DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Rendere presente Cristo nella nostra carne, in ogni ambiente, in ogni realtà umana Appunti da una conversazione di Luigi Giussani

L’essere uomini, il salvare, per usare un termine che non è soltanto religioso, il salvare la nostra umanità costituisce sempre, qualunque cosa facciamo, esplicitamente o implicitamente, il criterio ultimo: anche quando sbagliamo, sbagliamo per salvare la nostra umanità, per godere di più la nostra umanità, nell’illusione di affermare di più la nostra umanità. Essa è il criterio in base al quale noi sentiamo e giudichiamo tutto. La nostra umanità! Potremmo usare un altro termine: essere più felici! Salvare l’umanità vuol dire realizzarla, e questa perfezione (perché “realizzare” in latino si dice con un termine - perficere - che in italiano si traduce con “perfezione”) dal punto di vista psicologico si chiama “felicità”, o “soddisfazione”, che è sinonimo di perfezione e perciò di felicità. Il desiderio della felicità, dell’affermarsi compiuto, intero, della nostra umanità è il criterio per il quale uno sceglie un film invece che un altro, sceglie di impegnarsi in un determinato lavoro e di sacrificarvi energia e tempo, sceglie la ragazza con cui fare famiglia, accetta o non accetta figli. Il criterio è unico, ed è questa umanità che abbiamo addosso, che è come una cosa incompiuta, che urge di compiersi.
L’epoca in cui viviamo è come se portasse alle estreme conseguenze l’equivoco che può nascere sul concetto e sul sentimento di umanità: l’equivoco è se l’umanità, la nostra umanità, possiamo costruirla, adempierla completamente noi, oppure è qualcosa d’altro che la può salvare, è qualcosa più grande di essa che la può realizzare. Questa alternativa, che è di tutti i tempi, si può tradurre secondo la parola che è stata tematizzata nella Scuola di comunità dell’anno scorso, la parola “appartenenza”: se l’uomo appartiene a se stesso o appartiene a qualcosa d’altro. Ora, l’uomo che pretende di appartenere a se stesso cerca di costruire una visione dell’uomo e del mondo in cui, come opera delle sue mani, la sua umanità si realizzi. È inevitabile che parta da un certo punto di vista, è inevitabile la parzialità in questo tentativo; per questo si chiama anche ideologia.
Siamo in un momento in cui questo equivoco è portato alle estreme conseguenze. Questo primo fattore dell’alternativa, portato alle estreme conseguenze, ha dato lo scacco matto a tutte le ideologie. Noi viviamo un presente in cui tutte le ideologie sono crollate: proprio là dove si è tentata, come nel ’68, l’esasperata affermazione di esse, là si è aperto il baratro dove tutto è affondato...

© Copyright Tracce n.3, marzo 2006