DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Tra asini e pesci il tormento dei martiri

di Ilaria Ramelli

I
n Apologia 30,1-4 l’accusa di magia contro Apuleio assume connotati particolari ed è legata alla ricerca di pesci (Apuleio dedicò ad essi anche un trattato, D e piscibus). Ora, non solo l’accusa di magia era usata contro i cristiani, ma anche il simbolo del pesce era tipicamente cristiano, come è attestato da Tertulliano ( De baptismo
1) e, nella seconda metà del II secolo, dall’epitaffio di Abercio (come ho studiato su
Aevum nel 2000). È significativo che Apuleio si affretti a negare ogni associazione tra pesci e magia, mentre tale associazione era presente nell’accusa rivoltagli. «Pisces – inquit – quaeris». Nolo negare. Sed, oro te, qui pisces quaerit, magus est?...
An soli pisces habent aliquid occultum
aliis, sed magis cognitum?
Hoc si scis quid sit, magus es profecto, sin nescis, confitearis necesse est id te accusare quod nescis»
.
«'Vai alla ricerca di pesci', dice. Non voglio negarlo, ma dimmi un po’, chi va alla ricerca di pesci è per forza un mago? Sono solo i pesci che hanno qualcosa che agli altri rimane oscuro, eppure è più noto (ai maghi)? Se sai che cos’è, allora significa che sei certamente un mago; se invece non lo sai, devi per forza confessare che formuli un’accusa in base a quello che non sai». Apuleio potrebbe poi avere avuto in mente i tormenti spettacolari di alcune donne cristiane messe a morte in quanto tali, e potrebbe rifletterli nel suo romanzo. La spettacolarità delle torture di cui furono vittime i cristiani sono confermate da Tacito per il 64 e che le
martiri cristiane fossero travestite come eroine mitologiche durante le esecuzioni, e in particolare in vesti di Dirce, è attestato da Clemente Romano nella I Lettera ai Corinzi.
Proprio per l’Africa settentrionale verso la fine del II secolo simili tormenti spettacolari sono testimoniati dalla
Passio Perpetuae,
ove l’eroina, martire a Cartagine, ottiene per sé e per gli altri martiri di non essere travestita e di non morire in una rappresentazione spettacolare.
Ora, Apuleio allude a un tormento spettacolare di questo tipo, anche se ovviamente in contesto comico, in

Metamorfosi
VI 27: «Memorandi spectaculi scaenam, non tauro, sed asino dependentem Dircen aniculam» , «Scena di uno spettacolo memorabile: una vecchietta in vesti di Dirce sospesa non a un toro, ma a un asino». Inoltre, l’associazione di questo tipo di tormenti spettacolari e teatrali, storicamente applicati ai cristiani, con un asino, alla luce della già ricordata accusa anticristiana di onolatria viva al tempo di Apuleio, suggerisce un possibile riferimento ai cristiani. In tal caso, il tormento sarebbe unito alla derisione. Poco dopo, nel medesimo episodio, la menzione di feras, cruces
ed
ignes (belve, croci e fuoco) come modi possibili di uccidere un prigioniero potrebbero nuovamente riecheggiare i tormenti usati contro i membri di questa superstitio illicita
quando erano condannati. Apuleio era un medio-platonico, iniziato a culti pagani, e un sacerdote pagano. Aveva studiato a Cartagine e ad Atene, dove aveva appreso le arti liberali e la filosofia, e in Grecia era stato iniziato a molti culti. Fu anche a Roma e, dopo la
conclusione favorevole del suo processo di magia, intorno al 160 fu investito di un importante sacerdozio.
Di certo non stimava i cristiani e sembra avere recepito molte accuse correnti contro di loro, anche se precisamente ai suoi giorni il medio­platonismo fu adottato dai primi filosofi cristiani, da Giustino a Clemente, da Bardesane a Origene.
Infatti, tra i medio- e i neo-platonici si trovano tanto filosofi pagani ostili al cristianesimo, quali Celso, Porfirio o Giuliano, quanto i migliori rappresentanti della filosofia patristica, da Origene a san Gregorio di Nissa allo Pseudo Dionigi. Si può parlare di un platonismo pagano e di uno cristiano, che cominciarono a differenziarsi precisamente al tempo di Apuleio: il nostro filosofo apparteneva certamente al primo.


© Copyright Avvenire 2 marzo 2010