Se il tema aborto non fosse un tabù  laicista, nessuno potrebbe dire di non sapere, ma nessuno ne parla e  allora non si sa che l'interruzione di gravidanza dopo il primo  trimestre si svolge come un parto:  il bimbo nasce, ha un cuore che  batte, e lentamente si spegne. In Italia la legge 194 impone di non  farlo quando c'è una possibilità di farlo vivere, cioè dopo ventidue  settimane dal concepimento, ma se nasce prima non è detto che nasca  morto, anzi:  è in grado di sentire il dolore (circa dalla ventesima  settimana) o di far piccoli movimenti. Se si guarda il piccolo torace si  vede a occhio nudo il cuore battere. Non si può far finta di non  saperlo. 
L'aborto tardivo sta creando malcontento all'estero, anche nei  confronti dell'escamotage detto partial birth abortion ("aborto a  nascita parziale"), che in una fase di gravidanza avanzata, a metà del  processo di uscita del feto dall'utero, quando il feto non ha ancora  tratto il primo respiro, lo fa morire recidendo la base del cranio, per  non farlo nascere vivo. Sconcerto, certo; e sconcerto di fronte a un  bimbo vivo abbandonato in un angolo di corsia. Ma sono poi tutte letali e  gravissime le patologie per cui si decide l'aborto? A ripensare il caso  fiorentino finito sui media tre anni fa, in cui fu abortito un bimbo  per un'anomalia all'esofago assolutamente operabile (diagnosi oltretutto  sbagliata), non si direbbe. E poi, siamo sempre in presenza di un  percorso che mette i genitori di fronte alle possibilità terapeutiche, a  colloquio con gli specialisti della malattia in atto, per capirne la  reale gravità? Perché se l'aborto contrasta la dignità del bimbo, la  mancata totale informazione e la sbrigatività contrastano la dignità  della donna. 
 Proviamo a mettere al centro del discorso la dignità di entrambi, e  vedremo come sarà inconcepibile lasciare la donna sola, alle prese con  l'angoscia di un freddo foglio col nome della malattia del figlio. E  sarà altrettanto inconcepibile non ripensare "chi è" il soggetto  dell'aborto recuperando l'assurdità dell'evento e usando almeno la  pietà:  il bimbo se è rianimabile deve avere una chance (ma in base alla  194 non dovrebbe accadere che si abortisca un bimbo che può vivere); se  non è rianimabile perché è troppo piccolo, deve comunque avere un  ambiente caldo e dignitoso, una compagnia umana, un nome e una degna  sepoltura proprio come qualunque altra persona in fin di vita, perché  alla violenza non si aggiunga l'oltraggio.
(©L'Osservatore Romano - 28 aprile 2010)