DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Ratzinger, guida sicura: fede e ragione convivono. Di Francesco Paolo Casavola

Il 19 aprile del 2005 Joseph Ratzinger, cardinale prefetto della congregazione per la dottrina della fede, veniva eletto Papa e assumeva il nome di Benedetto XVI. Professore universitario di teologia, tedesco di nazione, dovette forse apparire ai suoi elettori in conclave l’uomo idoneo a dare alla Chiesa una pausa di raccoglimento e di riflessione, dopo il lungo itinerario tra le moltitudini di ogni parte del mondo che aveva caratterizzato il pontificato di Giovanni Paolo II, il polacco Karol Woytjla.
Dopo cinque anni non sembra che quelle previsioni e attese abbiano colto nel segno. La vita della Chiesa non è predeterminata solo dal suo interno, ma anche dalla vita del mondo. Chi per poco sia informato sulla storia della Chiesa sa quanto gli eventi del mondo, le volontà degli uomini che ne sono coinvolti abbiano influenzato e talora prodotto mutamenti anche traumatici del suo cammino. Dopo l’universale consenso che aveva raccolto Giovanni Paolo II e la compassione suscitata dal doloroso calvario della conclusione della sua esistenza, chi avrebbe immaginato le tante manifestazioni di ostilità accese contro il suo successore?
Eppure Benedetto XVI si è presentato non con un disegno di egemonia culturale sulla società contemporanea, né di esclusivismo veritativo sulla pluralità delle fedi religiose professate in ogni continente, né di supremazia sui credenti tale da cancellarne la libertà di coscienza.
Egli con: le sue tre encicliche, Deus caritas est, Spe salvi, Caritas in veritate ha dato le credenziali della missione prescelta, l’esercizio del Magistero in forma argomentata, piana, persuasiva. La fede vuole incontrare la ragione non sopprimerla con la insondabilità dei misteri. La stessa vita di Gesù di Nazaret del 2007, non ancora completata del secondo volume, nel contrappunto tra il Gesù della storia e il Cristo della fede, risponde allo stesso canone del reciproco cercarsi della intelligenza dell’uomo e della verità di Dio.
Eppure questo maestro di una fede umile è accusato di offendere la razionalità del mondo moderno. Il rispetto ch’egli porta per le altre fedi abramitiche incontra rampogne.
I crimini sessuali commessi da sacerdoti, per non essere stati tempestivamente perseguiti, gli vengono imputati, quando egli unico e primo, nella via Crucis del 2005, denunciò la sporcizia nella Chiesa, e oggi chiede perdono alle vittime e proclama per la Chiesa un tempo di penitenza e perciò di grazia.
Di lui si dice che privilegia una continuità nella tradizione cattolica tale da attenuare il moto di mutamento aperto dal Concilio Vaticano II.
Ma i critici forse ignorano quanto le esperienze personali della vita di fede reclamino quella dimensione escatologica della Comunione dei santi, che rende compresenti tutte le generazioni trapassate, viventi e venture a sostegno di ogni attimo di esistenza credente. Non è forse troppo superficialmente mondano o impropriamente politico usare delle categorie di continuità o discontinuità per un Pontefice che vuole solo preservare da fratture e cesure il cammino metatemporale della Chiesa. Altra cosa è il progredire in questo cammino che è continua rinascita, riforma, rinnovazione. L’ispirazione evangelica deve investire tutti, uomini di chiesa e laici. Quando al Signore fu chiesto se fosse venuto a sciogliere dalla legge, egli rispose che non a sciogliere era venuto, ma a compiere la legge. Quale più alta continuità di questa, nella discontinuità tra l’Antico Israele che si tramanda nella fede cristiana?
Il quinquennio di Benedetto XVI sembra offrirci una guida sicura per proseguire un cammino iniziato due millenni fa e destinato a compiersi con la fine della storia umana.

© Copyright Il Mattino, 20 aprile 2010