DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Madre Tribbioli: diventa Giusta l’«operaia silenziosa» che durante la guerra salvò ebrei nascondendoli in convento

DA F IRENZE A NDREA F AGIOLI
S
arà l’ambasciatore d’I­sraele in Italia, Gideon Meir, nella cornice del Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze, a consegnare a madre Marta Lombardi, superiora gene­rale delle Pie operaie di San Giuseppe, la medaglia e la pergamena che riconosce alla fondatrice della congre­gazione, madre Maria Agne­se Tribbioli, un posto d’ono­re tra i Giusti fra le Nazioni, l’alto riconoscimento dell’I­stituto «Yad Vashem» di Ge­rusalemme per chi ha salva­to ebrei durante la seconda guerra mondiale.
All’appuntamento, previsto
domani alle 10,30, saranno presenti il sindaco Matteo Renzi, l’arcivescovo Giusep­pe Betori, il rabbino Joseph Levi e alcuni storici che – ol­tre ad illustrare la figura e l’o­pera di madre Tribbioli – parleranno dell’impegno della Chiesa fiorentina per salvare bambini, donne e uomini ebrei dalla deporta­zione nazi-fascista.
Il ruolo virtuoso svolto da tanti cattolici e religiosi fio­rentini è stato sottolineato di recente anche dal presiden­te della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici, nel corso della visita di Bene­detto XVI alla Sinagoga del­la capitale. In quella circo­stanza, il 17 gennaio scorso,
si è parlato soprattutto del­le suore di Santa Marta, che salvarono il padre e lo zio di Pacifici dalla deportazione.
Adesso, invece, l’omaggio è per «l’operaia silenziosa», come è definita Maria Agne­se Tribbioli per aver dato ri­fugio agli ebrei nella Casa ge­neralizia dell’Istituto a Fi­renze, cercando di non al­larmare mai le consorelle per il rischio che correvano. Il riconoscimento di «Giu­sta », deciso dalla Commis­sione esaminatrice dello «Yad Vashem» il 15 settem­bre scorso, è stato promos­so da Cesare e Vittorio Sa­cerdoti, figli di uno dei tanti ebrei salvati da madre Trib­bioli le cui suore (oggi pre­senti
in Brasile, India e Ro­mania, oltre che in Italia) si augurano così di dare im­pulso al processo di beatifi­cazione della fondatrice. Un percorso che accomuna al­tri protagonisti fiorentini di santità cristiana: dal cardi­nale Elia Dalla Costa al par­roco Giulio Facibeni, al laico Giorgio La Pira, tutti legati dalla risposta fraterna alla tragedia della Shoah.
Dalla Costa organizzò la re­te di protezione degli ebrei in decine e decine di case re­ligiose per sottrarli alla de­portazione; don Facibeni ac­colse nell’Opera della Ma­donnina del Grappa, come figli suoi, i bambini ebrei na­scondendoli e salvandoli;
Giorgio La Pira reagì nel 1938 alle leggi razziali e si ribellò con la sua intelligenza alla dittatura, cominciando con
Principi ,
il programma lai­co, religiosamente fondato, di un’azione politica e civile di libertà per tutti.
La Pira poi non solo colla­borò alla fondazione dell’«Amicizia ebraico-cri­stiana » ma, divenuto sinda­co, compì tra i primissimi at­ti ufficiali la visita alla Sina­goga di Firenze il 18 novem­bre 1951 per scoprire la lapi­de marmorea in memoria degli ebrei deportati e cadu­ti nella guerra di Liberazio­ne. Nel suo discorso agli e­brei fiorentini disse quanto ancora non era stato mai co­sì
chiaramente espresso: «C’è una unità divina e mi­steriosa che lega noi a voi, voi a noi: i due Testamenti sono un Testamento solo».
Quindi con largo anticipo sui tempi «risuonava a Fi­renze – spiega Giulio Conti­celli dell’Amicizia ebraico­cristiana – quello che sareb­be stato il messaggio conci­liare della
Nostra Aetate sul­la irrevocabile vocazione di Israele. Se la santità della Chiesa è anche storia, nella santità fiorentina la sua sto­ria si è confrontata con la fra­ternità con gli ebrei ed è di­venuta una irrevocabile so­lidarietà spirituale che illu­mina insieme il mistero del­la Chiesa e di Israele».





© Copyright Avvenire 17 marzo 2010