DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Bimbo caldeo ucciso a Mosul I vescovi: cristiani terrorizzati

DI F RANCESCA B ERTOLDI
N
on basta più tenerli chiusi in casa, costringerli a rimanere anche quando quando vorrebbero uscire a giocare, strattonarli per strada per fare presto a tornare. Non basta più esercitarsi quotidianamente nell’arte di garantire una vita decente ai bambini riuscendo, nello stesso tempo, a proteggerli dalla follia. La violenza, a Mosul, ormai arriva a prenderseli in casa, terrorizzando genitori incolpevoli che non sanno più cosa fare. È successo sabato mattina alla famiglia di Ramzy Balbole, cristiano con moglie e tre figli: una bomba fatta esplodere nei pressi della sua abitazione, in un quartiere della città nord­irachena, ha provocato la morte del suo bambino di tre anni. La comunità di fedeli ha paura, sempre di più. Non c’è modo di difendersi, non c’è modo di difendere i più piccoli, i più deboli. Monsignor Emil Shimoun Nona, a guida della diocesi caldea, ha detto che l’uccisione del bambino, morto in ospedale per le ferite riportate nell’attacco, ha creato il panico nella comunità cristiana locale. Nona ha raccontato al Sir che «secondo la polizia l’attentato non era diretto all’abitazione della famiglia cristiana ma, forse, ad una chiesa vicina». E ha descritto la dinamica dell’accaduto: «I terroristi, due, si sono avvicinati all’area ma sono stati scoperti dalla polizia – ha spiegato –. Così si sono dati alla fuga lasciandosi dietro l’ordigno che è esploso vicino alla casa del bambino».
Altri componenti della famiglia sono ricoverati in ospedale, e l’abitazione ha subito gravi danni. «Speriamo che il prossimo
governo sappia arginare questa violenza – ha aggiunto l’arcivescovo –. La popolazione ha bisogno di riconciliazione, di pace e di stabilità, condizioni necessarie per riprendere la via della rinascita. Siamo ottimisti perché notiamo anche la speranza e la voglia del popolo di camminare in questa direzione».
Un invito ad «attendere tempi migliori» è arrivato anche da
monsignor George Casmoussa, arcivescovo siro-cattolico della città, che a Fides ha parlato di «fedeli cristiani terrorizzati».
«Speriamo in un governo forte che porti pace e giustizia in Iraq.
Un governo che non difenda interessi di gruppi religiosi, etnici o di fazioni politiche, ma che guardi con lungimiranza al bene comune del Paese», ha detto Casmoussa. Ha parlato invece di «attacco brutale» il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, monsignor Shlemon Warduni.
Non l’unico attacco, purtroppo, di questi ultimi giorni. Tre autobomba sono esplose ieri nella città santa sciita di Karbala, a sud di Baghdad. Dodici i morti, secondo in primi bilanci; una trentina i feriti. Il Paese assiste con fiato sospeso allo svolgersi del lungo processo elettorale dopo il voto del 7 marzo, che ha consegnato una vittoria di misura all’ex premier Iyad Allawi. Ma se la politica sembra aver trovato una strada, sul terreno vince ancora la destabilizzazione.