Questo governo aveva promesso alle
Camere un piano nazionale per la
vita, per bocca di Berlusconi, e non se
ne vede traccia. Non un solo significativo
segnale antiabortista viene da Palazzo
Chigi, dal ministero del Welfare e
della Salute. Non uno stanziamento di
risorse per la maternità, non un serio
cambio di passo nella comunicazione
sociale e civile su questo tema drammatico:
il governo, nella sostanza, condivide
l’indifferenza morale in fatto di
aborto, e tratta la questione come si
tratterebbe una qualunque prestazione
sociale gratuita, sebbene in questo
caso si tratti di una feroce strage di innocenti.
Nessuno chiede al governo di
punire le donne, gli si chiede di finanziare
le donne incinta, di varare un
piano di adozioni semplificate dei
bambini candidati allo sterminio in
pancia, di costruire un clima e un linguaggio
politico e istituzionale che inverino
la promessa mai mantenuta: fare
della 194, che da trentuno anni depenalizza
l’aborto procurato ma non lo
rende un “diritto di libertà” come blaterano
i radicali, quella legge di tutela
sociale della maternità che non è mai
stata (con il risultato di aver fatto dell’aborto
un servizio sociale automatico
e moralmente indifferente).
Ora una persona proba e seria come
il ministro Sacconi autorizza con un
comunicato che nasce da impotenza e
debolezza culturale la “soluzione finale”
della Ru486, quella pillola abortiva
che è capace di rendere lo strappo
ai danni di un bambino concepito
qualcosa di simile a un atto solitario,
tristissimo, delegato alla responsabilità
personale priva di ogni tutela sociale
delle donne. La solita ammuina,
come per il caso Englaro, finito nella
palude di un eccesso di fiducia nella
legislazione testamentaria. Il governo
dice che sì, va bene, la pillola si può
chiedere e mandare giù, basta che tutto
avvenga in ospedale fino alla fine
del percorso, cioè all’accertato omicidio
di un infante. E il governo sa bene
che non è così, che nessuno può essere
poi costretto, qualunque cosa abbia
firmato, a restare in ospedale per giorni,
in attesa del lieto evento di un
aborto chimico. La pillola è fatta per
liberare i medici della loro responsabilità,
per privatizzare l’aborto, per
renderlo sempre più automatico e moralmente
indifferente, e così sarà nonostante
le ammuine e le precauzioni
inutili di un governo che si comporta
da perfetto ipocrita. Non era meglio
che il parere del governo fosse evangelico?
Non era giusto dire sì o no alla
compatibilità, che naturalmente non
esiste, tra la pillola che uccide e la legge
di tutela della maternità?
Il foglio 28 novembre 2009