DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

2010, RITORNO ALLA LIBERTA'. L’Europa dipende dalla guida morale del cristianesimo, dall’illuminismo e dalla sovranità nazionale. DI ROGER SCRUTON

Alla fine di ogni anno rivolgo il mio
sguardo all’indietro, cercando di fare
il punto. Faccio un paragone tra i miei figli
come sono ora, a nove e undici anni, e
com’erano un anno fa. E ripenso alle condizioni
sociali e politiche in cui era iniziato
l’anno e mi chiedo come siano cambiate
le cose. Solo a quel punto penso al futuro
e, come la maggior parte delle persone
di buon senso, mi rendo conto di non poter
predire quel che verrà, anche se posso decidere
di essere una persona migliore. E
un modo dei tanti di essere migliore è
quello di smettere di fare previsioni e programmi,
e di pensare invece ai miei doveri.
Ma viviamo all’ombra di altri, che avevano
previsto il futuro ostentando grande
sicurezza, e che si sono radunati in riunioni
tenutesi in tutto il continente per correggere
e applicare il piano regolatore per
l’Europa. Un piano pensato quasi un secolo
fa da menti ormai da lungo tempo divorate
dai vermi. Forse sarebbe stato il piano
giusto, se le loro previsioni si fossero rivelate
corrette. Ma erano sbagliate, così
come lo sono tutte le previsioni, e ora ci
troviamo gravati da una montagna di trattati,
leggi e direttive che hanno senso solo
in funzione di assunti da lungo tempo
smentiti. Ritenevano, quanti stilarono il
Trattato di Roma, che la libertà di circolazione
oltre i confini nazionali avrebbe prodotto
piccoli aggiustamenti, con lo spostamento
dei lavoratori dalle zone di disoccupazione
a quelle in crescita. Ritenevano
che per garantire l’“equità delle condizioni”
sarebbe bastato un ristretto corpus di
norme e regolamenti, e che a tempo debito
le rivalità nazionali avrebbero cessato
di esistere, mentre la prosperità condivisa
tra gli europei superava la reciproca concorrenza.
Naturalmente la realtà si è rivelata
diversa. La migrazione incontrollata
della popolazione lavoratrice dall’Europa
orientale a quella occidentale ha scompaginato
ogni cosa e causato disoccupazione,
sovrappopolazione e illegalità in Italia,
Francia, Germania, Inghilterra e Spagna.
Le norme e i regolamenti dell’acquis communautaire
sono cresciuti, raggiungendo
la cifra di 170 mila pagine di editti senza
senso. E la concorrenza tra le nazioni è aumentata
in fierezza, tanto che ognuna si
batte per usare l’inaffidabile macchina legislativa
a proprio vantaggio.
Quest’anno ha visto l’imposizione del
Trattato di Lisbona sul popolo europeo, e
la scelta di un presidente e di un ministro
degli Esteri, teoricamente posti a rappresentanza
di quello stesso popolo, senza
che però se ne spiegasse il perché e il percome.
Il ministro degli esteri è inglese, ma
di lei sappiamo solo una cosa, e cioè che
non ne sappiamo praticamente nulla. Una
burocrate senza personalità, promossa
senza elezioni da una posizione a un’altra
nella gerarchia interna ai Labour, perfettamente
adeguata a essere il ministro degli
Esteri di un ente che non è fondato su
nessuna identità, se non quella di un piano
in cui nessuno crede. Che gli eurocrati,
nel prossimo anno, possano coronare l’obiettivo
cui mirano da tempo, ovvero quello
di legare la City di Londra con vincoli
normativi che distruggano infine il suo
ascendente, è da vedere. Ma una cosa è
certa: le rivalità nazionali all’interno dell’Unione
europea d’ora in avanti saranno
l’argomento principale della politica europea.
La mia speranza personale è che questa
rivalità porti finalmente le nazioni a
una maggiore capacità di farsi valere e
che i singoli governi si dimostrino pronti a
porre un limite alla confisca dei loro poteri.
Dovrebbe essere possibile, per il governo
italiano, decidere per conto del suo popolo
se desidera mantenere nei propri
confini il gran numero di zingari rumeni
giunti nel paese senza invito. Dovrebbe essere
possibile, per lo stesso governo, ignorare
la sentenza della Corte europea dei
diritti umani che ha condannato l’affissione
del crocefisso nelle aule scolastiche. E
dovrebbe essere possibile per tutti i nostri
governi regolamentare le proprie istituzioni
finanziarie secondo quanto richiedono
l’interesse nazionale e la storia delle relazioni
commerciali.
E’ però evidente che l’Europa sta attraversando
una crisi d’identità che semplifica
l’appropriazione di potere da parte dei
burocrati e dei giudici che cercano di governarci.
La cultura europea si fonda su
tre grandi lasciti: il cristianesimo, la sovranità
nazionale e l’illuminismo. Le nostre
élite hanno voltato le spalle al cristianesimo,
apparentemente inconsapevoli della
misura in cui il popolo europeo ancora dipende
dalla sua guida morale e spirituale.
La sovranità ci è stata confiscata, cosicché
non sappiamo più con certezza quanto siano
salde le fonti del diritto, né perché gli
dobbiamo obbedienza. E persino l’eredità
dell’illuminismo è a rischio, con il diffondersi
per il continente di leggi che impediscono
di esprimere la propria appartenenza
religiosa o nazionale. La libertà di parola
non è più tutelata dalle accuse di
“islamofobia” o “xenofobia”, e in molti
luoghi d’Europa non si può mettere in
dubbio senza esporsi a rischio l’idea fasulla
di “società multiculturale”. Ai suoi paladini
la “correttezza politica” sembra essere
la più tollerante di tutte le fedi. Ma
tolleranza significa accettare quanto si disapprova,
e questa è una virtù che sembra
stare scomparendo dall’Europa, mentre le
ortodossie sono programmate dal sistema
giudiziario.
Come dobbiamo rispondere a questa
crisi d’identità? L’anno a venire deve certamente
essere un anno di ricerca dell’anima.
Ciascuno di noi deve chiedersi qual
è la sua posizione rispetto alla religione
cristiana, se si ritiene credente o scettico.
Ciascuno di noi deve chiedersi quale idea
ha della sovranità nazionale, se intende
accettare o rifiutare il principio secondo
cui ogni popolo dovrebbe elaborare le
proprie norme come ente sovrano. E ciascuno
di noi deve chiedersi cosa significhi
oggi Illuminismo. Si tratta semplicemente
di un nome diverso per il sempre più lungo
elenco di “diritti” delle minoranze, impostici
dalla macchina europea, il cui effetto
è quello di rendere marginale il nostro
modus vivendi tradizionale, o rappresenta
ancora lo spirito della libertà individuale,
compresa la libertà di parola, di religione,
e la proprietà privata per cui tante
guerre si sono combattute in Europa?
Certamente è giunto il momento di un
dibattito pubblico chiaro su queste domande,
affinché i due burocrati scelti per
rappresentarci sulla scena politica mondiale
siano resi edotti dei veri sentimenti
del popolo europeo. Gli europei avrebbero
molta più fiducia nel proprio futuro se
chi parla a loro nome dimostrasse chiaramente
anche di aver compreso l’eredità
morale, legale e spirituale che ci unisce e
fosse pronto a pronunciarsi in sua difesa.
In qualche modo dubito che uno di questi
due nuovi “leader” sia in grado o di svolgere
questo compito o di comprendere
perché potrebbe essere necessario.