DI C ARLO C ASINI
I l prossimo 9 dicembre la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo giudicherà sul caso proposto da tre donne irlandesi recatesi in Inghilterra per abortire, visto che in patria non sarebbe stato loro permesso di interrompere la gravidanza.
La Corte di Strasburgo è la stessa che ha condannato l’Italia per l´affissione del Crocifisso nelle scuole. In quel caso fu la Prima camera a decidere, ma ora, sull’aborto, è stata chiamata a emanare la sentenza la Grande camera e contro la sua decisione non ci sarà possibilità di ricorso.
Il rischio di un giudizio che affermi il diritto di aborto e quindi che pretenda di imporre all’Irlanda la legittimazione dell’Ivg (Interruzione volontaria di gravidanza), ben oltre i limiti oggi previsti (pericolo per la vita della madre), è gravissimo. Le conseguenze, sarebbero devastanti. La Corte è chiamata ad applicare la «Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti e delle libertà fondamentali» (Cedu). Il baluardo essenziale contro l’aborto sarebbe l’art. 2 («il diritto alla vita di ogni persona é protetto dalla legge») invocato sempre per resistere alle domande di legalizzazione dell’Ivg ovvero per far dichiarare la inaccettabilità delle leggi permissive.
Ma la Corte di Strasburgo ha stabilito che essendovi opinioni diverse circa l’inizio della vita umana, è doveroso lasciare ai singoli Stati la libertà di decidere secondo la loro diversa sensibilità e le loro diverse condizioni politiche. Questa posizione, non è corretta.
L´ ho più volte criticata, ma almeno, lascia immodificate le leggi dei vari Stati: quelle che permettono l’aborto, e quelle che lo proibiscono. Più recentemente, però, la Corte è andata oltre: ha condannato la Polonia a risarcire il danno subito da una donna per l´aggravamento di un difetto alla vista per effetto (non dimostrato) di una gravidanza che i medici polacchi non avevano voluto interrompere. (caso Tysiac Polonia 30.3.2007) ed ha dichiarato che l’art. 2 della Convenzione non riconosce il diritto alla vita dell’embrione, invocato da una donna che nel corso di un processo di separazione dal marito aveva domandato che due suoi embrioni congelati fossero trasferiti nel suo utero e non fossero distrutti (Evans Inghilterra - 7.4.007) Se ora la Corte giungesse a riconoscere il diritto di abortire delle tre donne irlandesi e considerasse l’Irlanda colpevole di violazione di diritti umani, questi ultimi non sarebbero soltanto svuotati del loro specifico contenuto (difesa dell’uomo anche contro le leggi scritte), ma si capovolgerebbero nel loro opposto, divenendo strumenti di oppressione dell’uomo. Lo aveva detto Giovanni Paolo II nell’ Evangelium Vitae : giunge ad una svolta dalle tragiche conseguenze il lungo percorso storico dei diritti umani. Le conseguenze sarebbero devastanti perchè il diritto alla vita del concepito in Irlanda è garantito addirittura dalla Costituzione, il cui art. 40/3 è stato voluto dal popolo con un referendum del 1983. La Corte di Strasburgo si porrebbe al di sopra delle Costituzioni e della volontà popolare. Non varrebbe la pena, in tal caso, denunciare il Trattato che ha istituito la Corte e uscire dal Consiglio d’Europa? Non si aumenterebbe così la forza degli «euroscettici»? Fino ad oggi la Cedu riguarda solo indirettamente l’Unione europea formata da 27 Stati che vogliono realizzare tra loro una progressiva integrazione politica, mentre il Consiglio d’Europa, nel cui ambito opera la Corte di Strasburgo, è formata da tutti gli Stati dell’Europa geografica e non ha pretese d’unità politica.
Ma il Trattato di Lisbona, appena entrato in vigore, prevede che anche l’Unione europea, come tale, aderisca alla Cedu. Per chi non abbia dell’Europa una idea solo economicistica, ma quella stessa di Karol Wojtyla, l’aborto è davvero la «sconfitta dell’Europa» (discorso di Giovanni Paolo II ai vescovi europei nel 1985). Come, allora, essere entusiasti per una adesione ad una carta che sancisse il diritto di aborto come diritto europeo?
La questione è aggravata dal fatto che il Trattato di Lisbona ha reso giuridicamente vincolante per i 27 Stati dell’Ue, quella «carta dei diritti fondamentali», la cui lettera riguardo al diritto alla vita (art. 2) è del tutto simile alla Convenzione del Consiglio d’Europa. L’influenza interpretativa della Corte di Strasburgo non sarebbe piccola anche riguardo alla Carta dei diritti fondamentali.
Anche riguardo all’Unione europea il degrado dei diritti umani potrebbe indurre qualche Stato a revocare il patto di Unione se questo dovesse costringerlo all´ uccisione i propri figli all’alba della loro esistenza. In ogni caso l’euroscetticismo potrebbe aumentare proprio nelle popolazioni fino ad oggi più convinte della esigenza di una unità europea, come valore in sé, legata ad una antropologia cristiana.
Sarebbe bene che i giudici di Strasburgo il 9 dicembre pensassero anche a questo aspetto.
Avvenire 3 dic. 2009