ROMA – Don «Atta» si batte la mano sulla giacca del clergyman grigio, senza rendersene conto alza anche un po’ la voce: «Lo vede quest’ abito? Sono orgoglioso e felice di portarlo. Ma sono anche indignato. Con questa campagna contro di noi, quando vai in giro per strada ti urlano “pedofilo!”, ti guardano come un mostro. Ti sputano addosso. Non è giusto». È un prete combattente Gianluca Attanasio: 43 anni, barbetta sale e pepe, occhi miti con lampi di orgoglio ed ironia. I seminaristi della Fraternità di San Carlo, di cui è rettore, lo chiamano «Atta» come un fratello grande, come forse lo chiamavano sui campetti di pallone di Cinisello Balsamo, la periferia milanese dov’ è cresciuto. Dice: «Facciamo una passeggiata e intanto parliamo». La passeggiata è una marcia di un’ ora e mezzo, sempre lo stesso circuito, tra i viali alberati che circondano il seminario, in mezzo al nulla di Casalotti (c’ era una birreria, l’ hanno bruciata), altra periferia, ai bordi di Roma, dopo l’ Aurelia e il Raccordo. Dentro la palazzina di mattoni rossicci, pochi seminaristi, dai vent’ anni in su. Un ragazzone tedesco s’ affaccia dalla biblioteca, un paio di americani sorridono sulla porta. Sono 40 in tutto, molti ancora a casa, le vacanze le hanno avute dopo Pasqua. Profumo di pagine antiche tra gli scaffali, penombra nei corridoi semideserti. «A volte andiamo a nuotare nella piscina qua fuori. Io diffido di chi non sa divertirsi». In mezzo a cinque anni di studio e preghiera, il divertimento è nuoto, calcio, basket «per quelli che vengono dall’ America». «No, con i ragazzi non la lascio parlare, non mi sembra appropriato», s’ impunta «Atta», diffidente il giusto anche coi giornalisti. Si dice «tolleranza zero», slogan banale. Cos’ è cambiato da voi? «Certe prudenze le abbiamo sempre avute. Per entrare in seminario ci sono più colloqui preliminari con i superiori e anche con gli psichiatri, è richiesta la sanità psichica, si capisce. La pedofilia è una grave malattia oltre che un gravissimo peccato. Queste visite psicologiche si fanno ormai in tutti i seminari, dove si seguono le indicazioni della Chiesa c’ è talmente tanto controllo che il seminario è diventato il posto più sicuro contro i pedofili». Don Gianluca prende fiato, rallenta il passo: «Vede, l’ aspetto affettivo include la sessualità, è ovvio. Io faccio ai ragazzi lezioni sulla sessualità e l’ affettività e non penso ci sia bisogno di essere psichiatri per farlo. Il discernimento su una vocazione non può essere affidato allo psichiatra». A guardare la Chiesa dal di fuori si rischia sempre di banalizzare tutto, i tempi di reazione sono sfalsati rispetto al resto del mondo. Dopo la prima ondata di scandali venuta anni fa dall’ America, il ricorso a psicanalisti e psicologi nei seminari è diventato costante. «Persino eccessivo», dice Tonino Cantelmi, psichiatra cattolico e professore della Gregoriana, appena tornato da due settimane tra i 105 seminaristi di Arequipa, Perù: «C’ è un’ attenzione spasmodica, la Cei disegna un prete del Terzo Millennio di altissimo livello, noi abbiamo bisogno di preti-eroi». La Congregazione per l’ Educazione Cattolica ha emanato cinque anni fa un’ istruzione contro l’ omosessualità e due anni fa ha messo paletti per limitare il ricorso continuo alle «scienze umane»: tra il lettino del medico e il mistero del confessionale corre un filo teso dentro questa tempesta amplificata dal web (Karl Golser, il vescovo di Bolzano che ha aperto un sito dove molti ex seminaristi hanno rivelato abusi subiti, ha annunciato che domani andrà in Procura a denunciare sei casi). «Le cose sono cambiate, eccome», dice Mario De Maio, sacerdote e psicanalista: «Quando sono entrato io in seminario, negli anni Cinquanta, persino l’ igiene personale era avvolta da riserbo, si faceva il pediluvio nella semioscurità: per non guardare i piedi del vicino. C’ era questa atmosfera sessuofobica che poteva alimentare forme non serene di sessualità. I casi di cui leggete ora sono di trenta, quarant’ anni fa. Oggi se i seminaristi hanno difficoltà con la sessualità chiedono aiuto a noi psicologi». «Ho convinto molti ragazzi a lasciare la strada del sacerdozio, un 30 per cento circa. Con molti siamo rimasti amici, hanno capito», dice don Attanasio: «Abbiamo sempre avuto una politica restrittiva, ma non per la pedofilia che oggi sembra essere l’ unico problema: per la nostra vocazione missionaria, è dura» (la Fraternità fondata nell’ 85 da Massimo Camisasca manda i suoi figli in giro per l’ Asia, l’ America, l’ Africa). «Tanti non reggono alla timidezza di fronte ai fedeli. O non riescono a star lontano dalla famiglia. O a vivere senza una donna. Per la castità serve maturità psichica. San Paolo dice: se uno per dedicarsi a Dio deve ardere, si sposi. Io nella castità sono felice». Don De Maio ha fatto il consulente in decine di seminari e si occupa di relazioni tra psicologia e spiritualità con la sua associazione, Oreundici: «Il giorno che toglieranno il celibato obbligatorio, la qualità dei preti aumenterà. Non penso assolutamente a un legame tra celibato e pedofilia, ma al fatto che giovani con personalità fragile chiedono alla Chiesa di entrare per avere un ruolo, una sicurezza, ed evitare rapporti con una moglie e con il loro prossimo. Questo Papa però ha affrontato la situazione con forza e con coraggio». Ogni seminario ha il suo psicologo di riferimento, «ma ora ogni istituto tende a crearsi lo psicologo in casa mandando a studiare uno dei suoi: c’ è un’ inversione di tendenza», insomma, sempre banalizzando, si punta al controllo interno più che al rigore scientifico, è l’ ondata di ritorno. Cantelmi, protagonista di una lunga querelle con Liberazione sull’ omosessualità, dice che «in Italia ci sono diecimila persone, non preti, con problemi di pedofilia e centomila con tendenze pedofile»: «dunque trovare dieci o quindici preti con problemi simili non sorprende. Ma la Chiesa è l’ unica struttura che sta facendo pulizia al suo interno, davvero Benedetto XVI ha scelto la tolleranza zero. Ci sono congregazioni che sottopongono tutti a test diagnostici». Don De Maio accenna a tre o quattro preti pedofili incontrati in trent’ anni di professione, «ma l’ omosessualità nei seminari può arrivare al quaranta, cinquanta per cento». In realtà di fronte a dati che non possono essere certi restano i percorsi individuali a riempire di senso un difficile racconto collettivo: «A volte viene messo a capo di seminari proprio chi ha un atteggiamento più affettuoso verso i ragazzi. E, a volte, si rivela un errore di ingenuità. Ma la psicanalisi aiuta. Un prete romano di 35 anni con tendenze pedofile stava per diventare responsabile di seminario: era in terapia, è riuscito a rifiutare. Un altro ha preso consapevolezza della propria omosessualità e ha fatto un lavoro psicologico per tornare laico… era a un passo dal diventare vescovo». Scienza e fede, ancora quel filo teso sopra coscienze e sofferenze. Tante sofferenze. Pio XII, chiedendo nel 1949 a don Marco Venturini di fondare l’ opera per i preti in difficoltà che sarebbe diventata la Congregazione di Gesù Sacerdote, gli disse: «Pensiamo che questo lavoro vi costerà assai». Sono giorni terribili, questi. Don «Atta» tira fuori una mail appena arrivata dalla Spagna: Miguel Angel, un giovane confratello della casa di Madrid, girava in clergyman e un tassista s’ è fermato in mezzo alla strada per dargli del «pedofilo di m…». «Vede? Che le dicevo?». Sono giorni che mettono alla prova. Nel suo ufficio di rettore tiene un tazebao su cui ha appuntato a pennarello la prossima lezione per i ragazzi: le passioni secondo San Tommaso, desiderio, piacere, odio, dolore speranza, timore… «San Tommaso era un grande psicologo», dice: «E, lo sa? Alla radice di tutti i sentimenti metteva sempre l’ amore».
Goffredo Buccini
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