DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Cattoliche vogliono un Parlamento ecclesiastico contro il monosessualismo. L’interesse del patriarca Scola

Roma. “Perché le diverse componenti
che animano la chiesa, divise su tanti
aspetti, hanno però in comune uno stupefacente
silenzio sulla donna?”. La storica
Emma Fattorini e la regista Liliana Cavani
aprono così il loro intervento sull’ultimo
Domenicale del Sole 24 Ore, con il quale
lanciano l’idea di un Sinodo sulla donna.
Necessario, scrivono, per dare seguito
alle grandi aspettative – che finora “non si
può dire siano state onorate” – suscitate a
suo tempo sia dall’enciclica “Mulieris dignitatem”
(1988) di Giovanni Paolo II, sia
dalla Lettera sul tema della collaborazione
dell’uomo e della donna nella chiesa e
nel mondo, indirizzata
ai vescovi, nel 2004, dall’allora
cardinale Joseph
Ratzinger.
Da una parte l’affermazione
wojtyliana
del “genio femminile”,
dall’altra la
“stupefacente e sostanziale
assenza delle donne –
dice al Foglio Emma Fattorini –
in momento importanti come il convegno
su Dio organizzato all’inizio di dicembre
dal Comitato per il Progetto culturale della
Cei. Nel dibattito sulla bioetica, per
esempio, questa assenza delle donne – l’incapacità
stessa di pronunciare la parola
‘donna’ – significa un impoverimento assoluto.
E’ una resa proprio a quell’astrattezza
che tutti, a parole, vogliono combattere”.
Proprio nei giorni di quel convegno è
nata l’idea di riportare l’attenzione sulle
promesse mancate.
“Liliana Cavani e io
– continua Fattorini – abbiamo quindi
chiesto udienza al patriarca di Venezia,
Angelo Scola, interlocutore attento e sensibile,
come dimostra il suo libro su Maria,
con cui abbiamo lungamente parlato.
Pochi giorni fa, Scola ha rilasciato a Marina
Terragni, sul Corriere della Sera,
un’intervista sul tema della differenza. In
quell’occasione, ha detto che “Gesù le
donne le ha scandalosamente ascoltate. E
l’attenzione del Santo Padre non manca.
Se vi è un problema, a questo proposito,
nella chiesa, è lo stesso che esiste nella
politica e nella società: e cioè il fatto che
la questione del femminile non è pensata
fino in fondo”.
Sul perché di tante resistenze, Fattorini
pensa ci sia “un elemento di paura. L’idea
che appena si dia un po’ di spazio alle
donne, quelle rivendicheranno il sacerdozio.
Ma è un alibi. Per questo abbiamo
esplicitato nell’intervento che non è quel
che si vuole. E poi c’è un approccio tutto
di testa, disincarnato. Ci vuole una sede
spienziale che tenga presente anche il
corpo, che tenga conto dei soggetti. E se
ammetti il soggetto, ammetti il corpo, che
è corpo di donna e di uomo”.
La storica Lucetta Scaraffia condivide
l’idea che sia necessario riportare l’attenzione
sulle donne nella chiesa, “ma più di
un Sinodo, che significherebbe ancora
una volta uomini che parlano di donne,
penserei a un convegno vero, magari promosso
dall’organizzazione delle superiore
delle congregazioni femminili. I due
terzi dei religiosi cattolici sono donne. Sono
loro che prima di tutto devono raccontare
che cosa fanno e che cosa propongono.
Non certo per rivendicare il sacerdozio,
ma per avere voce in capitolo nella vita
della chiesa”. “Oggi la suora deve essere
lievito culturale”, ha detto suor Maria
Barbagallo (per dodici anni superiora generale
delle cabriniane) intervistata il 21
dicembre sull’Osservatore romano: “E infatti
quello che manca è proprio l’apporto
culturale delle donne – aggiunge Lucetta
Scaraffia – mentre sono loro a far andare
avanti la chiesa. E’ importante anche
la voce delle laiche, ma penso sia fondamentale
che si cominci a sentire la voce
delle religiose. Spesso la loro visione è diversa
da quella degli uomini, perché entrano
diversamente in relazione con le situazioni
– aggiunge Scaraffia – oltre al fatto
che, non dovendo far carriera come vescovi
e cardinali, in genere sono più libere,
all’interno della chiesa. Troppo spesso,
invece, sono considerate come assistenti
o cameriere. Queste donne hanno
moltissime cose da dire sui temi di cui discute
la chiesa, mentre ora la loro voce
non viene ascoltata”.
Silvia Guidi, giornalista dell’Osservatore
romano e “memores domini” (laica che
si richiama ai consigli evangelici di povertà,
castità e obbedienza), pensa che
“per affrontare il tema urgente delle donne
nella chiesa, più che un Sinodo servirebbero
un’enciclica o altri strumenti del
magistero. Ora, secondo me, scontiamo un
deficit culturale. Basterebbe ritornare alla
storia della chiesa, per valorizzare le figure
femminili che ci sono state e per capire
il ruolo che devono avere nella chiesa
di oggi e del futuro”. (nic.til)

Il Foglio 29 dic. 2009