DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Nuove mode che diventano ossessioni. Gli adolescenti vittime di nuove dipendenze. In Val D’Aosta apre clinica per curare i più giovani


Adolescenti fragili. Una vulnerabilità da sempre legata alle inquietudini tipiche dell’età, ma amplificata ora da tante sollecitazioni ester­ne.
Se era ossessionata dalla forma fisica e dalle diete la diciottenne che si è suicidata impiccandosi nei bagni di una scuola a Mon­terotondo (Roma), un altro tipo di invasamento ha spinto un ra­gazzo di 16 anni, di Novoli (Lec­ce) a spararsi all’addome sol­tanto perché i genitori gli aveva­no proibito l’uso della Playsta­tion.
Internet, videogiochi, cellulare, sesso, shopping, gioco d’azzar­do sono del resto le nuove di­pendenze dei giovani, a sentire gli esponenti della comunità scientifica. «Le nuove dipen­denze – è emerso recentemente da un congresso internazionale organizzato da Sepi (Society for the Exploration of Psychothe­rapy Integration) e Scuola di Psi­coterapia Comparata – possono portare a comportamenti e re­lazioni disfunzionali e proble­matici riferiti a oggetti, attività, stili di vita, gestione del tempo, difficoltà rela­zionali e un di­storto rappor­to con la realtà e il mondo e­sterno ». E il ri­schio è più ele­vato per bam­bini e giovani perché soprattutto fra di loro si diffondono le nuove tecnologie. Secondo l’Istat, l’uso del cellu­lare nella fascia tra 11 e 13 anni è passato dal 35,2% del 2000 all’83,7% del 2008. E nel 2010, sempre secondo l’istituto di sta­tistica, nel 21,5% delle famiglie (20,1 nel 2009) c’è una consolle per videogiochi.
Oltre alla playstation, oggetto di culto a partire dagli anni ’90 tan­to da identificare una genera­zione, a sedurre come Sirene bambini e adolescenti ci sono Nintendo, X Box, Wii e similari. In loro compagnia – rivela un’in­dagine commissionata a Nextplora da Microsoft – i giovani maschi tra i 16 e i 24 anni trascorro­no in media un’ora e 18 mi­nuti al giorno. Ma chi ha figli, an­che under16, sa bene che il tem­po trascorso davanti ai vari di­splay – e spesso sottratto allo studio (il 73% dei genitori, secondo la stessa ricerca, pensa che i vi­deogame distraggano i figli dai compiti) – è ben superiore.
Passioni e degenerazioni, quel­le legate a videogiochi e affini, che attraversano il mondo: in Ci­le la scorsa primavera un ragaz­zo ha pugnalato a morte il fra­tello maggiore, di 18 anni, du­rante una vivace discussione per decidere chi avrebbe usato la playstation e a Mosca a settem­bre un giovane rapinatore si è la­sciato stregare dalla playstation con cui giocava un ragazzino di­menticandosi che stava facen­do il «palo» a una rapina in ca­sa.
Ce n’è abbastanza per correre ai ripari. Anche «ospedalizzando» le tecno-vittime. In Valle d’Aosta a marzo è stata inaugurata una clinica, la prima del suo genere in Italia, specializzata nella cura di fragilità adolescenziali che si trasformano in subdole dipen­denze da videogiochi o da In­ternet e in pericolose patologie psichiatriche.

«Avvenire» del 5 febbraio 2011