giovedì 22 aprile 2010
Nella confusione del dibattito scientifico sull'autenticità o meno della Sindone interviene Andrea Tornielli, vaticanista del Giornale. «In ogni caso è necessario un approccio multidisciplinare. Altrimenti si finisce per affermare che la scienza ha dimostrato che la Sindone è un falso medievale a partire dal risultato del radiocarbonio». L’uomo della Sindone, dice Tornielli, è realmente Gesù di Nazareth.
Tornielli, quando comincia l’interesse scientifico attorno alla Sindone?
Sul finire del 1800, quando un fotografo dilettante, che di mestiere faceva l’avvocato, fotografa la reliquia che fino a quel momento era esclusivamente un oggetto di culto venerato dai cristiani. L’improvvisato fotografo si accorge che sopra la lastra negativa c’è l’immagine in positivo. Tanto è vero che sono quelle nere le raffigurazioni in cui si vede il volto bianco. Da questo momento si avvia l’interesse, cui seguono le ricerche negli anni ’70. È il periodo in cui si crea un pool di scienziati. Scattano i prelevamenti dei campioni e le analisi. La Sindone viene addirittura lasciata due giorni nelle loro mani affinché possano esaminarla.
Da questi esami emergono dubbi e scetticismi sull’autenticità del lenzuolo. Si parla addirittura di falso medievale.
Il discrimine della grande polemica è la datazione a radiocarbonio del 1988. Commissionata a tre differenti laboratori: Oxford, Zurigo e Tucson in Arizona. Secondo i loro risultati si stabilisce un’età compresa tra il 1260 e il 1390, dunque una datazione medievale. Giusto per chiarezza ricordo l’ultima pubblicazione del Sis Magazine (rivista scientifica di statistica, ndr), dove quattro docenti universitari, tre italiani e un inglese, dimostrano la non-attendibilità del risultato del 1988. Individuano un trend lineare secondo il quale trasferendo questi dati (la datazione emersa da quei 4 cm di lenzuolo) a tutto il lenzuolo ne risulta una variazione di data che va dall’anno 33 d.C. al 20000 d.C. Evidentemente il risultato del 1988 è sballato.
Si tratta di un errore?
I laboratori hanno operato abbastanza bene, almeno nella fase di campionatura vera e propria. Mentre nella fase di rielaborazione dei dati qualcosa è successo di certo.
In che senso?
Fu prelevato un pezzo dall’angolo superiore a sinistra in prossimità dell’impronta frontale dei piedi di Gesù. E venne sezionato in almeno 6 pezzi, a ciascuno dei laboratori ne venne consegnato uno. Al termine della prima fase di esami i tre laboratori, causa problemi matematici nei risultati, si consultarono fra loro. Sta di fatto che il risultato, ormai inquinato, venne alterato. La cosa interessante, però, è che non sono stati presi tre campioni da punti diversi del lenzuolo, ma da un unico angolo. Ricerche del chimico americano Raymond Rogers (quello che aveva bombardato la Sindone con gli ultravioletti) dimostrano come proprio quell’angolo lì sia uno dei più contaminati. Per quale motivo quello è l’angolo più contaminato? Siamo nel campo delle spiegazioni possibili. Willard Frank Libby, premio Nobel 1960 per la chimica grazie all’invenzione del carbonio 14, diceva che era impossibile datare qualcosa di cui non si poteva ricostruire la storia delle contaminazioni. In più per il telo di lino è particolarmente difficile: se poi è stato esposto a ostensioni, al fuoco delle candele, se è stato toccato dai fedeli e sottoposto a un incendio (nel 1532 a Chambéry) la situazione si complica. Non possiamo sapere a che livello è arrivata la contaminazione. Il chimico Raymond Rogers ha scoperto le zone di rammendo invisibile… Ha individuato proprio nella zona del campione prelevata per il radiocarbonio del 1988 delle inserzioni di rammendo invisibile con filo di cotone. I medievali erano in grado di fare rammendi e cucire un buco che si fosse aperto senza lasciarne traccia. Il cosiddetto rammendo invisibile, che si otteneva attorcigliando parte del filo della stoffa preesistente con quello che veniva aggiunto per creare la toppa o il rammendo. Rogers ha dimostrato che esistono tracce di filo di cotone sulla Sindone (tessuta con filo di lino), quindi il rammendo è datato molto dopo. Al tempo in cui le suore clarisse del monastero di Chambéry, in seguito all’incendio del 1532, mettono le toppe a tutti i buchi. Toppe che oggi non ci sono più, perché tolte nel corso della restauro del 2002. L’ effetto (hanno messo un telo bianco come fondo) l’ha resa più chiara e meno visibile. Si parla molto di manipolazioni ad opera di lobby sul sacro lenzuolo. Cosa c’è di vero?
Sulle lobby non dico niente. Certo è che ci sono forti dubbi su come sono stati lavorati quei dati. Perché, comunque, c’è un problema dimostrato dagli statistici del Sis Magazine e da altri professori della “Sapienza” di Roma un paio di anni fa. Che hanno dimostrato che è stato cambiato un numero per fare arrivare la soglia di attendibilità di tutto il ragionamento dall’1 al 5%, vale a dire la soglia minima per poter presentare l’esame scientificamente.
Tirando le somme, come bisogna lavorare su questa reliquia?
In ogni caso è necessario un approccio multidisciplinare. Altrimenti si finisce per affermare che la scienza ha dimostrato che la Sindone è un falso medievale a partire dal risultato del radiocarbonio. E poi non si riesce a spiegare come si sia prodotta l’immagine, come questo falsario avrebbe riprodotto nell’immagine, non si sa come, le caratteristiche storico-archeologiche della crocifissione non di un uomo qualsiasi ma di Gesù con delle modalità diverse da quelle conosciute nel Medioevo e dall’iconografia classica.
Ovvero?
Parlo di chiodi sui polsi, invece che sul palmo. Della corona di spine, un casco completo, invece di un “serto” che è una striscia.
In uno dei suoi articoli sul Giornale lei paragona questo pseudo-falsario medievale a Superman...
Sì. Perché il falsario medievale avrebbe dovuto cospargere la Sindone di pollini che per tre quarti appartengono all’area mediorientale e in alcuni casi reperibili solo nella zona di Gerusalemme. E poi il falsario medievale avrebbe dovuto saper distinguere tre tipi di sangue: venoso, arterioso e post-mortem, che sono quelli individuati sul lenzuolo. A parte gli scherzi, checché ne dicano Garlaschelli e il Cicap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale) la scienza non è mai riuscita a riprodurne una copia. Quelle di Garlaschelli non sono solo brutte, sono pessime. Non reggono il confronto a occhio nudo, figurarsi al microscopio. Garlaschelli ha ottenuto la sua copia, usando un modello e strofinando poi dall’esterno con dell’ocra. L’immagine che si è formata è stata costruita dall’esterno.
Mentre l’immagine della Sindone…
…è formata da dentro, quasi fosse un’impronta o un’irradiazione al lenzuolo. In più, secondo la copia di Garlaschelli, il volto restituito dal color ocra è deforme. Ed è inevitabile, dato che si è avvolto un volto con un lenzuolo e dopo averlo disteso il risultato era un’oscenità. Al contrario nella Sindone il volto ha caratteristiche tridimensionali al pari di una proiezione sul lenzuolo. Non contento Garlaschelli ha tentato anche di rifare le macchie di sangue mettendole al posto giusto. Peccato che nel sacro lenzuolo, ed è provato scientificamente, le macchie si sono trasferite prima dell’immagine.
Può spiegarsi?
I decalchi di sangue sono trasferiti prima sul lenzuolo. E lo sappiamo perché sotto le macchie non c’è immagine. Il sangue ha fatto da schermo. Dunque prima si è trasferito il sangue che si è mescolato al lino e ha incollato i fili, poi c’è stata l’immagine, non con una pittura, bensì un’ossidazione, una disidratazione in ogni singola fibra di lino ma a un livello totalmente superficiale, nell’ordine dei millimetri). Per darne un’idea fisica: se lo spessore del lino fosse il mio braccio l’immagine interessa solo i peli. I fisici dell’Enea di Frascati hanno ottenuto qualcosa di simile, bombardando con un laser a eccimeri, per cui con raggi di luce potentissimi e velocissimi, del tessuto. Solo così sono riusciti a ottenere una colorazione simile a quella dell’immagine della Sindone.
Un’«esplosione di luce» all’origine dell’immagine, giusto?
È un’ipotesi, quella che si avvicina di più alla verità. Gli scienziati fanno le loro prove. Nessuno, comunque, è riuscito a ottenere una copia della Sindone. Che la scienza non sia ancora in grado di spiegare come si sia formata l’immagine, pone un problema alla stessa radiazione del radiocarbonio. Perché si data un fenomeno che ancora non si è riusciti a riprodurre in laboratorio? Torno a ripetere che l’approccio necessario è quello multidisciplinare. E, anche solo per un calcolo di probabilità, la Sindone è al 99,9% autentica. Quello è il lenzuolo che nel primo secolo d.C. ha avvolto il corpo di Gesù Cristo.
Come spiega le posizioni del Cicap, oltre a tutte le altre riserve che fanno leva sulla discordanza dei dati, o si appoggiano alla parzialità di alcuni dati scientifici - come Wikipedia quando cita le analisi al Carbonio 14 - per negare l’autenticità del lenzuolo?
Strumentalizzazioni. Avevo molta stima del Cicap per la loro attività nello smascherare il paranormale. Ma vedendo come hanno lavorato sulla Sindone, con quel trionfalismo tronfio e scientista con cui sbandierano risultati che sono ridicoli, quando ho visto questo ho messo in dubbio tutto il loro lavoro. Finiranno per farmi credere anche nei fantasmi e negli astrologi se vanno avanti così. Quelli che si battono contro l’autenticità della Sindone sono un gruppo di persone finanziate dall’Unione Atei e razionalisti italiani. Il problema è che non svolgono questi studi con l’ipotesi di un aiuto alla ricerca. Li sbandierano come risultati. Che in realtà non dimostrano niente. Perché, riproducendo la Sindone, che cosa si dimostra? Solo che l’hai riprodotta, non che è falsa.
Lei ha scritto Inchiesta sul Mistero. Come nasce il suo libro?
Parto dalla Sindone. Un telo di lino, un tessuto a spina di pesce con un filo a torcitura “Z” da un telaio antico rudimentale. Un tipo di tessitura pregiato, ricercato, quasi regale. Che studi su tessuti hanno affermato che si suppone sia la stoffa usata per le vesti del sommo sacerdote. Fatto sta che Giuseppe d’Arimatea porta non un lenzuolo funebre ma una stoffa pregiata e Gesù ha una sepoltura regale. Altra caratteristica: sempre in queste tessiture manuali la successiva tessitura contiene, tra la trama e l’ordito della nuova, tracce e microtracce della precedente. Se hai tessuto una tunica di lana, poi tessi la Sindone di lino, sicuramente nel lino rimane una microtraccia di lana. La curiosità è che il lino della Sindone presenta microtracce di cotone (che risale alla Palestina del I sec d.C.), ma non ha neanche un micron di lana, e questa è una stranezza perché la lana era il tessuto più usato all’epoca. Una stranezza, se non ipotizziamo che la Sindone sia stata tessuta in area mediorientale, di preciso in area ebraica. Come dice il Deuteronomio (22,11) “non porterai una veste tessuta di lana e lino insieme”. Perché la lana proviene da un animale mentre il lino è un vegetale. Ed è per questo che gli ebrei usavano telai diversi, in uno potevano tessere il lino e il cotone, nell’altro la lana. Poi le grandi striature, le bruciature, i fori dovuti all’incendio di Chambéry e anche a danneggiamenti precedenti. Tre forellini che si ripetono simmetrici, che noi ritroviamo nel Pray, il manoscritto del 1191 conservato a Budapest, dove c’è una miniatura della resurrezione di Gesù e si vede la Sindone con tessuto a spina di pesce e questi forellini. Significa che era un danneggiamento avvenuto prima di quelle date con cui si vorrebbe provare la non autenticità.
Dove vediamo le macchie di sangue? A quali ferite corrispondono?
C’è un “tre” rovesciato che corrisponde esattamente alla vena frontale con una colatura di sangue abbondante ma che scende lentamente; c’è una macchia sui capelli, uno schizzo sottile (di sangue arterioso). Infine c’è la ferita sul costato destro, abbondantissima fuoriuscita di sangue già coagulato e separato dal siero (sangue post-mortem). La ferita è stata procurata da un oggetto appuntito: un’asta (ellisse maggiore di 4 cm e minore di 3 cm). Una ferita i cui lembi sono rimasti aperti. Sangue e siero,come dice il vangelo di Giovanni: “Ne uscì sangue e acqua”. Inoltre l’uomo della Sindone ha circa 30 fori dovuti alle spine e ha i segni di almeno 120 colpi di flagello (composto da un pezzo di bastone e cuoio da cui si dipartivano due o tre strisce di cuoio all’estremità delle quali c’erano una coppia di sfere di metallo oppure una punta di osso. Uno strumento dolorosissimo. I colpi sono stati dati da due direzioni diverse con Gesù al centro).
Come si è visto nel film The Passion…
…esatto. Il minimo è 120 colpi, almeno quelli che riusciamo a contare davanti e sul retro. Ma dell’impronta della Sindone ci manca la parte laterale. Quindi ne dobbiamo ipotizzare di più. Inoltre nell’impronta dell’uomo della Sindone ci sono tracce anche di terriccio nella zona dei piedi, delle ginocchia e sulla punta del naso (analisi di un cristallografo americano) e questo terriccio contiene una quantità di aragonite che ha le stesse caratteristiche di impurità, in percentuale identica, di quella contenuta nel terriccio delle grotte di Gerusalemme. Il fatto che ci sia del terriccio sul naso fa capire che Gesù, l’uomo della Sindone, è caduto durante il percorso che portava al patibolo.
(Stefano Regondi)
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