di Rodolfo Casadei
Adesso gli estremisti dell’ecologia ci rinfacciano perfino la scomparsa della nebbia. E invocano la persecuzione dei “crimini contro l’ambiente”. Ma quanti danni fa l’oltranzismo verde? Tutti i morti delle campagne contro il Ddt e gli Ogm
Sull’edizione in edicola non hanno avuto il coraggio di titolarla allo stesso modo della pagina web, dove la notizia che negli ultimi vent’anni la nebbia nella Pianura Padana si sarebbe ridotta del 30-35 per cento quelli del Corriere della Sera l’avevano data così: “Emergenza clima, scompare la nebbia”. E il titoletto del terzo paragrafo recitava: “Foreste a rischio”. Il giorno dopo (22 febbraio) l’articolo nell’edizione cartacea recava un titolo asciutto, non c’era più il titoletto sulle foreste a rischio ed era saltata pure un’altra frase shock posta nell’apertura: «E si parla di allarme ecosistemi». Forse in un soprassalto di buon senso il redattore incaricato della pagina si sarà reso conto che meno nebbia in Val Padana significa meno incidenti stradali, dunque meno morti e feriti (anche fra cani, gatti, ricci e bisce, aggiungiamo a beneficio degli animalisti). Gli articoli di altre testate sulla stessa notizia allargano il discorso al ghiaccio sulle strade che, così come la nebbia, tenderebbe a formarsi meno spesso sempre a causa dell’aumento della temperatura planetaria: secondo l’università di Goteborg il risultato è una diminuzione del 40 per cento del numero delle vittime da incidente stradale in Svezia e nelle Midlands britanniche. Nessun grande quotidiano ne ha parlato.
Non è da oggi che un bel po’ di ambientalisti tendono a contrapporre la salute dell’ambiente a quella degli esseri umani e a preferire la prima alla seconda. Sono gli stessi che hanno reso popolare l’espressione “crimini contro l’ambiente”. La settimana scorsa su El País José Antonio Martín Pallín, magistrato e commissario della International Commission of Jurists, si lamentava del fatto che «è difficile trovare nelle carceri delinquenti ambientali» e si rallegrava perché le costituzioni di Ecuador e Bolivia riconoscono dal 2008 i diritti della Madre Terra. Eppure ci si potrebbe stupire anche del contrario, e cioè che in prigione non ci sia nessun ambientalista accusato di crimini contro l’umanità. Vale a dire delle conseguenze sulla salute umana di alcune battaglie ecologiste. Vediamo qualche esempio.
Secondo Jeffrey Loss, accademico canadese autore di Beyond Environmentalism, i riflessi della messa al bando del Ddt negli Stati Uniti nel 1970 e dei reiterati tentativi da parte delle organizzazioni ecologiste di ottenere analoga misura in sede Onu avrebbero causato negli ultimi quarant’anni fra i 15 e i 40 milioni di morti per malaria in più, in maggioranza bambini sotto i cinque anni di età. Come si arriva a queste cifre? Partendo dalla constatazione che fra il 1950 e il 1970, quando il Ddt era largamente utilizzato, l’incidenza della malaria nel Terzo mondo era crollata, per poi tornare a crescere in misura tale che nel 2000 i tassi di mortalità risultavano superiori del 40 per cento rispetto ai dati di inizio anni Settanta. In molti paesi il Ddt non è stato vietato, ma gli Stati Uniti e gli enti Onu hanno smesso di finanziare i programmi in cui era utilizzato e l’Unione Europea ha messo al bando le importazioni alimentari dai paesi dove era impiegato. Nel 2001 il Ddt è stato inserito nell’elenco dei 12 prodotti chimici pericolosi di cui l’Unep (l’ente Onu per la protezione ambientale) chiede la completa eliminazione nel mondo entro il 2020. Nel 2006 l’Organizzazione mondiale della sanità ha stabilito che il Ddt deve restare legale almeno per le applicazioni domestiche finalizzate alla lotta alla malaria. Le principali organizzazioni ambientaliste internazionali (fra cui Greenpeace, Wwf, American Wildlife Federation, Worlwide Fund for Nature) si battono per il divieto totale e contro l’eccezione delle applicazioni domestiche: anche quelle piccole quantità finirebbero nell’ambiente e nelle catene alimentari. In realtà non esistono prove che il Ddt sia dannoso per gli animali o per l’uomo se non ad alte concentrazioni. I dati di Rachel Carson, che nel 1962 raccontò come il Ddt stava decimando i rapaci indebolendo le loro uova e mise in guardia sulle sue potenzialità cancerogene, riguardavano regioni dove il pesticida era somministrato in ragione di 20 chilogrammi per ettaro. Hanno scritto Amir Attaran e Rajendra Maharaj sul British Medical Journal: «Benché centinaia di milioni di persone, probabilmente miliardi, siano state esposte a elevate concentrazioni di Ddt per ragioni legate al lavoro o alla residenza in edifici dove è usato in forma spray, non esiste nella letteratura scientifica un solo studio peer reviewed e replicato da soggetti indipendenti che colleghi l’esposizione al Ddt a conseguenze negative per la salute. La relativa bassa tossicità ne fa un’arma ideale nella lotta contro la malaria».
Altro clamoroso crimine contro l’umanità di ispirazione ambientalista è l’ostruzionismo contro il “golden rice”, una varietà di riso Ogm arricchito di vitamina A che sarebbe utilissimo contro una carenza vitaminica che nel Terzo mondo riguarda centinaia di milioni di persone, soprattutto bambini, e che causa annualmente 250-500 mila casi di cecità e fra uno e due milioni di morti. Sostenere che il golden rice danneggerebbe l’ambiente è una tale idiozia che nemmeno Greenpeace ci prova più: gli scienziati si sono limitati a trasferire i geni del betacarotene già presenti nella pianta di riso dalla buccia al granello. Il betacarotene è presente in tante piante e non è un tratto genetico che avvantaggia la pianta ricevente in termini di selezione e resistenza. È impossibile, cioè, che sorga una varietà di golden rice incrociato con una varietà non transgenica che spazzi via tutte le altre e colonizzi l’ambiente. Gli ambientalisti hanno cambiato tattica: hanno fatto girare la voce che per prevenire la cecità bisogna mangiare quantità enormi di riso transgenico: chi dice due chili al giorno, chi cinque, chi addirittura nove. In realtà il golden rice attualmente disponibile contiene una quantità di betacarotene ben 23 volte superiore a quella della prima versione, per cui basterebbero 50 grammi di riso tre volte al giorno per avere risultati ottimi. Invece secondo gli ambientalisti bisogna migliorare le diete o somministrare pastiglie di vitamina A. L’Oms lo fa già, spendendo 90-100 milioni di dollari l’anno, coi risultati in termini di mortalità e cecità che abbiamo detto sopra. E allora chi deve salire sul banco degli imputati?
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