DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Evangelium Vitae, i 15 anni dell’enciclica «laica». di Giacomo Samek

Esattamente 15 anni fa, il 25 marzo del 1995, Giovanni Paolo II firmava l’enciclica Evangelium vitae sul valore e l’inviolabilità della vita umana. La data non fu casuale, dato che il 25 marzo la Chiesa festeggia l’Annunciazione a Maria, cioè il concepimento di Gesù, l’inizio della sua vita terrena. Ma questo riferimento teologico non deve affatto far pensare che l’enciclica sia un testo confessionale, rivolto solo ai credenti.
Infatti, uno dei grandi meriti di Evangelium vitae risiede nell’attuazione di un metodo che gli stessi credenti dovrebbero utilizzare, cioè il metodo che adotta l’argomentazione razionale ('laica' come si usa dire oggi) accanto alla riflessione teologica. Il Papa usa infatti un doppio registro di considerazioni, alternando riflessioni teologiche ad argomenti razionali, i quali possono essere condivisi da chiunque.
Per contro, malauguratamente, molti credenti pensano erroneamente che l’impegno della Chiesa per la tutela e la promozione della vita umana dal concepimento alla morte naturale, e quindi l’opposizione a pratiche come l’aborto, la fecondazione artificiale, la manipolazione degli embrioni, l’eutanasia, ecc., sia svolto solo alla luce della fede e quindi fuori luogo nel dibattito pubblico.

N
on è ovviamente qui possibile realizzare una sintesi soddisfacente di Evangelium vitae, perciò ci limitiamo solo a qualche cenno, rimandando alla lettura integrale del testo (reperibile, per esempio, su ), che certifica con evidenza come sia erroneo asserire – come fa qualcuno – una discontinuità tra l’insegnamento di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI: Evangelium vitae è un punto di riferimento fondamentale per il Magistero della Chiesa e l’insistenza dell’attuale Pontefice sul primato dei «valori non negoziabili» (vita, famiglia fondata sul matrimonio tra l’uomo e la donna, libertà religiosa e libertà di educazione), richiamati anche dal cardinale Bagnasco lunedì, rilancia il discorso del precedente Papa, che ha innumerevoli volte difeso strenuamente la persona umana, e quindi la sua vita, con iniziative, discorsi e documenti.
Per esempio, per quanto riguarda il primato del diritto alla vita, Giovanni Paolo II scrive in Evangelium vitae che «Solo il rispetto della vita può fondare e garantire i beni più preziosi e necessari della società, come la democrazia e la pace. Infatti, non ci può essere vera democrazia, se non si riconosce la dignità di ogni persona e non se ne rispettano i diritti.
Non ci può essere neppure vera pace, se non si difende e promuove la vita, come ricordava Paolo VI: 'Ogni delitto contro la vita è un attentato contro la pace'».

L’

enciclica proclama l’intangibile diritto di ogni uomo a vedere categoricamente rispettato il suo diritto alla vita (anche se ci sono casi particolari, per esempio la legittima difesa, che non possiamo qui spiegare), dato che
la persona umana ha un valore incommensurabile. In forza di questo decisivo 'sì alla persona' e dunque di questo 'sì alla vita dell’uomo', Evangelium vitae e la Chiesa non si stancano di dare voce, con immutato coraggio, a chi non ha voce: il concepito, il malato terminale, il disabile perché affetto da un handicap o in stato cosiddetto 'vegetativo' (termine che è già una manipolazione linguistica perché fa pensare che il soggetto in questione non sia persona bensì un vegetale). Da questo 'sì' scaturisce la condanna delle pratiche sopra menzionate.

P
er esempio, l’enciclica definisce l’aborto come «abominevole delitto» (e lunedì Bagnasco l’ha riecheggiata parlando di «delitto incommensurabile»): infatti, «dal momento in cui l’ovulo è fecondato, si inaugura una vita che non è quella del padre o della madre, ma di un nuovo essere umano che si sviluppa per proprio conto. Non sarà mai reso umano se non lo è stato fin da allora. A questa evidenza di sempre... la scienza genetica moderna fornisce preziose conferme. Essa ha mostrato come dal primo istante si trovi fissato il programma di ciò che sarà questo vivente […] con le sue note caratteristiche già ben determinate. Fin
dalla fecondazione è iniziata l’avventura di una vita umana, di cui ciascuna delle grandi capacità richiede tempo, per impostarsi e per trovarsi pronta ad agire».
Del resto, è tale la posta in gioco che, per il principio di precauzione (in altre occasioni invocato a sproposito, ma qui ineccepibile) «basterebbe la sola probabilità di trovarsi di fronte a una persona per giustificare la più netta proibizione di ogni intervento volto a sopprimere l’embrione umano».
Evangelium vitae denuncia altresì le manipolazione linguistiche, che nascondono la verità dei fatti: per esempio «interruzione volontaria di gravidanza», talvolta abbreviata IVG, per non nominare l’aborto, oppure «prodotto del concepimento» o «pre-embrione» per non parlare del concepito, ecc.
Ancora, Evangelium vitae critica duramente l’eutanasia (biasimando nel contempo l’accanimento terapeutico), la quale, anche quando non è motivata dal rifiuto egoistico di prendersi cura di chi soffre, è una «falsa pietà», anzi una preoccupante «perversione» di essa: la vera «compassione», infatti, «rende solidale col dolore altrui, non sopprime colui del quale non si può sopportare la sofferenza».

I
noltre, l’enciclica afferma con decisione che, in rapporto ad «una legge intrinsecamente ingiusta, come è quella che ammette l’aborto o l’eutanasia, non è mai lecito conformarsi ad essa, né partecipare ad una campagna di opinione in favore di una legge siffatta, né dare ad essa il suffragio del proprio voto»; ovviamente «non basta eliminare le leggi inique. Si dovranno rimuovere le cause che favoriscono gli attentati alla vita, soprattutto assicurando il dovuto sostegno alla famiglia e alla maternità: la politica familiare deve essere perno e motore di tutte le politiche sociali».
Alla radice di queste pratiche, spiega Giovanni Paolo II, un ruolo considerevole lo gioca il relativismo (altra consonanza con Benedetto XVI), che nega la possibilità di conoscere la verità sulla realtà e quindi anche sull’uomo, sulla sua inviolabilità appunto, finendo per affermare che «tutto è negoziabile».


© Copyright Avvenire 25 marzo 2010