Ogni  domenica al termine della adorazione eucaristica cantano in gregoriano: «Oremus  pro Pontifice nostro. Dominus conservet eum et vivificet eum et beatum  faciat eum in saecula et non tradat eum in animam inimicorum eius».  (Preghiamo per il nostro Pontefice perché Dio lo conservi e lo  vivifichi e non lo consegni all’anima dei suoi nemici).
E dunque  le 40 monache del Monastero cistercense di Valserena, nel Livornese,  per il Papa e la Chiesa pregano sempre. Ma ieri, 19 aprile, tutta la  giornata è stata dedicata a questa intenzione: «Un modo di partecipare  insieme alla tribolazione del momento presente, e alla grazia che solo  il momento presente contiene», dice madre Maria Francesca Righi, maestra  di Monasticato. «Ma la nostra partecipazione a questo momento di  sofferenza della Chiesa passa soprattutto attraverso la liturgia. Quella  della Settimana Santa è stata particolarmente intensa, dalla lavanda  dei piedi del giovedì con la processione al repositorio e l’adorazione,  fino al silenzio del sabato che culmina nella veglia, con il fuoco  acceso sotto le stelle e l’exultet che si alza come una  esplosione di fede nel cuore della notte... E proprio il Venerdì santo  il nostro anziano cappellano ha scritto una lettera semplice, ma di  affezione sincera, al Papa. Poi anche noi gli abbiamo scritto.  Ricordando ciò che Benedetto XVI aveva detto all’inizio del suo  ministero: "Non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà  non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge,  mi sostiene e mi porta". Ecco – abbiamo scritto al Papa –, noi non  siamo sante, però vorremo dirle la nostra fede, l’obbedienza,  l’affezione, la speranza che il suo pontificato guidi ancora a lungo la  Chiesa».
E c’è una nota di tenerezza materna nella voce di madre  Righi, quando sottolinea che Benedetto XVI ha 83 anni, «è anziano, e  porta una croce così grande...». Cita quasi a memoria, la suora, una  preghiera scritta dal Papa stesso, che le monache di Valserena amano  recitare. Dice fra l’altro questa preghiera: «Concedici l’umile  semplicità della fede che non si lascia fuorviare quando tu ci chiami  nelle ore del buio, dell’abbandono, quando tutto sembra apparire  problematico...».
Arrivano, in convento, solo Avvenire e  l’Osservatore Romano, ma madre Righi in ragione dei suoi  compiti legge gli altri quotidiani. «Ho trovato ignobili certi titoli  che sembravano volere identificare la Chiesa con la pedofilia. Abbiamo  letto in refettorio alcuni interventi e editoriali e ci siamo  riconosciute nella lettera di Marcello Pera al Corriere della Sera,  quando affermava che «ciò che è più grave in questa situazione di  battaglia sono i cristiani che non capiscono».
Ma fra le  trappiste quali commenti, quali parole ha generato lo scandalo della  pedofilia? «La denuncia dei fatti irlandesi c’era già stata  pubblicamente nel 2006. La lettera ai cattolici d’Irlanda è lettera  penitenziale, e catechesi: comincia con la storia della Chiesa  irlandese, ricca di gloria, e termina con una esortazione a non  disperare della misericordia. Il rigore della Chiesa per i suoi figli  che mancano così gravemente è più che giusto – e di quel male fatto noi  stesse proviamo un profondissimo dolore; ma è crudele e ingiusta la  condanna generalizzata di un mondo che mentre stigmatizza chi cade,  dall’altro lato esalta una mentalità che favorisce e incita quello  stesso male. Sembra che il vero oggetto dello scandalo, più che il male  compiuto da alcuni preti, sia un sottaciuto fastidio del bene che tanta  altra parte della Chiesa fa. In ogni caso, fra noi, di tutto questo  abbiamo riflettuto, ma parlato poco. Pregare è tanto più necessario che  commentare».
Domenica a Malta il Papa ha pianto con le vittime  degli abusi. «Comprendiamo fino in fondo il suo dolore e la sua  vergogna. Che cosa è più sensato che piangere, davanti a un tale  tradimento? Ma come Benedetto XVI ha detto, il naufragio è anche fonte  di rinascita. A ricordarci che nessuno si salva da sé, ma chi ci salva è  Cristo». Che cosa direbbe lei, suora di clausura, al Papa, se oggi lo  avesse davanti? «Spiritualmente ce lo abbiamo davanti, sempre, nel  cuore. Che cosa direi? Mi inginocchierei, gli bacerei le mani e gli  chiederei la benedizione. Sarei così felice e grata che non potrei dire  proprio niente»
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