di Francesco D’Agostino
Tratto da Avvenire del 21 ottobre 2009
Mi piacciono, e non poco, Gianna Nannini e la sua musica. Non mi convince affatto, invece, il Gianna Nannini- pensiero. Come artista ' impegnata', Gianna si ritiene legittimata a dire la sua sull’amore e la sessualità.
Non è certo il suo ' impegno' che fa problema, ma la sua capacità di cogliere davvero la specificità dei problemi. Non c’è dubbio che il film ' Viola di mare', che si incentra tutto sul tema dell’omosessualità, e di quella femminile in particolare, sia stato pensato da Donatella Maiorca, regista, e da Gianna Nannini, autrice della colonna sonora, come un’opera che dovrebbe mordere nella realtà concreta di oggi, un appassionato contributo alla causa della liberazione da secolari pregiudizi e tabù ormai intollerabili. «Io quella parola la cancellerei dal vocabolario», dice la Nannini, commentando il film. La parola è «omosessualità». E continua: «Se è amore, è amore e basta; non c’entrano i sessi, non puoi fare distinzioni, questo sì, questo no». La giornalista che raccoglie e dà tanta evidenza a questa opinione, Natalia Aspesi, non esita a calarla nella «fosca realtà italiana del 2009», in cui il Parlamento ha bocciato la legge che doveva condannare l’omofobia e «il Vaticano continua a occuparsi più di sesso che di spirito» (dalla ' Repubblica' del 17 ottobre).
Credo che molti condivideranno l’opinione di Gianna Nannini, nella densa formulazione «l’amore è amore e basta». La condivideranno, purtroppo, come illuminante. Invece è esattamente il contrario. Poche parole, infatti, sono oscure e ambigue come «amore», pur nella sua apparente, estrema semplicità. Amore ha sempre bisogno di essere aggettivato. Parliamo di amori adolescenziali e senili, felici e disperati, passionali e cerebrali, sadici e masochistici, mistici e carnali, tristi e gioiosi, dolcissimi e violenti, materni e filiali, fraterni e sororali. Sono amore (almeno etimologicamente) anche la bibliofilia e tutte le diverse forme di attaccamento passionale alle cose. E sono forme di amore tutte le parafilie, dalla zoofilia alla dendrofilia. È amore la necrofilia ed è amore la pedofilia. Sono amore il narcisismo e il feticismo. Così come, naturalmente, è amore anche l’omofilia (in tal modo faccio contenta la Nannini e non uso la parola «omosessualità»).
Insomma, la realtà dell’amore umano è talmente complessa e intricata, che è come minimo molto ingenuo sperare di sbarazzarsene con una battuta, sostenendo che con essa «i sessi non c’entrano». Tutto, letteralmente tutto quello che concerne l’uomo, ha a che fare con la sua identità sessuale e con l’amore, nelle mille forme, a volte sublimi, a volte perverse, che esso è in grado di assumere. Il sempre più frequente tentativo, ben esemplificato dalla battuta di Gianna Nannini, di sottrarre l’amore ai condizionamenti dell’esistenza è solo uno dei tanti segni della crisi antropologica del nostro tempo, che si nutre di illusioni contrapposte: si vuole ' liberare' l’uomo, da una parte cancellando dal vocabolario una parola (come appunto «omosessualità»), dall’altra introducendo nel diritto penale un’altra (come «omofobia»). Sia chiaro a tutti (è ormai indispensabile dover ripetere simili avvertimenti): non intendo affatto banalizzare o sminuire la gravità delle violenze contro gli omosessuali: sono degne di una repressione, anche penale, ferma e decisa, accompagnata ovviamente da un’adeguata pedagogia individuale e sociale contro questa e qualsiasi altra forma di discriminazione. Ma non ci si illuda: l’impegno contro queste, così come contro qualsiasi altra forma di violenza brutale e crudele, non passa attraverso la rimozione di una seria riflessione antropologica sull’amore e delle tante contraddizioni e delle tante forme di disordine con cui la sessualità si manifesta dentro e fuori di noi.
Non è ironizzando sul Vaticano (che si occuperebbe di sesso più che di spirito!), non è desessualizzando l’amore o desessualizzando l’identità maschile e femminile (fornendo in cambio confuse teorizzazioni in merito a una pretesa identità di «genere») che aiuteremo le persone a essere se stesse. La verità non va rimossa, anche quando ci appare enigmatica e fonte di sofferenze: siamo indissolubilmente sesso e spirito, e possiamo ammalarci nell’anima così come nella carne, che può ben essere anche essa, come diceva Mallarmé, «triste», tanto quanto lo spirito. Riflettiamo seriamente su noi stessi: le fughe nel vuoto del pensiero non servono a nulla e non aiutano nessuno.