DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Compito della Chiesa non è la soluzione dei problemi del mondo La testimonianza controcorrente di don Luigi Giussani

di Vincenzo Barcellona

Nelle sue tante indimenticabili pagine, don Luigi Giussani dà una risposta a molte di quelle domande che nascondono una sottile e subdola vena denigratoria nei confronti della Chiesa. Una tra queste suona all’incirca così: perché invece di vivere nel lusso i preti di ogni chiesa, specie quelli del Vaticano, non aprono le loro porte, accogliendo e soccorrendo i poveri? Il paradosso è infatti questo: molti, pur non avendo alcuna stima della Chiesa, pretendono che questa risolva i problemi del mondo, specie i più complessi. Quelle a cui facevo riferimento sono pagine dedicate alla Chiesa, con particolare riguardo alla sua natura e alla sua autocoscienza (1).

Giussani sofferma la sua attenzione, in modo particolare, sul seguente passo del Vangelo di Luca: Uno della folla gli disse: “Maestro, dì a mio fratello che divida con me l’eredità”. Ma Egli rispose: “O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?”. E disse loro: “Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni (Lc 12,13-15). Anche noi, dopo duemila anni, rimaniamo attoniti di fronte a come Gesù, con decisione, dichiara che non spetta a Lui dirimere la questione tra i due fratelli. Non dobbiamo però arrestarci di fronte a questa perplessità. Gesù infatti li richiama a non attaccarsi a ciò da cui la vita non dipende, in questo caso il denaro, ricordando loro, e a tutti noi, che la vera dipendenza è quella da Dio. Scrive Giussani: “E, forse, quell'amore al denaro che ingiustamente faceva trattenere al fratello la parte di eredità che non gli sarebbe spettata, era lo stesso amore al denaro presente nell'altro fratello che reclamava i suoi diritti” (op. cit. p. 206).
Aggiunge poi il fondatore di CL: “Tutti noi avvertiamo che i problemi sono la stoffa delle nostre ore e delle nostre giornate, problemi grandi e piccoli. E se c’è un impeto che segna ogni vita, è l’impeto a risolverli. Filosofie e ideologie, realtà sociali e politiche propongono delle soluzioni” (op. cit. p. 201). Traendo spunto dall'episodio citato, riferito solo da San Luca, e facendone di esso il supporto teologico, Giussani ci indica quale sia in realtà la preoccupazione pedagogica di Gesù e quindi della Chiesa, suo prolungamento nella storia: Suo compito non è quello di fornire soluzioni ai problemi umani. Tali soluzioni devono scaturire da uno sforzo ascrivibile all’uomo: “l'uomo è all’interno di una possibilità di soluzione, perché Dio non ci ha immesso nel flusso del tempo senza una ragione” (op. cit. p. 208). Mettersi al posto dell’uomo non sarebbe rispettoso della libertà umana; per la Chiesa sarebbe un'illusione, paragonabile a quella dei genitori che pretendono di aiutare i figli sostituendosi ad essi. “La libertà è il dono più grande che i cieli abbiano fatto all’uomo”, perciò il cammino di ognuno deve essere poggiato sulla sua propria libertà. Eccoci così al punto fondamentale: la Chiesa non ha il compito di fornire soluzioni per gli ostacoli e le difficoltà che ciascuno incontrerà nell’arco della propria vita, né tanto meno alle società in cui essa è inserita o, addirittura, al mondo intero. Ciò non significa però che sia “uguale a zero la funzione di Cristo e della Chiesa nei riguardi dei problemi degli uomini. (. . . ) da essi gli uomini vengono sollecitati a quei principi e a quelle condizioni, non perdendo di vista i quali tutto si trova a poter essere affrontato con verità” (op. cit. p. 206).
Il vero compito della Chiesa, analogamente a Gesù nella narrazione evangelica, è quello di esercitare un richiamo continuo a quei valori, a quel giusto atteggiamento che mette l’uomo nelle condizioni ottimali per dispiegare il suo potenziale di creatività umana: in particolare per far sì che i problemi siano risolti nel miglior modo possibile, o per dirla con Giussani, con più “rendimento”. È questo l’atteggiamento secondo il quale dovremmo sempre tenere presente che gli sforzi umani di risoluzione non sono dentro un meccanismo concepito dall’uomo, cioè dentro le ideologie. Ai problemi potranno essere date risposte tanto più efficaci e durature quanto più l’uomo si trovi in una posizione di attenzione, tanto per fare un esempio concreto, al “richiamo al valore della persona dell’altro – carità – o al contesto nel quale il denaro deve trovare il suo giusto posto con misura” (op. cit. p.207). Certo non è “la formula magica” per affrontare tutto con facilità “ma è il fondamento per cui la soluzione sia più facilmente umana”. (op. cit. p.207).
D’altro canto, ecco un ulteriore motivo per il quale la pretesa laicista di ridurre la Chiesa al silenzio non può essere accettata: significherebbe per essa venire meno a uno dei suoi maggiori compiti, costringendo il credente a rinunciare ad ascoltare la voce di una madre premurosa. Nonostante quanto abbiamo detto, chi ha però il coraggio di dire che la Chiesa, dalla sua fondazione, non abbia comunque collaborato, a fianco degli uomini, alla soluzione dei problemi del mondo con i suoi martiri, i suoi pastori, i suoi missionari?


(1) L. Giussani, Perché la Chiesa, Rizzoli, Milano 2003.



© Copyright L'Ottimista