di Bruno Mastroianni
È un paradosso. Più l’ondata polemica sulla  pedofilia ha assunto toni da turba sgangherata, più le carte e i  documenti ci hanno restituito un Ratzinger (prima cardinale e poi Papa)  di grande equilibrio e condotta cristallina. Più sono usciti articoli  zeppi di aggettivi foschi e allarmanti, più le azioni della Santa Sede  (stando alle disposizoni del 2001 con le loro linee guida) si sono  rivelate fondate su criteri oggettivi. Più certi organi di stampa si  concentrano su cimeli pedofili di venti, trenta, quarant’anni fa, più  Benedetto XVI si mostra attento al presente e al futuro. La realtà è che  i fomentatori dello pseudo-allarme si sono svegliati tardi. Sono anni  che Joseph Ratzinger ha chiaro il problema. Non solo: lo ha chiaro nella  sua portata più ampia. Infatti, mentre la bagarre isterica vede solo  pedofili e non fa che proporre un ottuso “sbattiamo in carcere i  colpevoli e denunciamo tutti i sospetti”, Benedetto XVI sta andando  oltre, allargando l’intervento al tema più ampio del ruolo del sacerdote  nel mondo. Per questo l’anno sacerdotale, per questo le catechesi sul  senso del sacerdozio, per questo la lettera ai cattolici d’Irlanda che  chiede ai preti di essere autentici uomini di preghiera. La fissazione  sul manipolo di pedofili del passato non sembra avere altre proposte che  trasformare il Papa in un poliziotto e ogni vescovo in un secondino.  Benedetto XVI invece sta guardando al futuro: a quelle centinaia di  migliaia di preti sulla cui fede si giocherà il destino delle anime del  resto del mondo.
© Copyright Tempi, 21 aprile 2010
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