DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

La paura ha nuovi orizzonti. Se una volta si temeva la morte ora a spaventare è la vita: l’incapacità di avere relazioni, la mancanza di identità e di autonomia, l’angoscia della solitudine



Carla Massi

Lo diceva Don Abbondio:
«Uno il coraggio non se lo
può dare». Un personaggio
entrato nella storia per le
sue paure. Per quelle vere e
per quelle che popolavano
la sua mente. Agli italiani, se
scremiamo la codardia, sta accadendo
proprio questo. Basta analizzare
i ritratti che gli psichiatri
fanno delle ansie e delle fobie che
arrivano nei loro studi.Nuove paure,
oggi, si rincorrono nelle teste
degli italiani. E la confusione,
nel senso della perniciosa tendenza
a confondere realtà e fantasmi,
ha preso una consistenza
tale da convincere gli psichiatri a
organizzare, sull’argomento, incontri
di studio a più voci.
Oggi a Milano si terrà un
pre-congresso della Sopsi, la Società
italiana di psicopatologia
presieduta da Carlo Altamura (il
summit si svolgerà dal 23 al 26
febbraio), per discutere delle paure
di oggi. Accompagnate da
stress, vulnerabilità emotiva e affaticamento
da crisi economica.

TERRORI INTIMI

Non si parla di una paura generalizzata
e di massa, ma di piccoli-
grandi terrori intimi che, con
estrema facilità, riescono ad impossessarsi
di corpo e mente.
Una facilità maggiore, dicono gli
specialisti, rispetto al passato.
Quando, oltre che per motivi culturali,
la paura doveva essere toccata,
conosciuta, battuta.
«Un tempo non troppo lontano
dominava la paura della morte -
spiega Alberto Siracusano, ordinario
di Psichiatria all’università
Tor Vergata di Roma, che presenterà
una relazione proprio su
queste nuove emozioni - ora domina
quella della vita. Oggi tormenta
la paura della paura. Già
nota ai tempi di Giulio Cesare.
Sua moglie Calpurnia aveva messo
in guardia ilmarito, la sera prima
dell’omicidio, raccontandogli
di una premonizione sulla cospirazione
ai suoi danni. Ma Cesare
aveva risposto: “Non dobbiamo
aver paura della paura”. Nel
2015 ci troviamo a fronteggiare
questa condizione». Capace di generare,
dicono gli psichiatri, relazioni
malate, mancanza di
identità e autonomia. Disturbi
che si trasformano
in ansia allo stato
puro.

VALORI PERDUTI

Punto di partenza: la
mancanza di certezze.
Nel pubblico e nel privato.
In famiglia e sul lavoro.
«Fino alla metà degli anni
Ottanta - spiega ancora Siracusano
- si viveva sull’onda di antiche
certezze, dal matrimonio all’impiego.
Parlo di valori. Oggi è
difficile sentirsi appartenenti ad
una comunità, ad un gruppo. Certo
si appartiene ad una società
globale ma manca la definizione
di identità. Condizione che fa perdere
l’equilibrio e, nei più vulnerabili,
si declina in crisi d’ansia e
di depressione». Da qui la paura
di non riuscire a sapere “chi sei”.
Dietro la relazione tormentata
c’è il dolore (ancora paura) di entrare
in contatto con gli altri. Aggravato
dalla scomparsa sempre
più generalizzata del «freno morale
». Nel senso che, davanti ad
una difficoltà (come un amore finito),
si arriva frequentemente all’omicidio,
alla strage di famiglia.
Il terrore di soffrire da una parte,
mentre dall’altra c’è l’infantile capacità
a tenere le relazioni.

GLI ADOLESCENTI

«Una condizione che troviamo in
tanti uomini e tante donne che
chiedono aiuto quando la situazione
è già diventata dramma -
aggiunge Siracusano - Le persone
non riescono a mantenere i
rapporti, non distinguono l’impulso
dal desiderio, ma rifiutano
la conoscenza di sé. La riflessione,
il pensiero. E’ finita anche
l’abitudine ad insegnare come,
da giovani e da adulti, si costruiscono
i rapporti con tutto quello
che è intorno a noi. Adesso no.
Adesso si cresce, attraverso una
finta autonomia che si infrange
al primo ostacolo. Pensiamo agli
adolescenti, ma anche ai giovani
adulti, costruiti a modello di internet,
che si sgretolano al primo
soffio di vento. Come si deve far
fronte ad un problema questo diventa
trauma».

VISIONI APOCALITTICHE

Paura di non avere un profilo, paura
delle relazioni, paura di non
avere identità, paura di guardarsi
dentro, paura di restare soli aggrappati
ai “mi piace”. Droga, gioco,
bulimia, anoressia e alcol come
tentativo per «definire il proprio
sé ed essere identificato».
Una condizione generale di timore
capace di moltiplicare i disturbi
d’ansia che si palesano con diverse
manifestazioni, sempre più
frequenti. Dall’impossibilità a
stare in un luogo aperto come è
l’agorafobia, al disturbo ossessivo
compulsivo. «Un groviglio,
spesso non raccontato - conclude
lo psichiatra - di paure e visioni
apocalittiche che prendono la via
del disagio».


Il Messaggero 4 febbraio 2015