DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Legge40 - Roccella: “C’è una lobby economica che non sopporta le regole”

di Francesca Angeli
Tratto da Il Giornale del 7 ottobre 2010

Sottosegretario Roccella per la seconda volta la legge40 finisce davanti alla Consulta. Perché?
«La legge funziona. Ma esiste una potente lobby che la vuole modificare per interessi economici. Alla spinta commerciale si aggiunge il giacobinismo dei magistrati che vogliono stravolgere la volontà popolare attraverso i tribunali».

Ritiene che questo testo sia ancora condiviso dalla maggioranza degli italiani?
«È stato votato dal Parlamento e confermato con l’astensione al referendum, che riguardava proprio l’eterologa. L’astensione in un referendum è la risposta più chiara, è la conferma che gli italiani non volevano modifiche alla legge».

E se i giudici dovessero accogliere il ricorso e dare il via libera all’eterologa?
«Ho fiducia nella Consulta. Con la precedente sentenza non è stato assolutamente stravolto l’impianto della legge, sono state apportate soltanto piccole correzioni. Se si apre all’eterologa non soltanto si rinnega la volontà popolare ma si ritorna al far west».

Perché?
«Non esiste la donazione gratuita ma soltanto la compravendita. Donne povere si sottoporranno per denaro alla stimolazione ovarica per vendere i proprio ovociti. Si aprirà un vero e proprio commercio come si fa in altri paesi. La conseguenza peggiore poi sarebbe la selezione, la scelta dell’embrione migliore. Si introduce un elemento di vero e proprio razzismo».

Che cosa devono fare allora le coppie che non riescono ad avere figli?
«La legge non risponde ai singoli ma alla società e deve preoccuparsi anche delle conseguenze sociali. I paletti sono indispensabili».



Chi vuole tornare al «mercato»
di Assuntina Morresi
Tratto da Avvenire del 7 ottobre 2010

Sarebbe bene che lo si dicesse a chiare lette re: qualcuno in Italia vuole tornare alla si tuazione di totale deregulation che c’era prima della legge 40, quando la procreazione medical mente assistita era regolata solo dal mercato e dal profitto.

Qualcuno che non accetta una legge vo tata da un’ampia maggioranza parlamentare. Qualcuno che non ha ancora digerito il sonoro fallimento del referendum del giugno 2005 col quale si voleva smontare quella legge. Qualcu no che pare allergico alle tutele che la norma of fre a tutti i soggetti coinvolti nella fecondazione in vitro. Qualcuno che si ostina a non voler ri conoscere i buoni risultati che la legge ha otte nuto (e sarebbe importante che chi esprime giu dizi sugli esiti della 40 si informi sui dati reali, prima, per evitare di parlare a sproposito, poi). Qualcuno che forse spera in una qualche 'sen tenza creativa', per ribaltare la volontà popola re, democraticamente espressa. Ecco, quindi, che di nuovo alcuni giudici hanno chiamato in causa la Corte Costituzionale, sol lecitandola – con l’accompagnamento di un ben orchestrato coro di entusiastiche profezie de molitrici – a occuparsi del divieto di feconda zione eterologa (cioè con gameti estranei alla coppia con cui poi vivrà il figlio). Un divieto pre visto per rispettare un’esigenza fondamentale di ciascuno di noi, e cioè di poter crescere con i ge nitori che ci hanno generato e di sapere da chi si proviene. La fecondazione eterologa non ha niente a che fare con l’adozione, come a volte si tenta di far credere: l’adozione di un minore è il tentativo di risolvere un problema grave, quello che si pone quando una coppia non può asso lutamente prendersi cura dei figli. Un bambino è adottato – cioè cresce con genitori diversi da quelli che l’hanno messo al mondo – perché c’è stato un ostacolo insuperabile dopo la nascita. Con la fecondazione eterologa, invece, si crea volontariamente, a priori, una situazione in cui il bambino vivrà con uno – o entrambi – i geni tori diversi da quelli che l’hanno generato.

L’eterologa, quindi, stravolge il quadro antropo logico della famiglia naturale, quella basata sul­l’unione di un uomo e una donna: se i genitori sociali sono diversi da quelli biologici non per ne­cessità ma per scelta – cioè in provetta – allora spazio alle cosiddette 'nuove famiglie', in cui i genitori sono in numero variabile, di sesso u guale o diverso, e alle situazioni in cui è possibi le che una figlia ceda i propri ovociti alla madre, o alla sorella, dando luogo a rapporti parentali per i quali non esiste neppure un lessico ade guato.

Il divieto dell’eterologa ci ha risparmiato l’enor me problema della compravendita di ovociti, in cui donne giovani e spesso povere vendono i propri gameti, con grave rischio della salute. Se invece vogliamo parlare di 'turismo riprodutti vo', cioè delle coppie che vanno all’estero per procurarsi quel che serve, sarà bene farlo dopo aver verificato l’esistenza o meno di legami eco nomici fra le cliniche straniere a cui queste cop pie si rivolgono e quelle italiane da cui partono. D’altra parte, a differenza di quanto viene ora detto impropriamente, la sentenza con cui la Corte europea dei diritti umani ha imposto al l’Austria di eliminare il divieto dell’eterologa non ci riguarda, perché quella norma è diversa dalla nostra e consente in alcuni casi di sterilità ma schile la pratica vietata in Italia.

Chi nonostante i fatti ritiene che la legge 40 va da cambiata – e non accetta ancora il verdetto contro la manovra referendaria già tentata in vano – chiami a raccolta deputati e senatori per dare battaglia in Parlamento, dove le leggi si di scutono e si votano. Ma non tiri (anche media ticamente) la toga ai giudici della Consulta e non cerchi scorciatoie furbastre nel tribunale di turno.