Dal Consiglio documento “pro gender”
Un primato mondiale nel campo del diritto sarebbe stato conseguito, secondo il segretario generale del Consiglio d’Europa (Coe), Thorbjørn Jagland, da una raccomandazione approvata una settimana fa dal comitato dei ministri di Strasburgo. Quel documento introduce la 'novità' giuridica dell’identità di genere per sollecitare misure volte a combattere discriminazioni fondate su di esso e sull’orientamento sessuale. Nel Trattato di Lisbona della Unione europea (che raccoglie 27 Stati contro i 47 del Coe), firmato il 3 dicembre del 2007, ed in vigore del primo gennaio 2009, il contrasto delle discriminazioni non è mai infatti riferito alla «identità genere», ma solo al «sesso» e all’«orientamento sessuale». La nuova denominazione ( gender in inglese) è l’ultima invenzione del movimento Lgbt (Lesbiche, gay, bisessuali, transessuali) che esprime l’ideologia secondo cui il sesso è oggetto di assoluta autodeterminazione, indipendentemente dalla differenza sessuale radicata nella biologia e nella civiltà.
La raccomandazione è stata varata il 31 marzo dai rappresentanti diplomatici dei responsabili degli Esteri dei 47 stati membri, ma a loro comunque il Coe conferisce lo stesso potere decisionale dei ministri. Si tratta di un testo che smussa alcuni angoli della risoluzione sullo stesso argomento del capogruppo socialista nell’assemblea parlamentare del Coe, lo svizzero Andreas Gross, che sarà votata nell’emiciclo del Palazzo d’Europa nella sessione che si terrà dal 26 al 30 aprile.
Nel caso del cosiddetto hate speech cioè «discorsi di incitamento all’odio», la raccomandazione chiede misure appropriate di contrasto, ma sottolinea che comunque dovrà essere rispettato «il diritto fondamentale alla libertà di espressione ». Nel sollecitare la informazione pro Lgbt nei programmi scolastici e nei «materiali pedagogici», si riconosce che queste misure dovranno tener conto dei diritti dei genitori nell’educazione dei loro figli. Tuttavia oltre a ribadire il fondamentale principio giuridico della dignità e del rispetto dovuto a qualsiasi persona, qualunque siano le sue scelte (principio, però, che può essere rispettato con gli strumenti di diritto già esistenti), il documento appare attivare numerosi slippery slope (piani inclinati) che non promettono nulla di buono per il vecchio Continente. Sempre a riguardo dei cosiddetti «reati» di incitamento all’odio, ad esempio, si sostiene che gli Stati membri dovranno assicurarsi che le vittime e i testimoni «siano incoraggiati a denunciarli», per cui le istituzioni pubbliche dovranno prendere tutte le misure necessarie per sorvegliare sul fatto che le strutture repressive, ivi compreso il sistema giudiziario, dispongano di conoscenze e competenze adeguate. Inoltre le asserzioni che secondo il movimento omosessuale incitano alla discriminazione, non possono essere giustificate né con «valori tradizionali» né con quelli «religiosi ». A proposito di 'piani inclinati', il testo passa dalla richiesta del riconoscimento giuridico integrale del cambiamento di sesso al diritto di sposare una persona di sesso opposto alla identità che ci si è voluti procurare. Dalla adozione dei single si slitta a quella degli omosessuali, in nome del principio di non discriminazione. Per aprire la strada, forse, come avviene nel documento di Gross, alla possibilità del partner gay di partecipare a tale adozione. In nome del «superiore interesse» del bambino si arriva poi a sollecitare il dovere di prendere in considerazione le coppie omosessuali in materia di responsabilità parentali. Stessa logica per la procreazione medicalmente assistita. Per raggiungere gli obiettivi perseguiti si sollecitano anche, quando ritenuto «appropriato », sanzioni e obblighi di risarcimenti. Alle istituzioni pubbliche si chiede anche una sorta di arbitrato a favore del movimento gay nel confronto con organizzazioni di vario tipo (anche comunità religiose) ed «azioni positive» a favore del movimento Lgbt.
La raccomandazione è stata varata il 31 marzo dai rappresentanti diplomatici dei responsabili degli Esteri dei 47 stati membri, ma a loro comunque il Coe conferisce lo stesso potere decisionale dei ministri. Si tratta di un testo che smussa alcuni angoli della risoluzione sullo stesso argomento del capogruppo socialista nell’assemblea parlamentare del Coe, lo svizzero Andreas Gross, che sarà votata nell’emiciclo del Palazzo d’Europa nella sessione che si terrà dal 26 al 30 aprile.
Nel caso del cosiddetto hate speech cioè «discorsi di incitamento all’odio», la raccomandazione chiede misure appropriate di contrasto, ma sottolinea che comunque dovrà essere rispettato «il diritto fondamentale alla libertà di espressione ». Nel sollecitare la informazione pro Lgbt nei programmi scolastici e nei «materiali pedagogici», si riconosce che queste misure dovranno tener conto dei diritti dei genitori nell’educazione dei loro figli. Tuttavia oltre a ribadire il fondamentale principio giuridico della dignità e del rispetto dovuto a qualsiasi persona, qualunque siano le sue scelte (principio, però, che può essere rispettato con gli strumenti di diritto già esistenti), il documento appare attivare numerosi slippery slope (piani inclinati) che non promettono nulla di buono per il vecchio Continente. Sempre a riguardo dei cosiddetti «reati» di incitamento all’odio, ad esempio, si sostiene che gli Stati membri dovranno assicurarsi che le vittime e i testimoni «siano incoraggiati a denunciarli», per cui le istituzioni pubbliche dovranno prendere tutte le misure necessarie per sorvegliare sul fatto che le strutture repressive, ivi compreso il sistema giudiziario, dispongano di conoscenze e competenze adeguate. Inoltre le asserzioni che secondo il movimento omosessuale incitano alla discriminazione, non possono essere giustificate né con «valori tradizionali» né con quelli «religiosi ». A proposito di 'piani inclinati', il testo passa dalla richiesta del riconoscimento giuridico integrale del cambiamento di sesso al diritto di sposare una persona di sesso opposto alla identità che ci si è voluti procurare. Dalla adozione dei single si slitta a quella degli omosessuali, in nome del principio di non discriminazione. Per aprire la strada, forse, come avviene nel documento di Gross, alla possibilità del partner gay di partecipare a tale adozione. In nome del «superiore interesse» del bambino si arriva poi a sollecitare il dovere di prendere in considerazione le coppie omosessuali in materia di responsabilità parentali. Stessa logica per la procreazione medicalmente assistita. Per raggiungere gli obiettivi perseguiti si sollecitano anche, quando ritenuto «appropriato », sanzioni e obblighi di risarcimenti. Alle istituzioni pubbliche si chiede anche una sorta di arbitrato a favore del movimento gay nel confronto con organizzazioni di vario tipo (anche comunità religiose) ed «azioni positive» a favore del movimento Lgbt.
«Avvenire» del 9 aprile 2010