DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

B-XVI ricorda che alla natura si comanda obbedendole, non divinizzandola. Il Papa invita a stare attenti al “nuovo panteismo con accenti neopagani”

Roma. Mentre alla conferenza mondiale
di Copenaghen i capi di stato e di governo
faticano ad accordarsi su impegni certi
che mirino a rafforzare il Protocollo di
Kyoto in scadenza nel 2012, Benedetto XVI
usa del messaggio per la prossima giornata
mondiale della pace in programma il
primo gennaio 2010 per richiamare alla responsabilità
di ogni uomo verso il creato.
E, dunque, per entrare nel cuore della visione
cristiana del mondo e del suo rapporto
con l’uomo. Ratzinger cita Eraclito e
si appella alla saggezza antica per spiegare
che vi sono due approcci opposti tramite
i quali l’uomo guarda la natura. Vi è
l’approccio di coloro che riconoscono che
la natura è “affidata da Dio all’uomo con
l’incarico sì di dominarla ma anche di custodirla”:
come diceva Eraclito la natura
“è a nostra disposizione ma non come un
mucchio di rifiuti sparsi a caso”. E quello
di coloro che eliminando la superiorità
dell’uomo sugli altri esseri viventi fanno
derivare dalla sola natura la salvezza per
l’umanità. E’ questa posizione che il Papa,
riprendendo contenuti già espressi da
Wojtyla, definisce come “un nuovo panteismo
con accenti neopagani”. La chiesa invita
ad impostare la questione in modo
equilibrato: vuole affidare all’uomo “il
ruolo di custode e di amministratore del
creato”, ha detto sempre ieri il Papa. Un
ruolo di cui l’uomo non deve abusare “ma
da cui non può nemmeno abdicare”.
Assieme al discorso che all’inizio di
ogni anno il Papa fa al corpo diplomatico,
è il messaggio per la giornata mondiale
della pace che, da quando nel 1968 Paolo
VI l’ha istituito, ha spesso una valenza politica.
Perché il Papa si rivolge a coloro
che nel mondo ricoprono incarichi di responsabilità:
i capi di stato e di governo
anzitutto. E infatti, non a caso, oggi l’Osservatore
Romano in prima pagina lega l’articolo
dedicato al messaggio per la pace a
un secondo pezzo dedicato ai lavori di Copenaghen
dove “le distanze di posizioni
sembrano cristallizzate”. Non a caso, sempre
ieri, il Papa si è rivolto ai paesi industrializzati:
ammettano, ha detto, “le loro
responsabilità nella crisi ecologica” e virino
“verso stili di vita più sobri”.
Anche quando parla di ambiente, Ratzinger
offre la sostanza della visione cristiana
entrando, insieme, nei particolari.
Come ha fatto una settimana fa per la festa
dell’Immacolata. Qui il Papa ha parlato di
ambiente. In particolare di inquinamento:
c’è un inquinamento dell’aria “che in certi
luoghi della città è irrespirabile”, ha
detto. Non ovunque, dunque, ma soltanto
“in certo luoghi”. E c’è un inquinamento
dello spirito, anch’esso nocivo.
Per Carlo Ripa di Meana “fa bene il Papa
e fa bene la chiesa a mantenere sull’ambiente
una visione moderata e tradizionale”.
A suo dire, “parlare di un nuovo
panteismo con accenti neopagani è corretto:
sono visioni prometeiche del creato che
ciclicamente ritornano”.
Alain de Benoist, filosofo francese e capofila
della paganeggiante Nouvelle Droite,
si dice “non in fondamentale disaccordo
con il Papa”. Ma, insieme, spiega di trovare
“piuttosto spiazzante la sua assimilazione
dell’‘ecocentrismo’ (o del ‘biocentrismo’)
a un ‘nuovo panteismo dagli accenti
neopagani’”. La conversione della chiesa
al rispetto della natura “non può far dimenticare
che, nel corso dei secoli, la cristianità
ha letto in modo letterale la minacciosa
ingiunzione del Genesi: ‘Popolate
la terra e sottometterla’. E’ ciò che ha
portato Cartesio a proporre all’uomo di
farsi ‘signore e padrone della natura’. E’
ciò che ha legittimato lo scatenamento della
tecnica di cui oggi il Papa deplora le
conseguenze. Ed è anche ciò che, non senza
ragione, ha condotto Heidegger a definire
la tecnica moderna come ‘metafisica
realizzata’”.

Paolo Rodari

Il Foglio 16 dic 2009