di Germano Palmieri
La separazione dei coniugi, a parte le più o meno profonde e insanabili lacerazioni dei sentimenti e degli affetti coniugali, comporta una serie di conseguenze logistiche ed economiche, che nelle famiglie monoreddito o comunque sulla soglia della povertà producono effetti a dir poco devastanti, soprattutto se vi sono dei figli.
Dati per scontati i traumi e lo stress che la separazione provoca in questi (anche se in molti casi è preferibile, nel loro interesse, che i genitori pongano fine al rapporto piuttosto che continuare a convivere in un clima di infuocata conflittualità), fra i coniugi a rimetterci è quasi sempre il marito, dal momento che i figli, e con questi la casa familiare, vengono di regola assegnati alla madre, spesso per imprescindibili e comprensibili esigenze di assistenza del minore (si pensi a un bambino di pochi anni o addirittura di pochi mesi), con il padre tenuto a contribuire al loro mantenimento e a quello della madre se questa non ha mezzi sufficienti e non le è stata addebitata la separazione.
In particolare, il fatto che i figli minori vengano affidati quasi sempre alla madre, a parte eccezioni di conclamata impossibilità, in capo a questa, di accudirli ed educarli adeguatamente (per esempio per alcolismo o uso abituale di sostanze stupefacenti), riduce inevitabilmente, quando non mortifica, il ruolo del padre; un costruttivo ed efficace dialogo educativo, infatti, passa attraverso una presenza costante e non saltuaria del genitore, per cui se la madre, disattendendo gli accordi (nel caso di separazione consensuale) o l’ordine del giudice (nel caso di separazione giudiziale), non agevola gli incontri del padre con i figli, o addirittura scredita il genitore ai loro occhi, si creano le premesse per un allontanamento affettivo della prole da uno dei genitori.
Un altro atteggiamento, sanzionabile con l’ammonizione di cui al secondo comma, n. 1), dell’art. 709-ter del codice di procedura civile, è quello della madre che, deliberatamente ed ingiustificatamente, ostacola i rapporti tra padre e figlio, alimentandone il conflitto esistente (Tribunale di Firenze, 11 febbraio 2008). Se poi la madre addirittura impedisce i rapporti tra padre e figlio, il giudice, come vedremo, può disporre l’affidamento in via esclusiva al padre.
Quanto all’uscita del padre dalla casa familiare, questo effetto della separazione comporta che molti padri separati si vedano costretti a chiedere ospitalità a parenti e amici, o a ricorrere alla pubblica assistenza, quando non si riducono a vivere ai margini della società.
Per cercare di ovviare alle molteplici difficoltà dei genitori separati, col tempo si sono venute costituendo diverse associazioni (fra queste l’Associazione genitori separati www.genitoriseparati.it e l’Associazione italiana genitori separati www.aiges.org), alcune delle quali con il compito di prestare assistenza psicologica e legale, specificamente, ai padri separati, per aiutarli a superare questa fase traumatica della loro esistenza, anche attraverso la ricerca di una sistemazione abitativa decorosa, necessariamente propedeutica al reinserimento nella vita di relazione: fra queste l’Associazione Padri Separati www.padri.it, il gruppo Sos Padri Separati www.padriseparati.it. e l’Associazione Papà Separati www.papaseparati.it. Tutte queste organizzazioni sono presenti nelle principali città e i relativi indirizzi e recapiti telefonici sono ricavabili dal rispettivo sito Internet.
In questo Focus passeremo in rassegna, alla luce della più recente giurisprudenza, le fattispecie riguardanti gli aspetti conseguenti alla separazione personale dei coniugi, aspetti sostanzialmente riconducibili all’affidamento dei figli, all’assegnazione della casa familiare e all’assegno di mantenimento, non senza premettere che, nei casi in cui sia possibile farvi luogo, la separazione consensuale è senz’altro preferibile a quella giudiziale: sia perché non vengono resi noti, sia pure a persone tenute al segreto d’ufficio o professionale (giudici e avvocati, ma di regola vengono anche escussi testimoni, che non hanno quest’obbligo), fatti intimi e personali se non vere e proprie meschinità e bassezze, con conseguente, ulteriore inasprimento della tensione fra i coniugi, sia perché è sufficiente un solo avvocato che li assista entrambi (alcuni Tribunali accettano addirittura che il ricorso venga predisposto direttamente dai coniugi); sia, infine, perché si perviene alla sentenza con rapidità: circostanza non riscontrabile nella separazione giudiziale, che può richiedere tempi anche molto lunghi, tutto dipendendo dalle “munizioni” a disposizione dei contendenti e dall’abilità dei difensori (recenti statistiche parlano di una media di 130 giorni per arrivare alla separazione consensuale, contro 998 per definire quella giudiziale).
Dati per scontati i traumi e lo stress che la separazione provoca in questi (anche se in molti casi è preferibile, nel loro interesse, che i genitori pongano fine al rapporto piuttosto che continuare a convivere in un clima di infuocata conflittualità), fra i coniugi a rimetterci è quasi sempre il marito, dal momento che i figli, e con questi la casa familiare, vengono di regola assegnati alla madre, spesso per imprescindibili e comprensibili esigenze di assistenza del minore (si pensi a un bambino di pochi anni o addirittura di pochi mesi), con il padre tenuto a contribuire al loro mantenimento e a quello della madre se questa non ha mezzi sufficienti e non le è stata addebitata la separazione.
In particolare, il fatto che i figli minori vengano affidati quasi sempre alla madre, a parte eccezioni di conclamata impossibilità, in capo a questa, di accudirli ed educarli adeguatamente (per esempio per alcolismo o uso abituale di sostanze stupefacenti), riduce inevitabilmente, quando non mortifica, il ruolo del padre; un costruttivo ed efficace dialogo educativo, infatti, passa attraverso una presenza costante e non saltuaria del genitore, per cui se la madre, disattendendo gli accordi (nel caso di separazione consensuale) o l’ordine del giudice (nel caso di separazione giudiziale), non agevola gli incontri del padre con i figli, o addirittura scredita il genitore ai loro occhi, si creano le premesse per un allontanamento affettivo della prole da uno dei genitori.
Un altro atteggiamento, sanzionabile con l’ammonizione di cui al secondo comma, n. 1), dell’art. 709-ter del codice di procedura civile, è quello della madre che, deliberatamente ed ingiustificatamente, ostacola i rapporti tra padre e figlio, alimentandone il conflitto esistente (Tribunale di Firenze, 11 febbraio 2008). Se poi la madre addirittura impedisce i rapporti tra padre e figlio, il giudice, come vedremo, può disporre l’affidamento in via esclusiva al padre.
Quanto all’uscita del padre dalla casa familiare, questo effetto della separazione comporta che molti padri separati si vedano costretti a chiedere ospitalità a parenti e amici, o a ricorrere alla pubblica assistenza, quando non si riducono a vivere ai margini della società.
Per cercare di ovviare alle molteplici difficoltà dei genitori separati, col tempo si sono venute costituendo diverse associazioni (fra queste l’Associazione genitori separati www.genitoriseparati.it e l’Associazione italiana genitori separati www.aiges.org), alcune delle quali con il compito di prestare assistenza psicologica e legale, specificamente, ai padri separati, per aiutarli a superare questa fase traumatica della loro esistenza, anche attraverso la ricerca di una sistemazione abitativa decorosa, necessariamente propedeutica al reinserimento nella vita di relazione: fra queste l’Associazione Padri Separati www.padri.it, il gruppo Sos Padri Separati www.padriseparati.it. e l’Associazione Papà Separati www.papaseparati.it. Tutte queste organizzazioni sono presenti nelle principali città e i relativi indirizzi e recapiti telefonici sono ricavabili dal rispettivo sito Internet.
In questo Focus passeremo in rassegna, alla luce della più recente giurisprudenza, le fattispecie riguardanti gli aspetti conseguenti alla separazione personale dei coniugi, aspetti sostanzialmente riconducibili all’affidamento dei figli, all’assegnazione della casa familiare e all’assegno di mantenimento, non senza premettere che, nei casi in cui sia possibile farvi luogo, la separazione consensuale è senz’altro preferibile a quella giudiziale: sia perché non vengono resi noti, sia pure a persone tenute al segreto d’ufficio o professionale (giudici e avvocati, ma di regola vengono anche escussi testimoni, che non hanno quest’obbligo), fatti intimi e personali se non vere e proprie meschinità e bassezze, con conseguente, ulteriore inasprimento della tensione fra i coniugi, sia perché è sufficiente un solo avvocato che li assista entrambi (alcuni Tribunali accettano addirittura che il ricorso venga predisposto direttamente dai coniugi); sia, infine, perché si perviene alla sentenza con rapidità: circostanza non riscontrabile nella separazione giudiziale, che può richiedere tempi anche molto lunghi, tutto dipendendo dalle “munizioni” a disposizione dei contendenti e dall’abilità dei difensori (recenti statistiche parlano di una media di 130 giorni per arrivare alla separazione consensuale, contro 998 per definire quella giudiziale).
«La Stampa» del 26 aprile 2010