DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

IL DOLORE E LA FERMEZZA DI BENEDETTO COLPI DI MAGLIO PER RIAPRIRE LA VIA ALLA SPERANZA. MARINA CORRADI

P arole come non ne avevamo mai sentite dalla mite voce di Benedetto XVI. Parole come col­pi di maglio. Gli episodi di pedofilia avvenuti nella Chiesa irlandese e gli errori di giudizio che li han­no preceduti e seguiti «hanno oscurato la luce del Vangelo a un punto tale cui non erano giunti nep­pure secoli di persecuzione». Chi ha abusato di in­nocenti ne risponderà ai giudici, e «davanti a Dio onnipotente». È un tuono, la voce del Papa nella lettera ai cattolici d’Irlanda. Del tuono ha la poten­za, e l’eco bassa, gonfia di dolore e di sgomento. Vi si tocca con mano quel «senso di tradimento» af­fermato nelle prime righe: vi sono stati affidati de­gli innocenti, e li avete traditi. Lettera sacrosanta, e spaventevole. Evoca la seve­rità di padri, cui non siamo più abituati. Evoca l’i­ra di un Dio, di cui abbiamo perduto la memoria. Non è, il Dio di questa lettera, il Dio bonario, e tal­volta buonista, cui siamo stati educati a pensare. È un Dio che chiede vergogna e rimorso; e il Papa, a nome della Chiesa, esprime personalmente «ver­gogna e rimorso», per quei ragazzi violati da «atti peccaminosi e criminali». È un Dio che esige aper­ta consapevolezza di ciò che è stato perpetrato. Che si riconosca, davanti a Dio e agli uomini, il male fatto. Un Dio che pretende penitenza: ai fedeli di Ir­landa viene indicata la via di una sorta di Quaresi­ma lunga un anno: un anno di venerdì di digiuno e preghiera. (Penitenza, altra parola antica, a mol­ti estranea. Ricorda, questa misura di Benedetto X­VI, la severità di santi predicatori di altri secoli. Cui, pure, non siamo più abituati).
Consapevolezza piena, invoca dunque il Papa. Oc­corre riconoscere la gravità di ciò che è accaduto. Le responsabilità di una Chiesa attorno, di vesco­vi, che non sono intervenuti. Occorre giustizia: quel­la degli uomini, nei tribunali. E fin qui la lettera par­la, appunto di giustizia; mentre afferma netta: «So che nulla può cancellare il male che avete soppor­tato ». La frase resta come per un attimo sospesa. (A cosa servirà la giustizia, se «nulla può cancellare il male sopportato»?) Già, umanamente, nulla. E però il Papa chiede alle vittime di non perdere la spe­ranza. Quale speranza? «Credo fermamente nel po­tere risanatore dell’amore di Cristo», scrive.
Ora l’eco di tuono e d’ira si fa voce leonina, certez­za granitica. Certezza di un Dio che «ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati, e di trar­re il bene anche dal più terribile dei mali». Per cui l’ultima parola rivolta ai sacerdoti colpevoli della in­famia peggiore è: «Non disperate della misericor­dia di Dio». L’ultima parola, non è di disperazione. Dove la giustizia si ferma, può allargarsi, se do­mandata, se implorata, la misericordia: la giustizia secondo Dio, capace di ricreare gli uomini.
Probabilmente, i passi più ripresi di questa lettera saranno altri. Forse queste righe rimarranno igno­rate. Si parlerà di 'condanna senza appello': cer­to, condanna del peccato. Vergogna e penitenza per il peggiore, il più infame dei peccati. Ma miseri­cordia per il peccatore che si converta: «Non di­sperate della misericordia di Dio». E questo, in un tempo come il nostro che rinnega ogni speranza e insegue, magari in forme gaie, il nulla, è lo sbalor­ditivo segno, lo stigma di diversità del cristianesi­mo. L’affermare con certezza di roccia che nulla è perduto, finché l’uomo domandi a Dio. Perché «là dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia», come scrive Benedetto, citando Paolo.
Lettera ai cattolici di Irlanda, da restare senza fia­to. Per la inaudita fermezza di un padre – un padre come ne vorremmo ancora – che autorevolmente ordina di ammettere le colpe. Che evoca quel Dio, cui bisognerà rispondere. Ma dice alle vittime, con un’umiltà che è quasi preghiera: possiate riscopri­re l’infinito amore di Cristo. E ai violentatori: pagate, ma non disperate.
Il più infame dei mali, quello contro i nostri figli, quello che al solo pensiero ci acceca d’odio: nem­meno quello vince, per chi crede in Cristo, nel Fi­glio che s’è fatto carne e ha vinto la morte. È vero, nulla cancella certi ricordi. Solo Cristo, annuncia il Papa, li risana.


© Copyright Avenire 21 marzo 2010