DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La confessione di un medico ex abortista Il dottor Bernard Nathanson svela le tecniche per ingannare l’opinione pubblica sul tema dell'aborto

di Antonio Gaspari

Sopprimere bambini e bambine prima che nascano è quanto di più assurdo e crudele l’umanità possa fare, ma una certa cultura è riuscita far credere che abortire sia addirittura un diritto. Il dott. Bernard Nathanson, famoso ginecologo di New York, uno dei fondatori, nel 1968, della Association for the Repeal of the Abortion Laws (NARAL), (Associazione Nazionale per la legalizzazione dell’aborto) ha raccontato in diversi libri e conferenze, le tecniche di propaganda utilizzate per costringere la Corte Suprema degli Stati Uniti ad emettere la decisione che, nel 1973, legalizzò l’aborto.

Si tratta di tecniche e argomentazioni utilizzate in tutti i paesi dove è stata legalizzata l’interruzione volontaria di gravidanza. Nella sua autobiografia The Hand of God (La mano di Dio), ristampata in edizione rinnovata nel gennaio del 2007, il medico americano racconta di essere stato il primario del Centro per aborti più grande del mondo, il "Centro per la salute sessuale e riproduttiva" (Crash), di New York. In undici anni, dal febbraio 1972 al settembre 1983, come fondatore e direttore di questa clinica, con 35 medici alle sua dipendenze, Nathanson ha effettuato 60.000 aborti, altri 15.000 li ha praticati nel suo laboratorio. Fu sul finire degli anni Settanta, quando iniziò ad avvalersi delle nuove tecnologie che consentivano di osservare l’embrione nel seno materno, che il medico americano cominciò ad avere i primi ripensamenti.Nel 1984, coadiuvato da una femminista americana, gli fu chiesto di filmare un aborto per aspirazione, al terzo mese di gestazione, ma non immaginava cosa avrebbe trovato. Nel filmare il bambino che stava per essere abortito Nathanson vide il feto che con le mani si difendeva e non voleva essere aspirato. Pur nel liquido amniotico il bambino aveva aperto la bocca per gridare, perché avvertiva un pericolo. Nathanson ha confessato: "Sono rimasto così sconvolto dal vedere ciò che avevo fatto che, uscito per un momento dalla stanza, sono tornato per terminare il montaggio del filmato ma non ho mai più fatto aborti in vita mia". Anche la femminista, sconvolta per quello che aveva visto, cioè per l'omicidio in diretta di un piccolo essere umano innocente, non trattò più il tema dell'interruzione di gravidanza.
Da quel momento Nathanson divenne un militante contro l’aborto. Quel film che doveva essere a favore dell'aborto è diventato un film per il diritto alla vita, diffuso in tutto il mondo: Il grido silenzioso. Il medico americano, di origini ebraiche ma ateo, iniziò un cammino di conversione che lo ha portato nel 1996 a battezzarsi e diventare cattolico. Ha scritto Nathanson nella prima edizione (1996) del suo libro “La mano di Dio”, “Per me Dio era la figura minacciosa, maestosa e barbuta del Mosé di Michelangelo. Quello era il mio Dio: terribile, dispotico, implacabile. Ma, poi, ho conosciuto il vero Dio, che nel suo infinito amore ha voluto mostrarmi la strada verso la redenzione e il perdono attraverso la Grazia”.
In diversi interventi pubblici Nathanson ha raccontato che quando iniziò la campagna per far legalizzare l’aborto la maggioranza degli americani era contraria. Il medico americano ha rivelato “Cominciammo convincendo i massmedia che quella per la liberalizzazione dell’aborto era una battaglia liberale, progressista ed intellettualmente raffinata. Sapendo che se fosse stato fatto un vero sondaggio ne saremmo usciti sonoramente sconfitti, semplicemente inventammo i risultati di falsi sondaggi. Annunciammo ai media che dai nostri sondaggi risultava che il 60% degli Americani era favorevole alla liberalizzazione dell’aborto. Questa è la tecnica della bugia che si auto-realizza: poche persone, infatti, desiderano stare dalla parte della minoranza. Raccogliemmo ulteriori simpatie verso il nostro programma inventando il numero degli aborti illegali praticati ogni anno negli Stati Uniti. La cifra reale era di circa centomila, ma il numero che più volte ripetemmo attraverso i media era di un milione. Il numero delle donne morte per le conseguenze di aborti illegali si aggirava su 200-250 ogni anno. La cifra che costantemente indicammo ai media era 10.000. Questi falsi numeri penetrarono nelle coscienze degli Americani, convincendo molti che era necessario eliminare la legge che proibiva l’aborto.
Un’altra favola che facemmo credere al pubblico attraverso i media era che la legalizzazione avrebbe significato soltanto che quegli aborti, allora eseguiti illegalmente, sarebbero divenuti legali. In realtà, ovviamente, l’aborto è divenuto ora il principale metodo di controllo delle nascite negli Stati Uniti e il loro numero annuale è aumentato del 1500 per cento dalla legalizzazione”.
Nathanson ha raccontato come il movimento abortista agì per screditare la Chiesa e dividere i cattolici. “Sbeffeggiammo sistematicamente la Chiesa Cattolica e le sue ‘idee socialmente arretrate’ – ha confessato - e scegliemmo la Gerarchia cattolica come colpevole dell’opposizione contro l’aborto. Questo argomento fu ripetuto all’infinito. Diffondemmo ai media bugie del tipo ‘tutti sappiamo che l’opposizione all’aborto viene dalla Gerarchia e non dalla maggioranza dei cattolici’ e ‘i sondaggi dimostrano ripetutamente che la maggior parte dei cattolici vuole la riforma della legge sull’aborto’. I media bersagliarono insistentemente il pubblico americano con queste informazioni, persuadendolo che qualsiasi opposizione alla liberalizzazione dell’aborto doveva essere sotto l’influenza della Gerarchia ecclesiastica e che i cattolici favorevoli all’aborto erano illuminati e lungimiranti. Da questa affermazione propagandistica si deduceva che non esistessero gruppi antiabortisti non cattolici; il fatto che altre religioni cristiane e non cristiane fossero (e ancora sono) unanimamente antiabortiste era costantemente sottaciuto, allo stesso modo delle opinioni pro-life espresse da atei e agnostici”.
Nathanson ha raccontato che l’altro argomento per convincere le persone della legittimità dell’aborto fu “la denigrazione e la soppressione di tutte le prove scientifiche del fatto che la vita ha inizio dal concepimento”.
Alla domanda su come, da esponente abortista di punta, si sia trasformato in un difensore pro-life, Nathanson ha risposto: “Nel 1973 sono diventato direttore di Ostetricia in un grande ospedale di New York City ed ho fondato l’unità di indagine prenatale, proprio quando stava prendendo il via una nuova grande tecnologia che oggi usiamo quotidianamente per studiare il feto nell’utero. Una delle principali tattiche pro-aborto è insistere sull’impossibilità di definire quando la vita abbia inizio, e che questa sia una domanda di carattere teologico o morale o filosofico ma non scientifico. La scienza prenatale ha reso innegabilmente evidente che la vita inizia dal concepimento e che richiede tutta la protezione e la salvaguardia che ognuno di noi desidera per se stesso. È chiaro che la liberalizzazione dell’aborto è la deliberata distruzione di quella che indiscutibilmente è una vita umana. È un inaccettabile atto di violenza mortale. Si può comprendere che una gravidanza non pianificata sia uno straziante dilemma, ma cercare la soluzione in un deliberato atto di distruzione significa buttare via l’infinita ricchezza dell’ingegno umano e sottomettere il bene pubblico alla classica risposta utilitaristica ai problemi sociali”.
In conclusione Nathanson ha affermato “Come scienziato che la vita ha inizio con il concepimento. Non è una questione di fede ma di ragione. E benché io non sia praticante, credo con tutto il cuore alla sacralità dell’esistenza che ci impone di fermare in modo definitivo ed irrevocabile questo triste e vergognoso crimine contro l’umanità”.

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