DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Solesmes. Dov’è rinato il gregoriano

di Lorenzo Fazzini
È
conosciuta in tutto il mondo per il canto gregoriano, studiato e custodito nel silenzio della loro clausura.
Ma i monaci che ci abitano si considerano, alla stregua di quanto voleva san Benedetto (il santo che
ne ha forgiato la regola), semplicemente degli umili «cercatori di Dio». Citare Solesmes è dire «il» gregoriano, il canto cattolico-romano per eccellenza negli uffici liturgici.
Perché fu in questo austero monastero francese, adagiato sulle rive della Sarthe, situato a 250 km a sudovest da Parigi, a metà strada tra le città di Le Mans e Angers, che il gregoriano rinacque nel corso dell’Ottocento dopo secoli di oblio. Solesmes taglia quest’anno il significativo traguardo dei 10 secoli di vita. Un millennio, infatti, è trascorso da quel 12 ottobre 1010 quando Raoul de Beaumont, visconte della Maine, cedette al fratello Geoffroy il terreno su cui sorse l’abbazia secondo il volere dello stesso Raoul. Il 12 ottobre di un millennio fa avvenne la dedicazione della chiesa intitolata a San Pietro, il nome che ancora oggi designa l’abbazia. La quale, nei suoi primi due secoli, visse in prosperità, salvo iniziare la sua parabola discendente nel 1375 allorché venne intaccata dalla Guerra dei cent’anni.
Per poi subire una vera e propria rovina con la distruzione perpetrata dagli invasori inglesi nel 1425. Una ripresa si ebbe tra il XV e il XVI secolo, con la costruzione del bassorilievo della tomba di Nostro Signore, l’erezione del campanile, l’abbellimento della chiesa con alcune volte, la decorazione della Cappella bella che si chiuse nel 1553. Nel 1664 il monastero si aggrega alla Congregazione di San Mauro. Il ciclone della Rivoluzione arriva anche a toccare i monaci di Solesmes: all’inizio del 1791, a seguito del
divieto della Costituzione repubblicana degli ordini religiosi, i monaci devono disperdersi: tra i 7 padri, uno si ritira nella sua diocesi di origine, gli altri sono decisi a resistere nella loro casa di preghiera. La risposta delle autorità non si fa attendere: alcuni vengono imprigionati a Le Mans, altri a Rennes, altri deportati a Jersey. Curiosamente lo stabile del monastero viene venduto dallo Stato che l’ha incamerato, ma l’acquirente non si presenta. Nel 1792 e nel ’94 i contadini del paese traggono in salvo dal monastero le reliquie della corona di spine ivi conservata. Intorno agli anni Trenta del XIX secolo a Solesmes e dintorni si diffonde la notizia che l’antico monastero sarebbe stato abbattuto.
Tale notizia sollecita lo zelo di dom Prosper Guéranger, un giovane sacerdote nativo proprio di Sablé, il paese di Solesmes, di cui è un piccolo borgo. Da ragazzo durante le sue passeggiate Prosper aveva subito il fascino di quella chiesa e della sua tradizione. E nel 1831 reagisce con una scelta di vita alla possibilità che quella testimonianza di fede possa andare letteralmente in frantumi.

C
on alcuni amici riesce a raccogliere una somma economica sufficiente per affittare l’abbazia; incoraggiato dal vescovo di Mans, vi si insedia con 3 amici: è l’11 luglio 1833. Dom Guéranger ha 28 anni, diventa il superiore della nuova comunità benedettina che riceve il placet da Roma 4 anni dopo quando emette i suoi voti solenni nella basilica di San Paolo fuori le Mura.
E mentre vuole restaurare la tradizione monastica in questo lembo di terra, dom Guéranger trova nel gregoriano la chiave di volta del suo progetto: in poco tempo mette
insieme una preziosissima collezione di manoscritti gregoriani da diverse abbazie d’Europa, che oggi formano la collezione della Paleografia musicale di Solesmes, studiata da ricercatori di tutto il mondo. Al contempo inizia, paziente, la pratica del gregoriano come canto liturgico secondo una modalità molto stretta: Guéranger chiede ai suoi confratelli di rispettare il primato del testo, insistere sulla pronuncia e l’intelleggibilità della frase. E lo sforzo filologico di Solesmes fu riconosciuto a livello della Chiesa universale: l’allora nunzio a Parigi, Angelo Roncalli, soggiornò spesso nelle celle monastiche di Solesmes; Paolo VI nominò l’allora abate Jean Prou presidente di una congregazione del Concilio e si rese attento ai suoi consigli in tema di riforma liturgica. Oggi i monaci di Solesmes – 60, più 6 novizi – si dedicano anche alla tecnologia: ogni anno, dal 1958 (e in questo pionieristici) pubblicano un cd di canti. E il carisma benedettino di Solesmes prospera anche all’estero: nel 1961 apre una fondazione monastica a Keur Moussa, nella diocesi di Dakar, in Senegal; nel 1996 è stato fondato un monastero in Lituania, nelle settimane scorse il chiostro di Our Lady of the Annunciation, nell’Oklahoma, è stato elevato al rango di abbazia. In tutto sono 23 i monasteri che si rifanno a questo luogo di fede e storia nella terra della laïcité.

© Copyright Avvenire 21 marzo 2010