DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Senza limiti c'è la lotteria dell'ovocita

Da SaFe un articolo di Assuntina Morresi per Avvenire (inserto"E' vita"):

Una nuova forma di turismo procreativo: questa è l’asta di una clinica in Gran Bretagna, che ha messo in palio un ovocita proveniente dagli Usa. Una lotteria post-umana, in cui la vincitrice potrà scegliere su un apposito catalogo la 'donatrice' dell’ovocita, in base alle sue caratteristiche fisiche, al livello di istruzione raggiunto, alla professione e ad alcuni stili di vita, e poi attraverserà l’oceano per affrontare la fecondazione in vitro in una clinica collegata a quella inglese.

Un espediente per aggirare le maglie, già molto larghe, della legge britannica, che sulla carta vieta la compravendita dei gameti femminili e maschili, e ne permette la 'donazione' solo in cambio di un rimborso per le spese sostenute, fino ad un massimo di 250 sterline. Maglie larghe, dicevamo, innanzitutto perché la cifra può comunque essere interessante per donne in difficoltà economica. Ma anche perché la legge britannica prevede pure pagamenti surrettizi come quello introdotto dall’egg sharing, la condivisione degli ovociti: chi si sottopone alla fecondazione in vitro e decide al tempo stesso di 'donare' parte degli ovociti prodotti può vedersi ridurre i costi dei trattamenti.

Nonostante ciò il turismo procreativo delle donne inglesi continua, come conferma la lotteria: chi in questi anni ha accusato la legge 40 di incrementare il flusso delle coppie all’estero per accedere a pratiche mediche vietate in Italia – come la fecondazione eterologa, che implica la compravendita di ovociti – dovrebbe chiedere scusa per la disonestà intellettuale, o meglio, per la malafede dimostrata. I flussi del turismo procreativo, e di quello sanitario, sono le rotte commerciali del nostro tempo, che spesso non seguono criteri di tutela della salute personale, o di accesso a terapie più adeguate, ma piuttosto logiche di mercato, quello della nuova economia del corpo e delle sue parti, che porta inevitabilmente verso i paesi con meno regole e prezzi stracciati. Una recente, interessante inchiesta della rivista The Warlus sulla compravendita degli ovociti in Canada rende bene l’idea della situazione attuale.

Se i criteri di controllo e accesso alle pratiche mediche fossero decisi in base ai flussi di turismo sanitario, dovremmo eliminare ogni regolamentazione e avviare politiche di liberalizzazione dei prezzi. Ci troveremmo così nelle condizioni dell’India, ad esempio, dove le maternità surrogate (i cosiddetti uteri in affitto) sono molto richieste da coppie americane che cercano di risparmiare denaro, cercando in un altro continente quello che nel loro è permesso, ma a costi più elevati.

In molti hanno espresso – e meno male – forti dubbi sulla possibilità di 'scegliere' la donatrice, per poter avere figli rispondenti alle proprie aspettative (ma questa è la norma della fecondazione eterologa, come dimostrano i numerosissimi cataloghi on-line di 'donatori' di gameti).

Allo stesso tempo, però, si fa strada l’idea che la 'donazione' di parti del proprio corpo sia un diritto individuale. Introdurre il diritto alla donazione significa, ancora una volta, trasformare un atto di libertà in un diritto esigibile. Se la donazione di un ovocita, o di un rene, è un diritto, allora per la struttura sanitaria diventa un dovere accettarlo, conservarlo e trapiantarlo, il che significa però anche trasformare l’organizzazione sanitaria: non si seguirebbero più, innanzitutto, criteri di appropriatezza delle terapie, ma volontà individuali insindacabili, il che rivoluzionerebbe la struttura sanitaria attuale.

I sostenitori del diritto a donare ritengono di poter disporre liberamente del proprio corpo. E curiosamente molti di loro, proprio in questi giorni, hanno applaudito a una legge che vieta alle minorenni interventi di chirurgia estetica per la ricostruzione del seno. Una contraddizione eclatante, che indica quanto sia ideologico e astratto confondere desideri legittimi e diritti individuali, e quanto sia contraria ai nostri convincimenti profondi, spesso non detti, l’idea di poter disporre pienamente di noi stessi.