DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il ventunesimo corso sul foro interno alla Penitenzieria Apostolica La misericordia cristiana è per tutti

"Una pastorale che si ispira al Vangelo non può e non deve mai far disperare nessuno". Ruota intorno a questo principio il ventunesimo corso sul foro interno che, organizzato dalla Penitenziaria Apostolica, si svolge in questi giorni a Roma, nel Palazzo della Cancelleria. Ai lavori, iniziati lunedì 8 marzo e che si concluderanno venerdì 12, partecipano settecento sacerdoti, in buona parte giovani.
Durante le cinque giornate di approfondimento vengono affrontate realtà e problematiche legate al sacramento della penitenza, che il confessore è chiamato ad affrontare nell'esercizio del suo ministero. Obiettivo del corso, come ha spiegato nella giornata inaugurale il vescovo Gianfranco Girotti, reggente della Penitenzieria Apostolica, è di far capire che la Chiesa in tutti i suoi interventi ha sempre mostrato e mostra "attenzione e premura nel venire incontro anche a situazioni umanamente tanto difficili da sembrare irrisolvibili". Concetto che il presule ha poi ripreso durante la seconda giornata del corso, quando si è soffermato sugli atteggiamenti da assumere nei confronti di alcune categorie speciali di penitenti e in condizioni particolari.
Il vescovo si è riferito in particolare alle situazioni matrimoniali irregolari, dinanzi alle quali la Chiesa sembra trovarsi di fronte a un dilemma insolubile. "Infatti - ha detto monsignor Girotti - se in questi casi amministra i Sacramenti, dà l'impressione di porsi in contrasto con Cristo, che considera e condanna come adulterio le nuove nozze contratte dopo il divorzio: ma anche se rifiuta i Sacramenti dà l'impressione di non agire secondo lo spirito di Gesù, che ha compassione dei peccatori". Tuttora, ha spiegato, la dottrina e la prassi ufficiale della Chiesa cercano di percorrere "una via fedele al mandato rivoltole dal suo Signore, che è quello di amministrare il perdono e la misericordia di Dio" cercando di sanare, laddove è possibile, e comunque di proporre soluzioni tali da consentire l'accesso ai sacramenti. Nel caso dei divorziati e risposati civilmente, davanti all'impossibilità di ripristinare la situazione precedente, cioè separandosi dal nuovo compagno - perché ci sono magari figli piccoli o in caso di esigenze gravi di carattere economico o in caso di malattia di uno dei due - "il confessore può proporre: l'impegno di interrompere la reciproca vita sessuale, e in particolare i rapporti coniugali; il pentimento sincero; l'impegno di trasformare in amicizia e aiuto vicendevoli la convivenza "matrimoniale"; la richiesta della comunione eucaristica in una Chiesa ove non sono conosciuti, per evitare lo scandalo. Se vi è scandalo dovranno recarsi in altri luoghi".
Resta comunque il fatto che l'atteggiamento della Chiesa di fronte ai divorziati "è sempre quello della misericordia e dell'amore" perché non si tratta di persone "che devono essere cacciate o scomunicate". In una parola "non devono sentire la Chiesa intollerante, matrigna, ma sempre madre attenta e comprensiva". Quanto all'atteggiamento che deve tenere il confessore in questi casi monsignor Girotti ha ricordato che egli "non può seguire il proprio gusto, ma deve orientarsi secondo criteri oggettivi della dottrina e della vita della Chiesa. Egli è il custode e l'amministratore dei sacramenti della Chiesa e non già il padrone".
Un settore nel quale il confessore ordinariamente deve dimostrare un particolare impegno, è quello che riguarda la categoria di sacerdoti, o di religiosi e religiose, di candidati al sacerdozio o alla vita consacrata. L'atteggiamento che con tali persone ogni confessore deve avere - ha ricordato in proposito il vescovo - è quello che fa di lui un "giusto giudice e un buon medico dello spirito". Ciò significa anche che, di fronte a consacrati soggetti a disordini morali gravi e costanti, è tenuto a divenirne consigliere e cercare di indurlo a chiedere la dispensa.
Infine il reggente della Penitenzieria si è soffermato su alcune condizioni particolari dei penitenti. Si è riferito a quanti manifestano situazioni psicopatologiche, parapsicologiche, o anche diaboliche. Casi nei quali il confessore è tenuto a "non improvvisarsi psicologo" ma a chiedere l'intervento di esperti. Ha trattato poi il caso di confessione di fenomeni mistici, dinanzi ai quali "sarebbe male sia la credulità superficiale, sia lo scetticismo sistematico. Nell'approccio con i cosiddetti scrupolosi, quelli cioè che continuano a confessare le stesse colpe, anche rivolgendosi a più sacerdoti, nel dubbio continuo di non essere stati ben compresi, in questi casi - ha spiegato - è bene consigliare un confessore stabile nel quale riporre fiducia completa.
Infine il vescovo ha proposto il caso dei recidivi, quelli che ricadono nella stessa colpa. La raccomandazione per il confessore è il discernimento della manifestazione di una benché minima buona volontà a non commettere più lo stesso peccato, poiché, in mancanza di questa manifestazione e a meno che non si tratti di impulsi incoercibili, dunque vera malattia, il confessore non deve concedere l'assoluzione. Non si tratta di un gesto punitivo, ha precisato il vescovo, ma soltanto del compimento del proprio dovere poiché non sussistono le condizioni per la validità del Sacramento. In ogni caso, e questo vale per ogni tipologia di penitente, il confessore deve avere "molta pazienza", deve mostrarsi "accogliente, sereno e non frettoloso" perché dal suo atteggiamento deriva quello futuro del penitente.
Di atteggiamenti aveva parlato, nella giornata inaugurale del corso, il gesuita Ivan Fucek, teologo della Penitenzieria Apostolica, trattando il tema "Il foro interno: realtà e problematiche". Dopo aver riproposto il criterio di distinzione tra foro interno e foro esterno incentrato sull'esercizio pubblico od occulto della potestà di giurisdizione, ha focalizzato l'attenzione dei corsisti sugli effetti che tale esercizio comporta. Ha fatto alcuni esempi: il voto di castità è un impedimento matrimoniale occulto, per cui la dispensa che ne potrebbe derivare dalla Penitenzieria appartiene al foro interno. Ma - ha spiegato - se l'impedimento divenisse pubblico, perché magari la comunità ne viene a conoscenza, allora dal foro interno si passerebbe a quello esterno; non ci sarebbe più bisogno di dispensa per questo foro, solo se venisse presentato il documento di dispensa conservato nell'archivio segreto. Un altro esempio. Se due persone contraggono matrimonio segretamente, esso resta valido come se fosse celebrato pubblicamente, nei due fori. Tuttavia se dal foro interno dovesse passare al foro esterno, cioè dovesse essere conosciuto alla comunità, ci sarebbe bisogno delle prove dell'avvenuta celebrazione e il documento conservato nell'archivio segreto dovrebbe essere pubblicato e trascritto nell'archivio del comune in cui è stato celebrato. Padre Fucek ha poi completato l'illustrazione della disciplina ecclesiastica circa i due fori, si è soffermato sugli organi del foro interno, sulle materie relative e sulla vastità delle problematiche attinenti. E ha concluso con una nota finale in cui ha dettato regole per capire e fare propria la materia, una nota valida, ha avvertito, per ogni studio: "comprendere, apprendere, esplicare, applicare".
Particolarmente significativo il dibattito con il quale si concludono sempre le giornate di studio. Lo guida l'arcivescovo Fortunato Baldelli, Penitenziere maggiore, il quale presiede tutti i lavori.


(©L'Osservatore Romano - 10 marzo 2010)