modelli climatici.

Questo problema vale anche per i dati GISS della NASA e per il lavoro svolto fra il CRU e il Centro Hadley, ed è peggiorato dalla scelta di James Hansen del GISS di diventare un attivista politico, con le sue previsioni per il futuro riguardo "gli anni più caldi". La ricerca medica è stata a lungo messa in discussione riguardo una simile parzialità, che è il motivo per cui si conducono studi in “doppio cieco“ quando si voglia provare l'efficacia di un trattamento medico. Eventuali pregiudizi e parzialità potrebbero essere individuati da un’analisi indipendente dei dati, tuttavia le persone al di fuori di una cerchia ristretta non sono state in grado di ottenere l'accesso alle informazioni necessarie per passare dai dati grezzi al prodotto finale dell’analisi.

Inoltre, la creazione di insiemi di dati delle temperature superficiali è stata trattata come un progetto di ricerca qualunque, senza alcuna enfasi sulla analisi di qualità dei dati, e senza alcun controllo indipendente. Data l'importanza di questi dati sia per la ricerca scientifica che per le decisioni governative, gli scettici pensano sia richiesta una maggiore responsabilità nei confronti del pubblico. Perché dunque i ricercatori climatici hanno problemi con i “revisori”?

Gli scienziati coinvolti nella email CRU sembrano considerare Steve McIntyre come il loro arcinemico (termine coniato da Roger Pielke Jr). Le prime critiche di Steve McIntyre allo Hockey Stick sono state denigrate, ed egli descritto come una marionetta dell'industria petrolifera. Ne è seguita una specie di lotta/guerriglia a livello accademico e blogosferico, con i ricercatori che hanno tentato di impedire che i revisori pubblicassero su riviste scientifiche e presentassero il loro lavoro in occasione di conferenze, e hanno cercato di negare loro l'accesso ai dati dietro le ricerche pubblicate e ai programmi per computer da loro usati. I blogger hanno risposto pubblicando testi molto critici nella blogosfera, e facendo richieste “FOIA” in base alla legge sull’accesso alle informazioni pubbliche. E il “climategate” è stato il risultato.

Come ha fatto questo gruppo di blogger a riuscire a far cadere in ginocchio le istituzioni di ricerca sul clima (questo è quanto è successo, che quelle istituzioni se ne rendano conto o meno)? Ancora una volta, la fiducia gioca un ruolo importante. Era abbastanza facile capire da dove venisse il denaro connesso alla "macchina negazionista". Ma i revisori climatici non sembrano avere una piattaforma politica, stanno facendo questo lavoro gratis, e hanno giocato il ruolo del “watchdog", il che ha generato fiducia in un ampio segmento della popolazione.

Come ricostruire la fiducia.
Ricostruire la fiducia con il pubblico sul tema della ricerca sul clima inizia con quanto detto da Ralph Cicerone: "Due aspetti hanno bisogno di attenzione urgente: la prassi generale della scienza e i comportamenti personali degli scienziati". Molto è stato scritto circa la necessità di una maggiore trasparenza, il riformare il "peer-to- peer", e così via, e spero che le istituzioni competenti rispondano in modo appropriato. Indagini su eventuali comportamenti fuori dalle regole sono in corso presso l'Università di East Anglia nel Regno Unito e la Penn State University negli USA.

Qui vorrei sollevare alcune questioni più ampie che richiedono una riflessione sostanziale da parte di istituzioni e anche singoli scienziati. La ricerca sul clima e le sue istituzioni non si sono ancora adeguate alla propria alta rilevanza politica. Come gli scienziati possano in maniera più efficace e corretta confrontarsi con il processo della politica è un argomento che non è stato adeguatamente discusso (per esempio la sfida del "mediatore onesto" lanciata da Roger Pielke Jr), e i ricercatori del clima sono scarsamente informati a questo proposito.

Il risultato è stato un supporto acritico dell'agenda politica della UNFCCC (il mercato delle emissioni, per esempio) da parte di molti climatologi che sono coinvolti nel dibattito pubblico (in particolare quelli che hanno collaborato all’IPCC), supporto a loro avviso che è la logica conseguenza dei risultati IPCC (che si presumono non avere indicazione politica). Il disinformato attivismo politico da parte di questo gruppo di scienziati del clima ha giocato un ruolo nella polarizzazione politica di questo problema. L'interfaccia tra scienza e politica è un vero pantano, ed è molto importante che gli scienziati abbiano una guida per navigare fra le potenziali insidie.

Migliorare questa situazione potrebbe contribuire a disinnescare l’ostilità ambientale che gli scienziati coinvolti nel dibattito pubblico si sono trovati a dover affrontare, e contribuirebbe anche a ripristinare la fiducia del pubblico nei climatologi. La impossibilità da parte del pubblico e dei responsabili politici di comprendere la verità così come presentata dall’IPCC è stata spesso attribuita a una difficoltà di comunicare una materia così complessa a persone che conoscono relativamente poco dell’argomento, e che vengono indicate negli USA dal giornalista Chris Mooney come "l’America non-scientifica". Si fanno sforzi per "rendere piu’ sempliciotto" il messaggio e per inquadrarlo in modo da rispondere a questioni che sono importanti per il pubblico.

La gente ha sentito l'allarme, ma rimane non-convinta perché percepisce che ci sia una agenda politica e le manca la fiducia nel messaggio e nei messaggeri. Allo stesso tempo, c'è un folto gruppo di persone colte che danno molta importanza all’evidenza dei fatti (ad esempio, i libertari, le persone che leggono i blog tecnici/scettici, per non parlare dei politici) che vogliono comprendere i rischi e le incertezze associati al cambiamento climatico, senza sentirsi dire che tipo di politiche dovrebbero appoggiare.

Strategie di comunicazione più efficaci possono essere messe a punto che riconoscano come ci siano due gruppi con diversi livelli di conoscenze di base sull'argomento. Ma costruire la fiducia attraverso la comunicazione pubblica su questo argomento richiede che venga riconosciuta l'incertezza. La mia esperienza nel fare presentazioni al pubblico sui cambiamenti climatici mi dice che discutere le incertezze aumenta la fiducia del pubblico in ciò che gli scienziati stanno cercando di comunicare, e non impatta negativamente la ricettività riguardo la comprensione dei rischi da cambiamento climatico (non hanno fiducia nell’allarmismo).

La fiducia può essere ricostruita attraverso la discussione di grandi scelte piuttosto che concentrandosi su politiche specifiche. E, infine, la blogosfera può essere uno strumento molto potente per aumentare la credibilità della ricerca sul clima. I “duelli dei blog“ (ad esempio climateprogress. org contro wattsupwiththat. com e realclimate. org contro climateaudit. org) possono effettivamente migliorare la fiducia del pubblico nella scienza, visto che mostrano entrambi i lati degli argomenti in discussione.

Discutere la scienza con gli scettici dovrebbe essere il sale della vita accademica, e invece i ricercatori del clima hanno perso tutto ciò in un modo o nell’altro, pensando erroneamente che gli argomenti scettici avrebbero diminuito la fiducia del pubblico nel messaggio proveniente dalle istituzioni di ricerca sul clima. Tale dibattito è vivo e vegeto nella blogosfera, ma pochi ricercatori climatici di punta partecipano al dibattito blogosferico. I climatologi a realclimate. org sono stati pionieri da questo punto di vista, e altri ricercatori del clima provenienti dal mondo accademico e dotati di blog sono Roy Spencer, Roger Pielke Sr e Jr, Richard Rood, e Andrew Dessler.

I blog che sono più efficaci sono quelli che permettono osservazioni da entrambi i lati del dibattito (molti blog sono [invece] fortemente censurati). E se la blogosfera ha un che del "selvaggio west", ho sicuramente imparato molto dai partecipanti al dibattito blogosferico, compreso il modo di affinare il mio pensiero e migliorare la retorica dei miei argomenti. Ulteriori voci scientifiche che entrino nel dibattito pubblico, in particolare nella blogosfera aiuterebbero nell’ampio sforzo della comunicazione e nel ristabilire la fiducia. E abbiamo bisogno di riconoscere i movimenti emergenti nel mondo che vive su Internet, dei revisori e dei fautori dell’“open source”, e farne un uso produttivo.

L'apertura e la democratizzazione della conoscenza permesse da Internet possono essere uno strumento formidabile per la costruzione di una comprensione da parte del pubblico della scienza del clima, e anche della fiducia nella ricerca sul clima. Nessuno crede veramente che la scienza sia "stabilita" o che "il dibattito è finito". Scienziati e altri che dicono questo sembrano voler portare avanti un loro programma politico. Non c'è niente di più dannoso per la fiducia del pubblico che tali dichiarazioni.

E, infine, mi auguro che questo esperimento blogosferico dimostri come la diversità dei vari blog possa essere utilizzata collettivamente per generare idee e discuterne, per portare un po’ di sanità mentale a tutta questa situazione che riguarda la politicizzazione della scienza del clima, e per ricostruire un rapporto di fiducia con il pubblico.

* Georgia Institute of Technology
(Traduzione di Maurizio Morabito)

Il testo originale di Judith Carry si può trovare a questo indirizzo:

http://curry.eas.gatech.edu/climate/towards_rebuilding_trust.html