Sulla pagina dell’OCCIDENTALE ho impostato il ragionamento che trovate sotto: vi va di rispondere?
Provocazioni biopolitike
Che idea vi siete fatti della fecondazione in vitro? Non vi domando che idea appoggiate, ma che idea vi siete fatti VOI? Già, perché in questo marasma di giornali, si finisce col diventare tifosi di una fazione piuttosto che ragionare. Per questo vi chiedo: che ne pensate VOI? Pensateci bene: io da parte mia preferisco sempre non dare risposte confezionate, ma dare strumenti per poter analizzare e ragionare. E sulla fecondazione in vitro questo è necessario e spesso manca. Perché è facile dire “no” per punto preso, così come è facile dire “sì” per commozione.
A me personalmente inquietano due cose; la prima è semplice: tante coppie non riescono ad aver figli e questo commuove, inquieta, genera solidarietà, e non è buona politica negarlo: non si può dire che il problema non esiste e non muoversi per risolverlo. Non si può negare il problema. Il guaio è che la soluzione proposta, la fecondazione in vitro, è solo un palliativo e una corsa ai ripari, mentre nessun organismo internazionale che l’appoggia si muove con altrettanta forza per ridurre la marea crescente di sterilità. E’ come se invece di dare ad una popolazione povera case riscaldate, li lasciassimo al freddo, ma gli mandassimo costose medicine contro la polmonite.
L’altro fatto che mi inquieta è che non si vuole riconoscere la vita dove è la vita: tutti noi siamo stati embrioni e qualcuno provi a negarlo! Non capivamo nulla quando eravamo embrioni, certo; ma eravamo noi. La fecondazione in vitro con gli embrioni congelati o con quelli “scartati” alla diagnosi preimpianto, ci fa dimenticare quest’evidenza.
C’è poi da dire che fare un figlio con lo sperma di una persona diversa da quello che sarà il padre per il bambino, genera forti interrogativi.
Ma VOI che ne pensate? E che pensate della legge 40 che mette dei paletti partendo dai punti suddetti? Bisogna spingere di più nel senso della prevenzione: vedete un movimento in questo senso? Il figlio viene considerato un “diritto”: è una buona cosa?
Sono solo alcuni tra i tanti spunti, ma sono una provocazione per smettere di essere “tifosi di una fazione” (può succedere). Confrontiamo le nostre idee a partire da questi (e magari da altri) spunti, ma ragioniamo al di fuori di quello che gridano i grandi giornali: se proviamo a confrontare quello che decidiamo con le nostre vere esigenze di bellezza, giustizia, libertà, troveremo delle buone risposte.
Riconosco che l'idea che personalmente mi sono fatta è decisamente sgradevole, perché penso alla bellezza di un rapporto coniugale aperto a qualsiasi cose il Buon Dio voglia far accadere. Tutte le altre sono complicazioni che è sempre difficile affrontare, dall'iperstimolazione ovarica, dalla seccatura di avere a che fare con medici che ti frugano in lungo e in largo, che fanno le loro considerazioni entrando nella tua vita privata, nei tuoi drammi spesso con mancanza di pietà, ma con professionalità (pagata anche, se non ci dovesse essere, a caro prezzo), ecc.
Preferisco una via più naturale e la natura offre davvero mille possibilità tra le quali scegliere e sono tuttte migliori di quelle che avrei progettato io. Lo dico per esperienza!
Aggiungo un articolo tratto dall'OSSERVATORE ROMANO in cui si parla di un libro recentemente pubblicato dal neonatologo, Carlo Bellieni
10 ottobre 2010
Due femministe, quattro suore, due ginecologi e una psichiatra a confronto; un insieme variegato e sorprendente di testimonianze che invitano il lettore a riflettere su quali siano i reali desideri delle donne di oggi, spesso messi a tacere o condizionati dai modelli culturali contemporanei. Un libro atipico, La carne e il cuore: storie di donne di Carlo Bellieni (Siena, Cantagalli, 2010, pagine 116, euro 9) che, proprio grazie alla sua apertura alla "polifonia del reale" ha vinto la seconda edizione del premio letterario "Donna e Vita", ideato dall'associazione Scienza e Vita "per valorizzare chi meglio racconta, rivela e difende il talento della femminilità".
Secondo la giuria, l'opera curata da Bellieni è quella che meglio ha saputo raccontare, anche con l'ausilio di dati scientifici, una femminilità diversa, libera da pressioni sociali e schemi ideologici, che si confronta apertamente sui temi della maternità, fortemente voluta, rimandata o rifiutata, della clausura, della lotta sul lavoro, della pubblicità, dell'educazione. Il curatore lascia la parola alle donne che non si riconoscono nei modelli di omologazione imposti dalla società e che, con le loro scelte, si ribellano a "quello che ci si aspetta da loro".