lunedì 12 aprile 2010
Angelo Campodonico
Perché si attacca la Chiesa prendendo spunto dalle accuse riguardanti i casi di pedofilia? Non solo, giustamente, per le violenze e le incoerenze morali dei suoi uomini che devono essere denunciate e che sono anche il segno di una più generale rilassatezza dei costumi. Queste, però, per quanto gravi e in questo caso gravissime, non costituiscono un’obiezione radicale alla natura stessa della Chiesa e alla sua funzione storica. Che cosa c’è di più in questi ripetuti attacchi?
In un momento storico in cui si assiste ad una forte domanda di educazione e la Chiesa con la sua secolare tradizione continuamente rinnovata sembrerebbe a molti un’agenzia particolarmente abilitata tale scopo, si vuole implicitamente suggerire che, se la domanda di senso o domanda religiosa è pienamente giustificata, il giudizio, l’opzione, la certezza in materia religiosa non lo sono. La certezza produrrebbe inevitabilmente violenza. La violenza del fondamentalismo islamico a partire dalle “due torri”, la storia dell’intolleranza cristiana e - nonostante la differenza di ambiti - anche i fatti più recenti riguardanti la pedofilia ne sarebbero la conferma storica. Una volta che si è entrati nel “gruppo”, si è presi dalla sua logica autodifensiva. Della Chiesa non ci si può fidare, come a rigore non ci si potrebbe fidare di nulla al di fuori della propria ragione individuale.
Non si distingue volutamente fra certezza che nasce dall’esperienza e che non ha paura dell’altro e certezza ideologica che teme l’altro e la sua novità. Il suggerimento implicito è quello di restare “sulla soglia” criticamente, “da adulti”, senza giudicare e senza scegliere. Charles Taylor ha bene individuato questa tendenza in L’età secolare, come tratto fondamentale del secolarismo contemporaneo. Ma è possibile non scegliere? No, non si può restare sulla soglia, senza impegnarsi con alcuna ipotesi di vita. In primo luogo non si può educare senza comunicare certezze sperimentate. Ed educare bisogna. Anche chi dubita, infatti, comunica la certezza in nome di cui dubita.
In secondo luogo non scegliere significa comunque scegliere. La razionalità dell’uomo come egli stesso, infatti, è sempre in situazione, prende sempre partito, perché strutturalmente dipende. Si tratta di quel peso (pondus) dell’amore di cui parla Agostino e che non si può mai disattivare. Perciò non scegliere significa, pur sempre, scegliere per le mode culturali diffuse nella società e propagandate dai mass-media e dal potere dominante in un determinato momento storico. Oggi, di fatto, significa acconsentire al nichilismo. Come osserva acutamente Agostino nelle Confessioni, “il fasto della vanità, i piaceri della sensualità, il veleno della curiosità sono i sentimenti dell’anima morta. L’anima non muore perdendo ogni sentimento; muore allontanandosi dalla fonte della vita (Cf. Ger 2,13). Il secolo passando la raccoglie, e (l’anima) si uniforma ad esso”.
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