Roma. Emma Bonino, putacaso, vince
la regione Lazio. Per ora è immaginazione,
ma c’è già chi, nel Pd, immaginando
scherza amaro sulla possibile (fastidiosa)
moltiplicazione di frasi simili a quella
detta da Bonino durante la videochat della
Stampa: “Il Pd è in una fase convulsa.
Un partito che riesce a far fuori due segretari
in due anni non gode di moltissima
salute”. Non si può dire, in effetti, che
Bonino brilli per generosità nei confronti
del segretario democratico – ma tanto
lui ha sempre risposto con un “Emma è
una fuoriclasse” a chi criticava la sua
scelta di accodarsi all’autocandidata nota
per le battaglie su divorzio e aborto e
ai (pochi) cattolici democratici che dai
blog gli chiedevano: “Pier Luigi,
ma ti rendi conto chi
ci siamo messi in casa?”.
Tuttavia l’abitudine
della candidata
radicale a esternare
severamente sui guai
del Pd è nulla in confronto
ai piccoli e
grandi grattacapi
che i primi cento
giorni di Emma
Bonino governatrice
potrebbero
portare (non solo
al Pd) in caso di vittoria,
al netto delle lamentele degli arrabbiati
della sinistra ex arcobaleno sulla
Bonino liberista e dei cinematografari
puri spaventati dall’equidistanza di Bonino
tra cinema e fiction. La candidata, di
suo, martella parecchio sulle cliniche private
convenzionate che dovrebbero passare
a un regime di “trasparenza dei letti”,
uniformandosi agli ospedali per disponibilità.
Il fatto che molte cliniche private
convenzionate siano cattoliche è già
un pungolo d’ansia per qualche dirigente
del settore, impensierito all’idea che le
storiche convinzioni boniniane possano
in qualche modo dirigere la scure “pro
trasparenza dei letti” soprattutto sulle
cliniche cattoliche. Sul settore pubblico,
d’altro canto, la candidata non manca di
far balenare la cacciata dei partiti dalla
sanità e l’introduzione di un sistema di
“valutazione su personale e assenze” –
provvedimenti che, se attuati, creerebbero
grane anche al centrosinistra (che conta
molti addentellati negli ospedali). Un
esponente del Pd, immaginandosi tra un
mese con Bonino governatrice, prevede
non tanto “una deriva zapaterista sui
grandi temi”, bensì “una minuziosa e capillare
campagna radicale contro gli enti
ecclesiastici sul territorio”, sul genere di
quella lanciata dai Radicali nel 2007 contro
gli enti ecclesiastici proprietari di immobili
a Roma, accusati (con risonanza
sulla Stampa) di “sfrattare i poveri per
dare i palazzi ai ricchi”. Fatto sta che a
Roma comincia a circolare la battuta:
“Non è che la Bonino smantella pure il
Bambin Gesù?”.
Ma i fastidi maggiori potrebbero venire
(a laici e cattolici indistintamente) dall’applicazione
della “trasparenza
dei letti” ad altri campi:
Bonino promette infatti
trasparenza sulle nomine,
trasparenza
sui conti, trasparenza
sui processi
e persino un assessore
alla trasparenza
– e c’è chi teme che,
dietro la bandiera della
“trasparenza”, possano in
futuro passare, con corredo
di piazze situazioniste a far
pressione, iniziative di
ispirazione pannelliana cui
il Pd non potrà, pur volendo,
dire no (senza contare che l’assessore alla
Trasparenza potrebbe essere estratto
dal cassetto radicale e non da quello democratico).
Alla trasparenza si aggiunge
l’idea gemella della “premialità e sanzione”
– Bonino vuole “monitorare” ogni tre
anni l’attività dei dirigenti, pare secondo
il modello delineato da Piero Ichino (le
lamentele dei dirigenti presso il Pd sono
già in viaggio). Né il chiodo fisso dei rifiuti,
per cui Bonino promette viaggi a
Bruxelles per evitare condanne Ue, eviterà
in prospettiva il malumore di chi, a
sinistra, si era immaginato un passaggio
più soft ai modelli europei. Passata la buriana
tra staff di Emma Bonino e staff del
senatore democratico Lucio D’Ubaldo,
responsabile del programma, per via dell’antica
avversione di D’Ubaldo ai registri
sulle unioni civili ai tempi di Veltroni, chi
assicura che la pace reggerà in caso di
elezione, accanto a Emma, degli attivisti
pro coppia di fatto che abbondano nella
lista (Bonino) e nel listino?
© Copyright Il Foglio 26 marzo 2010