di Manuela Grassi
Giovane e bello, Gian Gaetano Orsini morì improvvisamente per una caduta da cavallo.
Il fratello Napoleone, potente cardinale legato ai frati minori di Assisi, fece costruire per lui una cappella nella Basilica Inferiore, la dedicò a San Nicola e la fece interamente affrescare.
Fino a oggi rimasta in ombra, la cappella sarà protagonista della mostra “I colori di Giotto. La Basilica di Assisi tra restauro e restituzione virtuale” (11 aprile-5 settembre 2010, tutte le informazioni su www.civita.it) insieme all’allestimento “Giotto com’era” nel Palazzo di Monte Frumentario, che attraverso tecniche digitali d’avanguardia e un lavoro durato cinque anni restituirà al pubblico gli affreschi della Leggenda francescana nella loro integrità originale.
Su Giotto, il più grande fra i grandi artisti che hanno narrato le gesta di San Francesco in quella che è considerata «la più compiuta decorazione museale del Duecento e del Trecento italiano» (Elvio Lunghi, La Basilica di San Francesco di Assisi, la Scala), è aperto il dibattito critico.
Famosa per esempio la presa di posizione di Federico Zeri e del restauratore Bruno Zanardi, secondo i quali nelle storie di Francesco c’è più la mano del romano Pietro Cavallini che del pittore toscano.
«Questa sarà un’ottima occasione per confrontarsi» dice Giuseppe Basile, curatore dell’intero progetto, un curriculum impressionante di restauri di grandi opere (come gli affreschi nella Basilica danneggiati dal terremoto del 1997).
«Ma lo scopo di quest’operazione, per me addetto alla conservazione, è quello di attirare l’attenzione del pubblico più vasto e spesso più sensibile sul fatto che le opere una volta restaurate non restino abbandonate a se stesse».
Nel 1993 Basile e la sua équipe fecero una revisione dello stato di conservazione delle storie francescane: da 280 metri quadrati di affresco furono tolti 80 chili di «particellato atmosferico», detto anche polvere.
Scortati dal capo restauratore Sergio Fusetti in cappellaccio nero, Panorama ha visitato in anteprima il «cantiere aperto» della Cappella di San Nicola.
Ai lati dell’entrata sono vivide le due scene La morte del fanciullo di Sessa e La resurrezione del fanciullo, attribuite a Giotto, che raccontano la tragica morte di un bambino nel crollo di una casa e la sua resurrezione a opera di Francesco.
Anche Fusetti fu in un certo senso miracolato quando, nel 1997, sopravvisse, unico in un gruppo di cinque, al crollo di una volta nella Basilica.
La cappella è suddivisa in quattro piani dalle impalcature, vi saranno ammessi gruppi di 25 persone per circa 15 minuti mentre quattro restauratori saranno all’opera.
Si parte dall’alto, una porzione del volto di San Francesco (che con San Nicola presenta a Cristo i committenti Orsini, il cui stemma ricorre 91 volte nelle decorazioni) è già ripulita e ha acquistato una trasparenza luminosa.
Spiega Fusetti:
«Negli anni Settanta venne fatto un restauro un po’ pesante, noi interveniamo con leggerezza»
Si pulisce con acqua distillata e carbonato di ammonio, poi si passa alla fase di consolidamento e all’integrazione pittorica. «Ad acquerello, con colori neutri».
Il pubblico vede riaffiorare l’azzurrite del cielo originale, ora un po’ nascosta da pennellate grigiastre. Finissimo il sepolcro in pietra caciolfa di Gian Gaetano Orsini, che ha lo stesso schema adottato poi da Arnolfo di Cambio per la tomba di Bonifacio VIII in San Pietro.
Gli affreschi sono attribuiti a maestri giotteschi, ma l’ipotesi è che anche il sommo pittore vi abbia messo mano. Il problema è la mancanza di documenti.
Sostiene Basile:
«Si può dire che qui Giotto prevalga come disegno e concezione generale. I critici hanno opinioni sottili, anche la discrepanza di qualche anno è rilevante per loro»
Giotto è di nuovo ad Assisi, dove ha operato fino alla fine del 1200, nel 1301-02, periodo in cui si lavora alla Cappella di San Nicola, poi va a Padova e ritorna ad Assisi nel 1309. Agli studiosi l’ultima parola.
Terminata la visita alla cappella, si può salire alla Basilica Superiore per rivedere le mirabili storie di San Francesco, e da lì raggiungere il Palazzo di Monte Frumentario, dove è ricostruita in piccolo la Basilica.
E dove, su pannelli grandi circa la metà degli originali, sono riprodotte le 28 scene nel loro stato originale (solo l’affresco dedicato alla Conferma della Regola di San Francesco da parte di Papa Innocenzo III, immagine guida dell’evento per la ricorrenza del suo VIII centenario, è proposto in scala reale).
Questo è stato possibile perlustrando punto per punto l’opera su un trabattello, fotografando i minimi dettagli e riproducendoli digitalmente, per farli poi ritoccare dal restauratore e pittore Fabio Fernetti.
Grazie alla tecnologia di Hal9000, un touch screen sotto ogni pannello permette di vedere lo stato attuale degli affreschi.
Che cosa colpisce di più nel Giotto originale? Risponde Basile:
«Già ad Assisi, prima di Padova, si dimostra colorista grandissimo, tale da poter stare vicino a Tiziano o Velázquez. Gli elementi secondari, come coltri, tappeti, colonnine tortili, sono riccamente lavorati e dunque è artista che si raccomandava anche per la sua magnificenza. Il gioco teatrale è fortissimo, come il gioco tra vero e illusorio»
Un perfetto prologo alla grande mostra in preparazione per il 2011: Giotto e Assisi.
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